(ASI) Gubbio - “Via ch’eccoli!”. Accompagnato dal suono del Campanone, risuona per strade, piazze, vicoli, ponti di tutta la città Il grido tradizionale degli eugubini per richiamarsi e richiamare l’attenzione sui Ceri che finalmente ritornano, sull’arrivo della festa che da oltre otto secoli ininterrottamente è il simbolo di tutta una comunità.
Un segno identitario in cui si riconoscono senza conflitti tutte le generazioni, mai messo in discussione dal passare del tempo, delle mode e delle modernità di ogni epoca. La continuità si svela, per esempio, nella visita mattutina che prima della festa i ceraioli in vita tributano a quelli che non ci sono più: impegno degli uni verso gli altri a mantenere nel tempo la tradizione, il significato profondo della festa che è stata tramandata loro con cura e amore. Ed è segno di continuità e fedeltà ai Ceri anche la partecipazione viva dei bambini che fin da quando pronunciano la parola mamma vengono vestiti con i colori dei ceraioli e fatti partecipi di tutti i momenti che contrassegnano la lunga giornata del 15 maggio.
Una giornata in cui si susseguono riti e usanze che tutte testimoniano la partecipazione degli eugubini alle celebrazioni per il Patrono Ubaldo. Il mazzolino preparato coi fiori del monte e distribuito alla Porta di Santa Lucia; , l’estrazione del Primo e Secondo Capitano (figure che da secoli devono organizzare e guidare la Corsa, estratte tra gli appartenenti alla nobile Arte degli Scalpellini e Muratori)per la festa di due anni dopo; e poi l’alzata dei Ceri a Piazza Grande e la Mostra delle macchine per tutte le vie della Città. Infine, la sera, la corsa, la folle corsa d’amore e passione per i tre Santi Ubaldo, Giorgio, Antonio, nei quali si identificano le diverse corporazioni medievali, i mestieri di ieri ma anche quelli di oggi.
Una corsa a perdifiato, con i tre Capodieci a guidare i Ceri che non si possono superare mai, ma gareggiano per stile di corsa, eleganza, capacità dei ceraioli di mantenere in traiettoria le macchine mentre corrono veloci e agili a dispetto della loro mole per le vie di Gubbio e poi su, per il monte Ingino, dove i ceraioli si sottopongono a sforzi massacranti per sostenerle. Sforzi che si sentiranno solo dopo, alla fine, perché finché c’è il Cero da portare, la muta (cioè il cambio dei ceraioli sotto il Cero, che avviene in corsa) da sostenere, la fatica è mascherata dalla tensione. L’adrenalina dura un giorno intero, la dedizione al Cero è totale e senza calcoli. Come la passione di questa gente, che ha meritato la candidatura dei Ceri di Gubbio a divenire patrimonio immateriale dell’Unesco. Dopo un primo tentativo “solitario” fallito, ora Gubbio riprova tramite la Rete italiana delle macchine a spalla, riconosciuta dall’organismo dell’Onu qualche mese fa. Oggi, la coordinatrice nazionale della Rete, patrizia Nardi, sarà a Gubbio.
I Ceri di Gubbio, per la loro straordinaria capacità di esprimere il misticismo di tutta una regione in cui sono nati e hanno operato santi famosi in tutto il mondo, furono scelti a simbolo dell’Umbria quattro decenni fa. Un misticismo, quello degli umbri, che non si esprime in modo metafisico e astratto, ma si lega ai gesti quotidiani, e si esprime nella fatica gioiosa e senza risparmio con cui i ceraioli tengono alto il loro Cero, si passano la bottiglia del vino, si sostengono l’un l’altro nella convinzione che solo insieme, solo in modo comunitario, si può fare il bene di tutti. In questo senso, l’impegno, la passione, il pensiero individuali che caratterizzano la partecipazione di ciascuno alla festa, si fondono e diventano energia comune, che accompagna la vita cittadina tutto l’anno.
Per immortalare le immagini di questa Festa unica al mondo, e catturane le sfumature, i colori, lo spirito e l’essenza, quest’anno è a Gubbio con una sua troupe Steve Mc-curry, il celebre fotografo che ha già realizzato gli scatti per la campagna “Sensational Umbria”, in mostra a Perugia fino ad ottobre, cui le foto di questo 15 maggio si aggiungeranno.
Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia