(ASI) La cosa più vicina a Dio in un campo da calcio. Qualcuno lo ha descritto così Francesco Totti. Ad un anno dal suo addio al calcio giocato ci passa davanti il film del capitano giallorosso, l'esordio, il gol al Parma, il 4-0 alla Juve, gli infortuni, la scarpa d'ora, il selfie al derby, i cucchiai, gli assist, una sola maglia, per sempre.
Poi quel 28 maggio, lacrime, paura, commozione, amore e addio. 365 giorni dopo Totti, il più grande atleta che Roma abbia avuto, ha tolto gli scarpini, ma non del tutto, come può si rimette la divisa e si diverte tra partite benefiche, tornei di calcetto e presto anche il mondiale delle leggende. Fa ancora effetto e anche un po' male vederlo in giacca e cravatta, ma nel suo nuovo ruolo da dirigente Totti è sempre lui, il capitano. Vive lo spogliatoio, segue la squadra, è il punto di riferimento per mister e giocatori, esulta ai gol e si commuove per la vittoria contro il Barcellona. Tra sacro e profano una parola del capitano vale più di quella del Papa. Il tempo passa, ma la leggenda resta. Certe luci non si possono spengere e la maglietta numero 10 è sempre la sua e la più venduta in tutto il mondo. Sembra ieri, sembra una vita, questione di punti di vista, la cosa certa è che il 28 maggio 2017 sul pallone calciato in Curva Sud c'era una scritta: "mi mancherai". Senza saperlo Francesco ha scritto il pensiero ed il sentimento che vive nel cuore di ogni tifoso della Roma. La lettera oggi te la manda il tuo popolo, tra brividi e pelle d'oca che riaffiorano. Il tempo è maledetto anche per chi ti ha sempre sostenuto, seguito e ammirato dagli spalti e da casa. In un mondo dove il materialismo è tutto, sventola sempre la tua bandiera e c'è ancora spazio per l'amore qualche volta e per un "Vi Amo" urlato, sentito, vero. Quel grido oggi ti torna indietro Francesco. Nascere Romani e Romanisti è un privilegio per Totti. Averlo avuto come guida è stato un onore, è la risposta dei tifosi. Anche oggi, c'è solo un capitano.
Luca Labonia - Agenzia Stampa Italia