(ASI) E’ un flop l’Italia del calcio. Si riapre il dibattito sulla crisi, sia della nazionale sia sul calcio italiano. Dopo l’ultimo mondiale vinto nel 2006 contro la Francia non siamo più riusciti a vincere niente. Solo belle parole ma senza alcun risultato. Il pallone nel nostro paese è sempre stato lo specchio della nazione.
Non a caso, spesso i nostri politici hanno avuto grande influenza sul calcio e ne hanno tratto benefici, il nostro calcio è sempre stato in mano ai singoli imprenditori italiani.
Fino a quando l’economia tirava (anni ’80) in Italia avevamo i migliori: Maradona, Careca, Platini, Rummenigge, Matthaus, Gullit, Van Basten, etc,
La cosa continuò anche negli anni ’90 e nei primi anni 2000: arrivarono Ronaldo, Weah, Zidane, Nedved, Stankovic, Batistuta, Thuram, Deschamps, Carlos, Cafu, Silva, Crespo, Kaka, Seedorf, Davids, Trezeguet, Ibrahimovic, Eto’o, Milito, etc.
Avevamo un’ottima scuola, capace di sfornare nidiate di campioni incredibili (Maldini, Baresi, Bergomi, Cabrini, Gentile, Scirea, Zoff, Totti, Cannavaro, Vieri, Buffon, Zenga, Vialli,Nesta, Del Piero, Baggio, Donadoni, Conti, Tardelli, Antonioni etc,
La nostra Under 21 stravinceva, avevamo i tecnici più preparati (Sacchi, Trapattoni, Lippi, Ancelotti, Capello) o prendevamo i migliori (Mourinho).
Gli stadi inoltre erano sempre pieni, ma con la crisi economica del 2008, è finito tutto, il calcio italiano è entrato definitivamente in una crisi che pare irreversibile.
Il Mondiale del 2006 è stato “l’ultimo canto del cigno” di una scuola calcistica di tutto rilievo, vinto, peraltro in un clima particolare (calciopoli), non a caso i migliori sono ancora i reduci del 2006 (Pirlo, De Rossi, Buffon).
L’attuale Nazionale di calcio non ha nulla per vincere: tecnicamente e tatticamente mediocre, senza soldi e senza alcun peso politico.
Nella nazionale Italiana manca la “progettualità”, non c’è un vero e proprio sistema di gioco, un gioco privo di un minimo collegamento di reparti. Manca anche una dirigenza all’altezza che riesca a istituire un progetto che valorizzi al meglio i giovani calciatori italiani e tenga conto della grande tradizione del calcio, che vanta quattro titoli mondiali.
Prima ci scordiamo chi siamo stati e prima potremo pensare a costruire una minima possibilità di gioco e di vittoria, quattro anni fa c’era Marcello Lippi in panchina, dopo fu la volta di Cesare Prandelli, ora è il turno di Antonio Conte. Ovviamente non è bastato cambiare allenatore per risolvere il nostro calcio. Prandelli ha fatto molto: in due anni ha ricostruito un gruppo e ha ottenuto il secondo posto all’Europeo e il terzo alla Confederation Cup, poi ha sbagliato tutto. Ma è chiaro che non è l’allenatore oggi il vero problema, i giocatori devono ritrovare la voglia di faticare, bisogna ritornare protagonisti. Dobbiamo migliorare su tutto: intensità, preparazione fisica, voglia di faticare, ci sono calciatori che ormai sono consumati e strapagati per il loro reale valore.
In questo momento l’Italia fa fatica a sfornare talenti, bisogna ripartire dai vivai, abbiamo bisogno di ridare spazio ai giovani calciatori italiani. Cerchiamo di far spazio alle nuove leve che in un futuro prossimo prenderanno in eredità la maglia azzurra, giovani talenti che anche in assenza della giusta mentalità, hanno voglia di fare ed è questo che importa, come i vari El Shaarawy Immobile, Verratti, Insigne, Destro, Perin, Florenzi, Darmian, De Sciglio etc.
Antonio Conte è l’uomo giusto per riportare l’Italia in alto, ha lavorato in modo straordinario nella Juventus, vincendo tanto, ha la giusta mentalità da vincente. Dopo un Mondiale deludente, c’era bisogno di una scossa, sono convinto che in breve tempo porterà in azzurro la sua fame di vittorie.
Bisogna cominciare a lavorare per davvero, lui lo sa fare e non è venuto qui a perdere tempo, chi mette l’anima e si impegna è dentro altrimenti fuori.
Francesco Rosati – Agenzia Stampa Italia