(ASI) Tutti i giorni, immersi nella nostra routine, non ci accorgiamo di chi, a differenza nostra, vive con angoscia l’adolescenza: quella che dovrebbe essere una delle stagioni più belle della vita.
E anche se conosciamo bene l’esistenza del bullismo – perché lo conosciamo – chissà per quale motivo facciamo finta di niente. Dopo un po’, ce ne dimentichiamo.
Oggi ricordiamo Paolo, un ragazzo di appena 14 anni che in provincia di Latina ha deciso di togliersi la vita
Lo prendevano in giro per i capelli a caschetto, per il fisico, lo insultavano per i suoi modi gentili, fino a convincerlo che fosse lui quello “sbagliato”.
È facile cadere nella retorica su un tema così drammatico. E forse rischiamo di farlo anche adesso. Ma restare in silenzio di fronte a tragedie come questa sarebbe un errore ancora più grave.
La responsabilità non è solo dei piccoli aggressori – ragazzi che non hanno mai conosciuto il significato di empatia o fragilità emotiva. La colpa è soprattutto di noi adulti, da cui quei ragazzi prendono esempio. Ci osservano quando litighiamo, quando sbagliamo, ma anche quando chiediamo scusa. Se vogliamo vedere comportamenti migliori, dobbiamo praticarli per primi, anche quando è scomodo.
Non possiamo dimenticare il ruolo della scuola. Troppo spesso insegnanti e dirigenti scolastici tendono a minimizzare. Il giorno dopo un fatto come questo, la frase che si sente ripetere è: «Ma noi non ci siamo mai accorti di nulla!». Ecco, il problema è proprio lì: nella mancanza di attenzione, nell’incapacità di cogliere i segnali di sofferenza dei ragazzi.
Serve un cambiamento radicale. In Italia bisogna introdurre l’educazione affettiva tra le materie scolastiche. Un’alfabetizzazione dei sentimenti e delle emozioni aiuterebbe a ridurre conflitti, incomprensioni e prepotenze, anche online. Significherebbe dare ai ragazzi strumenti di rispetto, empatia, consenso.
Il dato più amaro è che la tragedia di Paolo resterà impunita. Nessuno pagherà per la superficialità, nonostante i genitori avessero più volte denunciato le vessazioni subite dal figlio. Un fatto incredibile, che lascia senza parole.
Il pensiero finale va proprio a lui, a Paolo, e a tutti gli altri piccoli Paolo che oggi si sentono soli, diversi, inadeguati. Ragazzi che ogni giorno vengono colpiti da insulti e umiliazioni per il loro aspetto, per i gusti, per il carattere.
A loro, più di tutto, vogliamo dire: non siete voi quelli sbagliati. Gli sbagliati sono gli altri, quelli che non sanno vedere la vostra sensibilità, la vostra bellezza, il vostro valore.
Salvo Nugnes per Agenzia Stampa Italia
*Foto generata da ai chat gemini.



