(ASI) Il barrio Realengo, zona di fuoco, maledettamente vicino all'area “Minha Deusa “, cuore pulsante del narcotraffico di Rio de Janeiro. Istituito nel 1981, Realengo divenne tristemente noto al mondo per il massacro effettuato nella scuola pubblica del quartiere, nel quale persero la vita 12 studenti, trucidati da un 24enne con problemi mentali, tale Wellington Menezes de Oliveira, che prima della strage rivendicò confusamente ideali islamici, salvo poi dar vita alla brutale esecuzione.
A combattere strenuamente per porre fine agli innumerevoli episodi di violenza che quotidianamente avvenivano e avvengono nelle favelas di Rio (dal febbraio al luglio del 2018 si sono registrati qualcosa come 3479 omicidi), tra le altre forze dell'ordine, c'è l'UPP.
L'unidade de policia pacificadora è un programma di forze dell'ordine e servizi sociali che agisce su Rio de Janeiro al fine di bonificare le favelas.
A Realengo, dapprima per la carriera e poi per amore, aveva deciso di costruire la propria vita tale Joao Rodrigo Silva Santos, centrocampista brasiliano che, nato l'8 novembre del '77 a Cataguases, nel quartiere Minas Gerais, ricevette a 19 anni la proposta del Bangu, squadra del quartiere confinante con Realengo. Durante la sua lunga permanenza nel Bangu (ben 9 stagioni), Joao Rodrigo si innamora, non di una donna qualsiasi, bensì di una agente dell'UPP.
Negli anni a cavallo del nuovo millennio, gli scontri tra forze dell'ordine ed i narcotrafficanti si inasprirono, persino il mondo del cinema nella persona di Fernando Meirelles grida al mondo la tragica condizione delle favelas attraverso il suo capolavoro “City of God”.
In quegli anni Joao Rodrigo decide di fare esperienze diverse e intervalla la sua esperienza al Bangu con un prestito in Honduras all'Olimpia (98-99) e persino una stagione nel campionato svedese con la maglia dell'Osters nel 2003, più un paio di brevi esperienze in patria con l'Atletico Sorocaba ed il Nacional SP, ma al termine di ognuna fa ritorno al Bangu. Nel 2005 terminata la sua lunga permanenza al Bangu, milita in varie squadre; Remo, Volta Redonda, Boavista, Tigres do Brasil, Duque de Caixas, Olaria, Botafogo DF, Bonsuccesso e Sampaio Correa, prima di ritirarsi nel 2013.
Nel frattempo a Rio gli scontri si trasformarono in veri e propri assalti delle forze dell'ordine al narcotraffico, che aveva ormai preso possesso di interi quartieri e dettava legge in gran parte della città. Nel 2008 la polizia brasiliana organizzò un vero e proprio raid a “Minha Deusa” e fu accolta da una pioggia di proiettili dai narcos del quartiere; l'operazione portò al sequestro di armi automatiche, granate, chili di stupefacenti e 5 auto rubate, ma persero la vita ben 10 persone.
Nell'ottobre del 2009, a nord della città si scatenò la cosiddetta “guerra della droga”, che in una settimana di conflitto (ebbe inizio il 17 e si concluse il 24) portò all'esecuzione di 42 vittime.
Dopo il suo ritiro nel 2013, Joao Rodrigo Silva Santos aveva fatto ritorno a Realengo, dove qualche tempo prima aveva aperto un negozio di prodotti naturali. Non chiedeva molto, voleva stare vicino a sua moglie, vivendo nell'ombra senza dare fastidio a nessuno, consapevole dei rischi che corre un coniugato ad un'agente di polizia a Rio, soprattutto nel clima di guerra che si era instaurato in quegli anni.
Anche quando gli avevano rubato la macchina, il 35enne brasiliano si era rimboccato le maniche ricominciando a lavorare sodo.
Perchè “era una brava persona, che viveva per il calcio e la famiglia” come disse in un secondo momento il cognato Bruno “non aveva nemici”; ecco perchè nessuno si sarebbe aspettato un epilogo tanto tragico, tanto macabro.
Già perchè la sera del 30 ottobre 2013 lo stesso Bruno ricevette una chiamata, dall'altra parte del telefono un suo amico gli disse che l'alimentari di Joao Rodrigo era stato assaltato ed il cognato era stato rapito. “Un mio amico ha visto tutto e mi ha chiamato, gli hanno derubato il negozio e l'hanno fatto salire su un Astra nera” riferirà alla polizia in un secondo momento.
Joao Rodrigo non farà più ritorno a casa, ma qualche ora dopo, nei pressi dell'abitazione della coppia la moglie ne constaterà il decesso nel più brutale dei modi: all'interno di uno zaino troverà la testa del marito, priva di occhi e lingua. Un esecuzione agghiacciante, spaventosa, sulla quale purtroppo, ancora non è stata fatta chiarezza, anche se, come riportato dalla polizia, pare evidente la responsabilità dei narcos nell'omicidio.
Alessandro Antoniacci-Agenzia Stampa Italia