Sarri-Juve, non ci eravamo mai tanto amati. Sognando Zidane.

(ASI) Maurizio Sarri è stato esonerato. Decisione inevitabile dopo l’eliminazione dalla Champions con il Lione, un finale di campionato molto deludente, una Coppa Italia e una Super Coppa italiana perse in malo modo.

Sarri ha una sua visione del calcio, è un uomo sopra le righe, verace e diretto dalla battuta graffiante e feroce tipica del “toscanaccio”, detesta le formalità, le giacche e le cravatte. Una persona così è l’anti Juve. Ha cercato di adeguarsi mettendo una tuta scura con una polo nera, tenendo i mozziconi di sigaretta, trattenendosi dal fare certe battute, ma tutto ciò è una forzatura. Sarri non è da Juve, come la Juve non è per Sarri. Due mondi diversi che hanno cercato di stare insieme, ma le diversità sono emerse. Sarri è sicuramente un buon allenatore, ma non è quello giusto per i bianconeri, è una questione di filosofia.

Un feeling mai nato nemmeno tra i senatori abituati dal sergente Conte prima e dallo stratega Max Allegri poi. Un calcio difensivo e cinico è stato stravolto da quello ultraoffensivo, con tanti passaggi come quello di Sarri. Non c’erano gli uomini giusti, perché un metronomo alla Jorginho non c’era e Pjanic è stato costretto a improvvisarsi come tale, i terzini mancavano e Cuadrado è stato reinventato in quel ruolo (non con esiti negativi), e il centrocampo non faceva la giusta diga. Certo convivere con Bonucci, Buffon e Chiellini da un lato, Ronaldo e Dybala dall’altro non è facile e alla fine l’esito è venuto a metà. Una squadra sconnessa portata avanti dalla classe dei singoli. Si diceva che Allegri giocava male, ma Sarri ha fatto peggio. In Italia Allegri dominava e in Europa ha detto la sua, Sarri ha perso quasi tutto quello che c’era da perdere in Italia e un po’ grazie al Covid-19 e ai rigori generosi contro l’Atalanta ha portato a casa lo scudetto più per i meriti di Ronaldo e Dybala che suoi. Lo stesso argentino è stato rianimato dal tecnico toscano, caduto ai margini da Allegri, così come è potuto esplodere Bentancur e far ambientare De Ligt e un po’ Rabiot, ma Sarri è stato anche reo di demolire un giocatore importante come Emre Can e far cacciare il guerriero Mandzukic che hanno fatto sentire la loro assenza.

Lo scudetto arrivato premia la lunghissima carriera di un allenatore che ha fatto tutta la gavetta possibile, lasciando il lavoro in banca per dedicarsi al calcio. Dall’eccellenza alla Serie A, vincendo in ogni categoria, che a 61 anni ha raggiunto il suo scudetto e l’anno scorso ha vinto l’Europa league. Una bella storia personale, forse non per gli juventini che non ricorderanno questo scudetto come il primo dell’imbattibilità di Conte, né come quello del 5 maggio di Lippi, né come quello della remuntada di Allegri che da dodicesimo risalì tutte le posizioni. Non è mai arrivato il bel gioco, ma solo sprazzi, che si sono manifestati nelle due sfide con l’Inter e che hanno avuto un peso non indifferente per la conquista del titolo e nel girone di qualificazione in Champions. Sette sconfitte in campionato sono state troppe, brutte particolarmente quelle a Napoli, a Milano e a Roma, disfatta per le coppe minori con Lazio e Napoli e una cocente eliminazione europea per mano di un modesto Lione. Era l’anno della Lazio di Inzaghi, sfortunata e ridotta all’ossa nel post Covid, e dell’Atalanta di Gasperini che ai quarti di Champions ci è arrivata, è stato l’anno del nono scudetto, record incredibile e del coronamento di Sarri, che il suo scudetto virtuale lo aveva vinto con un bellissimo gioco con il Napoli arrivando a 95 punti e arrendendosi solo una Juve più pragmatica e cinica.

Niente final eight, ma in fondo è giusto così. Perché Sarri o non Sarri questa Juve è la peggiore degli ultimi nove anni per grinta, personalità e rosa. Squadra vecchia, che ha finito un ciclo e ha bisogno di diversi ricambi che non meritava assolutamente di vincere la Coppa dalle grandi orecchie, ma che può trarre insegnamento da questa batosta. Serve ricostruire un nuovo ciclo vincente e convincente in pieno stile Juve, basta con gli esperimenti o le minestre riscaldate, nuovo allenatore, nuovo entusiasmo, nuovi giocatori che possono amalgamarsi con i punti certi come Dybala, Bentancur, De Ligt e Cr7. Inizia il casting, ma se su qualcuno bisognerebbe puntare per il sogno europeo chi meglio di un ex juventino che l’ha vinta da giocatore e tre volte da allenatore? Vogliamo fantasia e una squadra vincente, affidiamoci a un vincente e Zidane è l’uomo giusto. Poi certo Simone Inzaghi è un allenatore rampante e promettente, Conte e Allegri sono degli usati sicuri, Mancini ha il suo perché, meno convincenti Pochettino e Paulo Sousa, ma se si vuole fare un salto in più il nuovo mister deve essere un fuoriclasse.

Daniele Corvi per Agenzia Stampa Italia

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