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Volare in alto ma senz’ali, meglio un paio di pattini - Intervista Dario Betti
(ASI) PERUGIA   – Nella vita è essenziale seguire le proprie passioni. Significa dedicarsi a qualcosa, o a qualcuno, fino a che quel qualcosa o qualcuno diventano parte di te, del tuo modo di essere. Le passioni possono essere di varia natura: culturali, ambientali o sportive. Chi sceglie di appassionarsi ad uno sport lo fa perché sente un certo richiamo da parte di quella disciplina, come se forze oscure ti trascinassero verso gesti e movimenti che potranno poi rivelarsi azioni vincenti, mediocri o dimostrare che non ci sei proprio portato.

Ci sono poi le eccezioni, ovvero quelle persone che hanno un talento per una certa disciplina, lo sanno riconoscere, si allenano fino alla perfezione e diventano dei campioni.

Personalmente ho avuto la fortuna di vedere e conoscere alcuni di questi campioni, atleti superiori alla media per classe, voglia di vincere e successi ottenuti. Uno di loro si chiama Dario Betti, è giovanissimo e ha appena conquistato, nei recenti campionati di Auckland in Nuova Zelanda, il suo secondo titolo mondiale (categoria senior) nel pattinaggio artistico a rotelle.

 

 

Dario, dicono che il difficile non è vincere, ma confermarsi. E tu ci sei riuscito. Campione del mondo del 2011 e nel 2012, cosa si prova?

Sicuramente confermarsi è la cosa più difficile, vale nello sport, nel lavoro e nella vita.  Ti metti alla prova, hai aspettative, puoi solo perdere sostanzialmente, quindi è dura e devi lavorare ancora di più per essere sempre un gradino più avanti rispetto agli altri. Per me questo mondiale è stato bellissimo, indimenticabile ed è quasi più bello del primo titolo, ha un sapore diverso, una soddisfazione grandissima.

 

C’è stato un momento della gara in cui ti sei detto: “Bravo Dario, ce l’hai fatta?”

 

Sì. Quest’ affermazione dentro di me l’ho sentita appena finito il mio esercizio di gara perché sapevo di aver fatto il massimo. Anche l’ansia del punteggio per la decisione della giuria c’è sempre!

 

A chi hai dedicato questo successo?

 

Non ce né una in particolare, molte persone si meritano una dedica perché insieme a me hanno lavorato per questo traguardo quindi: l’allenatore Gabriele Quirini, il mio preparatore Gianni Colella, mia mamma e mia sorella e la mia ragazza.

 

Il pattinaggio artistico è insieme una disciplina sportiva e una forma di espressione artistica, i tuoi dischi gara sono sempre molto ricercati anche da un punto di vista coreografico. Come nascono le idee che poi sono messe in pista, come nel caso dell’ultimo singolo ispirato a Napoleone?

 

Sì, il pattinaggio artistico è un mix vero e proprio. Oltre alla parte atletica è fondamentale quella artistica, il punteggio è basato infatti nella valutazione delle due ed è quello che fa la differenza perché la tecnica tutti arrivano ad acquisirla ai massimi livelli in una categoria senior. Noi lavoriamo molto anche sulla parte artistica, da due anni lavoro con  il coreografo Sandro Guerra (ex campione del mondo di pattinaggio artistico, n.d.r.) che con il mio allenatore scelgono ogni anno novità e stili adattabili a me e nelle mie corde, che risaltino le mie qualità.

 

Chi non è dell’ambiente può non sapere come si sviluppa la settimana di un campione del mondo di pattinaggio artistico, raccontaci quanti allenamenti fai e come si svolgono….

 

Ad alti livelli uno sport diventa quasi un lavoro, a me infatti riempie la giornata. La tipologia di allenamenti varia a seconda degli impegni e del periodo dell’anno: nel pre campionato del mondo lavoravo solo ed esclusivamente in pista, lasciando quindi da parte il lavoro in palestra, ed arrivavamo a 6 ore al giorno tra mattina e pomeriggio. Durante il periodo invernale invece 5 volte a settimana in palestra più l’allenamento in pista ogni giorno.

 

Cosa ti distingue dagli altri pattinatori? Sono ormai arci-note le tue doti di saltatore, ma c’è anche dell’altro, cosa è secondo te?

 

La mia qualità più importante e sulla quale investiamo molto è la forza, quindi tecnica e salti,  pulizia e  precisione unite alla velocità e l’altezza fanno la differenza anche se è sempre un rischio maggiore. Lavoriamo molto anche sulla parte artistica per non avere deficit. Poi la costanza in allenamento, la determinazione e la solidità mentale fanno il resto in una gara.

 

 

 

Qual è invece il tuo primo ricordo legato al pattinaggio artistico?

Il mio primo ricordo è la vittoria nel campionato europeo nel 2005, è stata inaspettata e mi ha fatto capire molte cose.

 

Oggi sei un atleta della società Frascati Skating, ma la tua carriera sulle quattro ruote è iniziata a Perugia, città dove sei nato, cosa ti ha portato fuori di casa così giovane? E cosa ti manca di più oggi di Perugia?

 

Sapevo che cambiare città sarebbe stata una scelta obbligata se avessi voluto fare il salto di qualità in questo sport. Abbiamo tentato questo passo azzardato e devo dire che finora è stato tutto perfetto. Però la mancanza della mamma, di casa, si fa sentire sempre!

 

Se non avessi fatto il pattinatore, quale altro sport ti sarebbe piaciuto praticare?

 

Io amo qualsiasi sport, non riesco mai a stare fermo ne da piccolo ne ora, sono un appassionato. Vengo da una famiglia di sportivi, di judoca, quindi avrei avuto una strada aperta in questo sport. Ho comunque provato anche calcio, rugby, pallavolo, tutto mi piace e mi coinvolge.

 

A 21 anni il pattinaggio artistico ti ha già regalato il massimo, come potresti chiedere di più a te stesso e a questo sport?

 

A me stesso posso solo chiedere di continuare su quest’onda. A luglio 2013 ci svolgeranno i World Games (dal 25 luglio al 4 agosto 2012 a Cali in Colombia, n.d.r.) che sono una specie di Olimpiadi degli sport non ancora riconosciute fra le discipline olimpiche, ed io mi sono qualificato per il pattinaggio artistico a rotelle.

Si svolgono ogni 4 anni ed è un traguardo che mi manca. Poi in generale,  questo sport, come tutti noi praticanti, chiedo di crescere tanto e di arrivare ad essere sport olimpico.

 

Grazie

 

Chiara Scardazza-Agenzia Stampa Italia

 

 


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