(ASI) Nel mondo del calcio, le narrazioni spesso semplificano la realtà, riducendo stagioni complesse e combattute a mere etichette: “la squadra più forte per distacco” o “il fallimento della stagione”. È il caso di Inter e Napoli, protagoniste di un campionato che ha visto opporsi due filosofie calcistiche diverse, entrambe meritevoli di analisi più approfondite e meno influenzate da giudizi superficiali.
Da una parte, l’Inter ha affrontato la sfida di competere su tutti i fronti: campionato, Coppa Italia e Champions League. Giocando ogni tre giorni, i nerazzurri hanno dovuto gestire un logorio fisico e mentale non indifferente, dimostrando resilienza fino ad aprile inoltrato. Dall’altra, il Napoli ha beneficiato di un calendario meno affollato, concentrandosi principalmente sul campionato e mantenendo un ritmo costante. Questo non diminuisce il valore della loro stagione, ma offre un contesto che dovrebbe essere riconosciuto. La qualità di una squadra non si misura solo con i nomi dei suoi giocatori. Dire che alcuni talenti dell’Inter siano inferiori a quelli del Napoli o viceversa è un approccio limitato. La forza di una squadra risiede nella coesione, nella strategia e nella capacità di adattarsi alle sfide. Etichettare l’Inter come superiore o il Napoli come inferiore è una semplificazione che non coglie la complessità del gioco. Se il Napoli dovesse vincere il campionato, sarebbe un risultato meritato, frutto di continuità e prestazioni solide. Allo stesso modo, una eventuale sconfitta dell’Inter non rappresenterebbe una débâcle: la loro capacità di lottare su tutti i fronti è un’impresa che poche squadre possono vantare. La critica alla narrativa che minimizza il valore di una stagione basandosi su un singolo risultato è, dunque, necessaria. Il calcio non si riduce a titoli sensazionalistici o a semplificazioni inutili. Inter e Napoli rappresentano due storie diverse, entrambe ricche di valore e lezioni. Il vero rispetto per il gioco risiede nell’analizzare le sfumature e nel riconoscere che, in uno sport così imprevedibile, il merito non è mai una questione di sola apparenza. In merito al giornalismo sportivo, é frequente assistere a derive poco professionali, dove la cronaca cede il passo al tifo mascherato da analisi. Questo fenomeno, spesso alimentato dalla necessità di attirare click e visualizzazioni, porta a semplificazioni inutili e a narrative polarizzate. Dichiarazioni come “la squadra più forte per distacco” o “il fallimento della stagione” non solo impoveriscono il dibattito, ma tradiscono anche la missione giornalistica di informare e stimolare riflessioni profonde. Essere più razionali significa riconoscere la complessità del calcio, un gioco fatto di variabili tecniche, tattiche, fisiche e psicologiche. Significa, inoltre, saper apprezzare i meriti e le difficoltà di ogni squadra, senza cadere nella tentazione di alimentare polemiche sterili.
È solo attraverso un approccio equilibrato che i giornalisti possono contribuire a elevare il dibattito calcistico, restituendo al pubblico una narrazione degna di uno sport straordinario. In questa prospettiva, il calcio può tornare a essere raccontato non come un’arena di tifoserie, ma come una disciplina fatta di storie, sacrifici e conquiste. Perché, in fondo, il vero valore di questo sport sta nella sua capacità di unire, non di dividere.
Raffaele Garinella - Agenzia Stampa Italia