Le volpi della politica, il partito di centro e il Quirinale

(ASI) In questo autunno tormentato, due vecchie volpi della politica, invece che in pellicceria, come avrebbero sperato e voluto molti avversari, sono inopinatamente salite al proscenio: Clemente Mastella e Silvio Berlusconi. Il primo, assoluto protagonista, per tanti anni, nella Dc, ha vinto, al ballottaggio, nonostante l’eterogeneo accerchiamento, le elezioni per il comune di Benevento.

Ma non si è detto solo soddisfatto e contento del trionfo elettorale, ha promesso, nelle polemiche dichiarazioni del dopo voto, che il successo deve essere il trampolino di lancio per fare, come fosse un trentenne, un vero partito di centro. E da Benevento è partito una specie di appello a tutti gli uomini di buona volontà per seguirlo in questa specie di missione. Nella stessa prateria centrista, orfana di partiti e di uomini, si muove, da tempo, anche Silvio Berlusconi. Cui, con molta benevolenza, è stato intestato il successo, modesto e striminzito, del centro destra. Due suoi candidati hanno evitato la Caporetto assoluta del centrodestra: Roberto Occhiuto alla Regione Calabria e Roberto Dipiazza al comune di Trieste. C’è da aggiungere che in Calabria ha vinto il centro destra con il 54,5% dei voti, ma con un’affluenza del 44,4%, e grazie anche all’autogol del centro sinistra che si è presentato con tre liste e tre candidati. Ma tant’è. Al partito di centro pensa Clemente Mastella, così come fa Berlusconi, come pure Carlo Calenda, con la sua creatura “Azione”, dopo il debutto alle recenti amministrative di Roma, ma forse pensava a questo, chissà, anche Matteo Renzi, prima di diventare costoso conferenziere e uomo d’affari.

Non so se questi possano essere gli uomini giusti, ho molte e fondate perplessità, di una cosa, però, sono assolutamente certo, e lo scrivo da alcuni anni;  gli italiani, la maggior parte di essi, lo hanno detto in maniera chiarissima, anche il non voto significa questo, sono orfani, vorrebbero, cercano disperatamente un partito, guidato da persone affidabili, capaci e onesti, per non essere ogni giorno, sistematicamente, ossessivamente, essere trascinati sulle barricate a protestare contro qualcuno e contro qualcosa. Vorrebbero trascorrere una vita tranquilla che queste mezzecalzette non sono in grado di garantire.Intanto, bolle in pentola un’altra questione: l’elezione, a febbraio, del capo dello Stato, ma intorno ad essa, intrecciata come non mai, si rimodellano gli scenari politici futuri. La complessità della questione è il fatto che uno dei candidati sia Mario Draghi, presidente del Consiglio. L’altra (auto)candidatura, quella di Berlusconi, è fuori dal mondo, seppure, ora, è appoggiata dai suoi sodali in Parlamento e sui (suoi) giornali e (sue) reti televisive.Se fosse Draghi il successore di Sergio Mattarella ci sarebbe da nominare il nuovo governo, ma con chi?

E, soprattutto, con quale maggioranza? Oppure, mancando una maggioranza, si dovrà andare a votare, interrompendo la legislatura che ha scadenza nel 2023? Tutti sviluppi possibili, ma, al momento, avvolti nella massima incertezza perché le mezzecalzette,in realtà, al di là delle dichiarazioni che fanno, sono paralizzati dalla paura delle urne, nonché dalla pochezza delle proprie idee, chiamiamole così per carità di patria. E, pensano, prima di tutto, verrebbe da dire, solo, di mantenere più a lungo possibile la poltrona, il potere e gli altissimi stipendi, i più alti del mondo, 140 mila euro, mentrei tedeschi prendono 90 mila, i francesi 84 mila euro in meno e i lord inglesi la metà. Non solo, i seggi, nel prossimo Parlamento, saranno quasi dimezzati. Questi interessi, non c’è alcun dubbio, saranno decisivi, e peseranno molto, sulle decisioni future. Approfondiremo l’intreccio Draghi-Quirinale, sì no, in un successivo articolo. Ora, per finire, due dichiarazioni sconcertati e sconvolgenti, chesi consiglia di leggere seduti. L’ex presidente della Camera, Laura Boldrini: le retribuzioni devono rimanere tali perché “garantiscono autonomia,disciplina e onore”. Il leghista Claudio Borghi “le eccellenze bisogna pagarle”. Allora, se è questo il criterio, bisognerebbe raddoppiare lo stipendio. Che ne dite?

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com–Agenzia Stampa Italia

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