Lega Pro, Barletta-Perugia zero zero. Il commento.
(ASI) Ci sono partite, in una stagione, cui si dà un’importanza cruciale. Quella del Perugia a Barletta era stata dipinta come la partita della possibile svolta, della “scintilla” che doveva accendere la miccia rispetto alle polveri bagnate di inizio stagione. Posto all’inizio di un ciclo più abbordabile, l’incontro in terra di Puglia contro una squadra modesta, dai numeri miserrimi  e in pieno caos societario (ma il presidente dimissionario non avrà invece funzionato come elemento di coagulo dell’ambiente?) sembrava, e doveva essere, il trampolino versa la seconda vita del Grifo annata 2013-14.

Anche per questo la prestazione a dir poco sconcertante dei Grifoni è apparsa una gravissima manifestazione di debolezze (tecniche e caratteriali insieme) tale da disilludere e ferire anche i tifosi più incrollabili. Ma quello che ha reso davvero brutale gli esiti della disfida di Barletta, non è stata una partita con il suo campionario di errori senza precedenti (solo Koprivec si salva; foese anche Scognamiglio: gli altri tutti dal 4 in giù di voto) ma fine a se stessa.

No, stavolta l’amarezza è profondissima perché si è avuta la sensazione che il Perugia a Barletta possa aver sbagliato non una partita ma, forse, un’intera stagione. Che abbia, cioè, palesato oggi limiti non occasionali, ma strutturali.  Limiti di testa e di tecnica. I primi sono evidenti: alle prime avversità i giovanotti in maglia rossa vanno in tilt. Se a Nocera Inferiore, a Grosseto e a Prato, era stato un mix di errori propri e di sviste arbitrali a cucinare le frittate, a Barletta il Perugia ha fatto maledettamente tutto da solo. Errori da ogni parte; passaggi sbagliati da tre metri peggio che nei campionati Uisp;  incapacità di leggere le situazioni in campo; mancanza di cattiveria agonistica di fronte ai proletari barlettani organizzati e pronti a correre addosso a tutte le palle, anche a quelle uscite dal campo. Gioco involuto, perché se ti bloccano le fasce vai fuori fase e non ci raccapezzi più niente. Iniziative sconclusionate, calcioni alla viva il parroco, palle lunghe sperando che davanti succeda qualcosa, non si sa che.  Mazzeo che, invece che centravanti col trucco, è centravanti che cìè, ma non si vede. I “brasiliani” Filipe e Fabinho incapaci di azzeccarne una che sia una e trascinati così nel grigiore generale come ballerine fuori tempo.  Sini che viene superato botta su botta dall’avversario diretto e che ormai gli allenatori avversari lo puntano proprio come nelle partite di pallavolo si batte sul giocatore che riceve peggio. In questo panorama desolato e desolante, Koprivec para un rigore e salva il tabellino: onore a lui che il suo lo ha fatto. Ma gli altri? Un vuoto pneumatico talmente preoccupante che il Presidente Santopadre a fine gara ha dipinta sul volto la delusione che somiglia ad una sensazione di tradimento. Non lo dice, ma certo si starà chiedendo se tutti gli acquisti fatti in estate siano all’altezza degli obiettivi dichiarati. Cerca di mantenere l’aplomb, ma non può fare a meno di rivelare che il 5 prossimo venturo, giorno di paga, gli sarà difficile onorare gli stipendi dei giocatori a fronte del corrispettivo in prestazioni da questi fornito.  E ne ha ben d’onde, perché il Grifo di oggi era un ectoplasma informe, senza un’anima e un’idea. Era una barchetta in balia delle onde e senza bussola. Era un’accozzaglia di giocatori incapaci anche solo di provare le idee e gli schemi che Camplone gli fa provare da ormai dieci settimane. Già, Camplone. Il Presidente per ora lo esenta da critiche: perché, dice Santopadre, le colpe sono solo dei giocatori, che fanno l’opposto di quello che chiede loro il mister. Anche noi propendiamo per questo orientamento, però vorremmo chiedere a Camplone solo una cosa, tutto sommato minima rispetto ai problemi che si è trovato a fronteggiare senza averne responsabilità (leggasi: gli uomini e i giocatori lui non li ha scelti). Gli vorremmo cioè chiedere:  visto che spesso le altre squadre, per il blasone e il ruolo di favorito che ha (aveva?) il Perugia, lo affrontano chiudendosi a riccio, non sarebbe il caso di lavorare (un po’) di più e (molto) meglio sui calci piazzati e le palle da fermo?

Per il resto, anche la scarsa duttilità tattica che (non senza qualche ragione) gli si rimprovera, ci sembra secondaria rispetto ad un altro fattore negativo che è forse decisivo in questa fase di campionato e rischia, in prospettiva, di diventare castrante per il Grifo: la mancanza di attaccanti veri, puri, capaci di realizzare non un’occasione su cinque, ma l’unica mezza situazione che capita in una partita asfittica coma quella di oggi. Mazzeo è per il momento un problema tattico, più che una risorsa. Eusepi ha movimenti e numeri da centravanti, ma non ha mostrato mai la freddezza che serve al centravanti di una squadra che vuol vincere il campionato. Ha fatto gol anche belli e di forza, e sia chiaro che non se ne discute la qualità. Si discute, semmai, la quantità: non lo abbiamo mai visto, in nove partite, fare poco o nulla ma segnare l’unica palla sporca che gli capita in novanta minuti. Invece, al Perugia servirebbe proprio un attaccante così, con questa freddezza, questo cinismo, questa capacità di essere decisivo anche se la partita è spigolosa, difficile, brutta e come quella di Barletta. Ma gennaio non è alle porte e bisognerà fare di più e di meglio con quello che si ha. A proposito delle risorse che si hanno in casa: forse non sarebbe utile puntare su Insigne, così, tra l’altro, rimotivandolo un po’? Si certo, il ragazzo a volte ha fatto vedere in campo giocate e atteggiamenti (per esempio, leziosismi esibizionistici) non proprio utili e da prima squadra. Ma se, come si dice, è un talento, siamo sicuri di poterne fare a meno a cuor leggero, col rischio di farlo partite addirittura a gennaio?

 

Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia


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