In parte le richieste di aumenti salariali sono state accolte anche se molte altre imprese, temendo gravi ripercussioni sulla propria competitività, passano alla controffensiva con la sospensione della produzione ed il licenziamento di migliaia di operai. La Anglo American Platinum, la più grande al mondo, ha già annunciato all’inizio di ottobre che 12.000 lavoratori perderanno il posto di lavoro a seguito degli scioperi che hanno paralizzato le attività della compagnia.
La situazione si è fatta via via più incandescente dopo il massacrò dello scorso 16 agosto a Marikana, quando furono uccise 34 persone che ha suscitato indignazione nell’opinione pubblica e contribuito ad inasprire le relazioni industriali e sindacali nel paese.
Lì hanno avuto inizio gli scioperi e le proteste che hanno inferto un duro colpo al settore minerario sudafricano in termini di produttività e mancati introiti. All’inizio di settembre le strade vicino alla miniera di Marikana sono state invase da una folla di 3.000 minatori in sciopero sorvegliate dalla polizia pronta ad intervenire con mezzi blindati, fucili d’assalto e gas lacrimogeni.
Sui cartelli dei dimostranti si leggeva “wewant 12,500 or nothing else”, più del triplo rispetto ai 400 rand dell’attuale salario. Dopo sei settimane di sciopero ininterrotto solo il 4% del personale della Lonmin era in servizio, mentre la folla minacciava di provocare la chiusura degli impianti.
Il sottosuolo sudafricano è uno dei più ricchi al mando, tanto che vanta circa l’80% delle riserve mondiali di platino e garantisce al paese il quarto posto nella classifica dei produttori di oro. Il settore minerario contribuisce per il 6-8% del Pil del paese e già dopo poche settimane di agitazioni si cominciava a parlare di ingenti perdite. La sola Impala Platinum, la seconda azienda a livello mondiale nel settore, ha dichiarato di aver registrato mancati introiti per 286 milioni di dollari a seguito dell’astensione dal lavoro di migliaia di lavoratori e di aver ricevuto richieste di aumenti salariali dal Association of Mineworkers and Construction Union.
In questa crisi anche il governo locale ha avuto le sue colpe visto che ha atteso troppo tempo prima di assecondare le rivendicazioni dei minatori ed ha fallito nell’intento di ridurre le gravi disuguaglianze sociali esistenti nel paese dopo l’Apartheid.
Il settore minierario nel complesso da lavoro a 500.000 persone nel paese e riveste un’importanza cruciale anche per quanto riguarda la tenuta sociale. Il Sudafrica, considerato tra i paesi con le più gravi ineguaglianze a livello mondiale, è già alle prese con un tasso di disoccupazione vicino al 25% e si teme che le agitazioni nel settore minerario possano ulteriormente aggravare la situazione.
Ora per l’ultimo arrivato nel ricco club dei Brics è il momento della verità se riuscirà a superare questa crisi sancirà il definitivo salto di qualità del Paese altrimenti rischia di ritrovarsi a semplice nazione in via di sotto sviluppo.
Fabrizio Di Ernesto – Agenzia Stampa Italia