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(ASI) Il Perugia perde la seconda partita consecutiva e mette in apprensione i tifosi. Subisce di brutto nel primo tempo, in balia di una Nocerina che si giocava oggi molte delle sue possibilità di rientrare nel giro che conta, dopo un inizio di campionato in sordina. Quattro occasioni nitide per i campani ed un Koprivec in grande spolvero a tamponare la situazione.

Più equilibrato il secondo tempo, con il Perugia che ha addirittura tre occasioni in un minuto per passare in vantaggio, ma poi subisce lo 0-1, reagisce con un’occasione sbagliata da Moscati, e becca il 2-0 su un capolavoro dell’ex Mazzeo su punizione dal limite.
Insomma, quando il Grifo ha giocato peggio, ha retto il pareggio; quando ha fatto qualcosa in più, ha beccato un 1-2 micidiale. Il solito calcio in cui decidono gli episodi, si dirà. Si, certo, ma sarà bene aggiungere che gli episodi, stavolta, hanno premiato chi più nel complesso meritava. E se i due bomber della Nocerina hanno inventato gol pregevoli, mentre Ciofani e Clemente non hanno inquadrato la porta, anche questa è una regola aurea del gioco del pallone (“vince chi la butta dentro”) che riassume la differenza tra due squadre. Sotto la lente di ingrandimento, dunque, le prestazioni del reparto avanzato. Tanto per fare nomi, di Ciofani e Clemente (lo ha detto anche Arcipreti nel dopo gara). Ma anche, tanto per dirne un’altra, le sofferenze della linea mediana, con un Esposito mai bel vivo del gioco come regista.
Ora, giustamente, si approfondirà l’analisi, si cercherà di capire perché il Perugia, costruito con potenzialità enormi soprattutto in avanti, segni poco. Si riproporranno tutte le considerazioni già svolte e sviscerate dopo la sconfitta col Pisa sul centrocampo a due o a tre, sulle fasce, su chi deve partecipare alla fase difensiva oltre i difensori di ruolo, etc. E sarà certo utile approfondire, perché il Grifo, se vuole assecondare le ambizioni comuni a Società e tifosi, tutto può permettersi meno che di sprecare l’arsenale che ha, tanto più in un campionato difficile e equilibrato come quello di Prima Divisione. Noi abbozziamo un’ipotesi, parziale e senza pretesa di spiegare tutto. Chi ha pensato e costruito la squadra, memore dei successi degli ultimi due anni, ha pensato che avere le bocche da fuoco che ha la squadra biancorossa, sia quasi di per sé sufficiente per assicurarsi un campionato di vertice. Basta, cioè, tenere la squadra corta e accorta, capace di limitare le potenzialità avversarie e poi, prima o dopo, l’occasione per le punte capita e la palla dentro ci si butta.
Una scelta che, sia chiaro, può anche funzionare, come ha funzionato in serie D e in Seconda Divisione, se la squadra riesce a giocare compatta ed equilibrata; se agli avversari (specie a quelli dotati come la Nocerina) non si lascia l’iniziativa per tempi interi; se in avanti si riesce ad avere una certa continuità e profondità, che consente di creare gioco e occasioni con una certa frequenza per gli attaccanti (centrali ed esterni), altrimenti costretti a giocare poche palle sporche.
Ma, se tutto questo non si verifica, e quelle poche cose che si creano non vengono messe a frutto dagli uomini di spicco, allora si fa buio e non è facile trovare la via d’uscita. Fa bene Battistini, a fine partita, a raccomandare un’analisi approfondita, non affrettata, e riflessioni che non mandino all’aria il lavoro di mesi. L’allenatore biancorosso ha lamentato che i suoi ragazzi non hanno saputo mettere in atto i meccanismi provati per preparare la gara e sono stati troppo “timidi” nelle circostanze in cui avrebbero potuto far male agi avversari. E ha indicato la strada: tornare a giocare palla a terra, cioè a fare calcio per le qualità che i grifoni hanno; e a pressare a tutto campo, per creare le condizioni per attaccare bene. Oltre a questo, tornare ad avere fiducia nei propri mezzi e personalità. Elementi tutti veri, il problema è di capire quali di questi siano da aggredire di più e prima per rimettere in carreggiata una macchina che ora rischia di smarrire la strada. Urge trovare soluzioni strutturali, non episodiche.

Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia

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