(ASI) C'è un libro pubblicato di recente, intitolato "Oltre il sipario delle ombre cinesi" del Pontificio istituto orientale", edito da "Geo - Valore italiano" , febbraio 2020, che contiene un animato dibattito tra Alexsander Dugin, il noto filosofo e politologo russo e Olavo De Carvalho, pensatore brasiliano ma residente negli Stati Uniti e considerato l'"intellettuale" di riferimento del politico brasiliano Jair Bolsonaro.
In sintesi, il primo, partito dalle posizioni del "nazional bolscevismo", si richiama alla missione tradizionale e spirituale della Russia, nel più ampio contesto euroasiatico, mentre il secondo è un acceso sostenitore della contrapposta missione "modernista" e "liberale" degli Stati Uniti e del mondo cosiddetto "occidentale".
Se, al posto di Dugin, vi fosse stato l'indimenticabile Alexsander Isaevic Solzhenicyn, non avrei avuto il minimo dubbio e mi sarei schierato con quest'ultimo; ma, con tutto il rispetto per Dugin, sono costretto a prendere le distanze anche da questo, sia pure in minor misura rispetto all'"americanista" De Carvalho.
Intanto, cos'è l'Occidente e cos'è più che l'Oriente, il mondo che è il punto di riferimento di Dugin, lasciando perdere i pensatori gnostici o ispirati all'"idealismo magico" come Guenon o Evola che non hanno nulla da spartire col cristianesimo che unisce Roma a Mosca ?
È dai tempi di Alessandro Magno che è sorta questa contrapposizione. Allora l'Occidente era la Grecia mentre l'Oriente era l'impero persiano.
Poi l'Occidente è nato come Sacro Romano Impero Germanico e in tale definizione vi sono tutti gli "ingredienti" dell'Occidente stesso a cui bisogna aggiungere la Grecia con il suo reggimento politico partecipativo e la sua filosofia.
L'Oriente è stato, sino alla tragica caduta di Costantinopoli, l'Impero romano d'Oriente, detto anche Impero bizantino.
Tutto cattolico un tempo, l'Occidente, "ortodosso" il secondo, scismatico rispetto alla Chiesa cattolica da cui lo ha diviso solo il primato di Pietro e il "filioque".
Caduta Costantinopoli, Mosca è diventata la "terza Roma". Dugin fa rientrare nel contesto euroasiatico anche l'Estremo Oriente, ma si tratta di un mondo immerso in quel caratteristico immanentismo e panteismo che permea le visioni religiose del Buddismo, dell'Induismo, del Taoismo e del Confucianesimo. La Russia no, perché è cristiana come l'Occidente sia pure con una spiritualita' diversa.
"Prima Roma", "Terza Roma". Sempre Roma, quindi. All'origine anche dell'Oriente che ci interessa, cioè della Russia, erede di Costantinopoli, c'è quindi Roma e, quindi, l'Occidente.
Dugin sbaglia nel non comprendere questa filiazione e, all'opposto, nel considerare filiazioni della civilta "cristiano-greco romano-germanica" quelle che sono invece le sue progressive e ingravescenti negazioni, come la Riforma protestante, intrisa di biblismo veterotestamentario, l'esoterismo e occultismo rinascimentale, la rivoluzione francese, la prima costruzione ideologico politica fondata sullo gnosticismo politico e la rivoluzione "russa che affonda le sue
radici nel messianismo giudaico post biblico del "rifiuto" del vero Messia (sull'indiscusso contributo ebraico alla Rivoluzione russa, sia nella prima fase che nell'"ottobre rosso", si veda l'intervento dello stesso De Carvalho nell'opera citata, a p. 198).
Con la Riforma protestante, specie nella sua componente calvinista, nasce il "finto" Occidente che, veicolato dai "germani del mare", gli anglosassoni, colonizzera' il Nord America e l'Oceania. L'altro, il vero Occidente, erede del Sacro Romano Impero germanico, combattera' contro gli esiti della Riforma e si appoggerà ad una quarta componente occidentale, l'Impero dove "non tramonta mai il sole", cioè quello di Spagna che colonizzera' il Sudamerica in particolare, combattera' vittoriosamente contro l'espansione islamica, ma soccombera' alla corona britannica nel 1588, di fronte alla Manica e poi agli Stati Uniti.
E questi, pur avendo accolto ondate di immigrati irlandesi, italiani, ispanici e polacchi, tutti cattolici, nascono calvinisti, in particolare puritani.
Prima di passare a De Carvalho, c'è un passaggio che occorre affrontare e cioè l'America Latina.
Che cosa ha fatto di questo continente una sorta di "Contro Occidente", la terra della guerriglia guevarista e castrista, di "Sendero lumimoso", la terra della "teologia della liberazione" o "del popolo", tanto che lo stesso Dugin sembra esaltarla, nella sua istintiva simpatia per tutto cio' che è antiamericano e antioccidentale ? Solzhenicyn non l'avrebbe fatto.
L'America latina pone un grosso problema e oggi, pur versando in una crisi paurosa, continua ad essere un mito rivoluzionario anche per l'aperta esaltazione che ne fa Papa Bergoglio. E il problema deriva dal fatto che si esalta superficialmente un mondo ponendo in ombra quello che era prima dell'evangelizzazione.
In Nordamerica il mito del "popolo eletto" aveva portato i puritani a fuggire dall'"Egitto" della chiesa anglicana e della monarchia britannica verso la "Terra promessa" di quello che si sarebbe chiamato Massachusetts per sottomettere i "nativi" equiparati ai cananei e fondarvi un dominio teocratico. Ciò si è verificato, mutatis mutandis, anche nel Sud America con la "teologia della liberazione" o, con un termine ancora più esplicito, con la "teologia del popolo", eredi della concezione messianica marxista, con le sue evidentissime radici ebraiche veterotestamentarie.
In che cosa il cattolicesimo diffuso dai conquistatori spagnoli si è trasformato venendo a contatto con i popoli vissuti nel contesto delle civilta' precolombiane ?
Non si puo', in altri termini, parlare del cattolicesimo dell'America Latina, ignorando la straordinaria, remota e misteriosa civilta' di Tiahuanaco nell'odierna Bolivia, gli Inca delle Ande, gli Aztechi e i Toltechi del Messico e i Maya del Centro America e in particolare del Chiapas (Palenque). Si tratta di un argomento che merita una sua trattazione anche perché il Sudamerica e la presidenza Bolsonaro sono l'espressione della penetrazione degli "evangelicals born again" nordamericani in un'area fino a poco tempo fa solo cattolica. Ed è questo il maggior pericolo che corre la fede cattolica in Sudamerica.
L'Occidente vero è rimasto ormai solo nella Chiesa cattolica che lo rappresenta sia pure in un contesto sociale ed ecclesiale largamente pervaso dalle celebrazioni liturgiche più o meno tese, non tanto con le formule ma con la gestualita" liturgica, di tipo "estatico carismatico", "agapico" , a sostituire il sacrificio con l'assemblea. Ma la Chiesa resiste, nonostante tutto.
Veniamo a De Carvalho che non è il "mitico" Otelo portoghese, trasformatosi in una notte da maggiore d'Artiglieria del regime fondato dal Prof. Antonio Oliveira Salazar in un "guerrigliero" "castro guevarista" a Lisbona, nell'estremo Occidente, non solo geografico ma anche culturale d'Europa, vicinissimo a Fatima e al suo santuario.
Olavo De Carvalho ha avuto un'esperienza culturale molto "tormentata". È stato addirittura astrologo, guenoniano, islamico, per poi approdare ad un deciso conservatorismo e anticomunismo ma di matrice "americanista" e ad una esaltazione, francamente sconcertante, del modello nordamericano.
Non che gli Stati Uniti non presentino aspetti positivi. Il manicheismo va sempre bandito. Ma è certo, tanto per cominciare, che essi siano sorti con una incancellabile impronta calvinista che li distacca anche dall'Inghilterra che è stata attraversata dalle legioni romane, è stata cattolica ed ha avuto il Medio Evo prima di staccarsi da Roma a causa di uno scisma basato solo su problematiche matrimoniali.
Gli Stati Uniti no. Sono nati calvinisti e si portano dietro un'oscura ostilita' verso l'Europa e la pretesa di essere la versione anglosassone del "popolo eletto", incapace di porsi in un rapporto di apertura e di fiducia verso il resto del mondo, considerato uno spazio da soggiogare ai propri modelli.
Quando li si conosce come mi è capitato di conoscerli, al di là della normale mescolanza di virtù e difetti che contraddistingue tutti i popoli, dimostrano invariabilmente una difficolta', se non una mancanza di volonta' di ascoltare le ragioni degli altri e tentare di capirli oltre a una proverbiale superficialita' che, in sinergia col difetto prima descritto, li rende mentalmente isolati rispetto agli altri popoli ma con pretese di fare loro la morale e di insegnare loro come debbano vivere e comportarsi. E, aggiungo, senza generalmente alcuna attitudine autocritica.
Il tutto poi in un contesto di "valori", fondato sul denaro, sulla modernita', sul ripudio di ogni tradizione.
Se gli americani riuscissero, non dico a colmare, ma almeno a contenere il gap che esiste tra il loro livello economico - militare e quello culturale, quanti benefici ne trarrebbe il mondo ? Ma, per ora, sembra non esservi neppure un tentativo in questo senso.
Con questo tipo di nazione guida, non ci si deve stupire se il mondo odi e disprezzi l'Occidente.
La Russia presenta il quadro di una nazione legata alla missione della Cristianita' orientale, una nazione restia a quello gnosticismo dei costumi e dei diritti che ha portato l'"Occidente" spurio a riconoscere il diritto di rimettere in discussione il piano della creazione, a riconoscere come diritto quello di essere ciò che si desidera essere, contro ogni dato creaturale poiché l'uomo non sceglie né di nascere, né le coordinate di tempo, di luogo e di sesso o, come si preferisce dire, di "genere" della nascita né il momento e il modo della morte.
Questo la Russia l'ha ben compreso, nonostante la tragica esperienza del comunismo. E anche la Russia come la Spagna ha conosciuto la sua Reconquista, nel suo caso, contro l'Islam mongolico, poi turchizzato, dell'"Orda d'Oro".
E poi la Russia è cristiana ortodossa e la Cristianità orientale ha pochissimi elementi di serio contrasto con la Chiesa cattolica, nonostante le incomprensioni e gli attriti conseguiti allo scisma e acuitisi in occasione dell'ultimo assedio e della caduta di Costantinopoli nel 1453, quando la città, bisogna riconoscerlo, fu lasciata sola dalla Cristianita'.
Che fare dunque ?
L'Italia fa parte di un'alleanza nata ai tempi della "guerra fredda" in cui il discrimine era facile da affrontare. Si trattava di essere nel mondo "libero" o nell'area dominata dal totalitarismo sovietico e cinese, a loro volta in reciproco conflitto perché la Cina non aveva accettato la destalinizzazione.
Oggi i tempi sono mutati in modo vistoso soprattutto perché non c'è più la Russia nata dal colpo di stato dell'ottobre 1917 ma c'è la Russia che ha ripreso i suoi colori tradizionali, ha condannato il massacro della famiglia imperiale da parte degli emissari di Lenin, Trotsky e Sverdlov, ha in pratica beatificato le vittime di quel delitto, ha riportato il culto religioso nella piena legittimita'. È un paese dove il ministro della difesa, all'inizio della tradizionale parata nella Piazza Rossa, si fa il segno di croce davanti alle autorita' e ai reparti militari schierati. Eppure questa Russia che ha abiurato il comunismo, è ancora nemica, forse oggi più che mai, dell'"elite" statunitense. C'è qualcosa che non torna.
L'Italia fa parte dell'alleanza atlantica e questo è fuori discussione.
Quello che può farsi e che può fare la Chiesa cattolica è privilegiare e rafforzare il dialogo e l'avvicinamento con le due chiese scismatiche che si sono separate da Roma.
In primo luogo con la Chiesa ortodossa con la quale i punti di divisione non sono tali da intaccare significativamente il Deposito della Fede e il dialogo, sempre più forte con essa, ci avvicinera' anche alla Russia e alla sua cultura.
L'altro referente dev'essere la Chiesa anglicana. Qui il discorso è un po' più complesso perché è vero che lo scisma fu determinato da ragjoni matrimoniali e che esso non intacco' il Deposito. Poi però la Chiesa anglicana cercò di "giustificare" ex post, sul piano teologico. lo scisma avvicinandosi alla Riforma.
Poi, pero', sotto l'azione di San John Henry Newman e del Movimento anglocattolico di Oxford, tipico della High Church (Chiesa Alta), quest'ultima si è avvicinata ormai con decisione alla Chiesa di Roma.
L'operazione proseguiva spedita ma si è apparentemente arrestata con le insolite dimissioni di Papa Benedetto XVI.
L'Occidente, o, per meglio dire, quello che rimane di esso, nel rispetto delle alleanze, dovra' però guardare verso la Chiesa ortodossa e quella anglicana con cui il dialogo ecumenico è nettamente meno difficile che con le chiese della Riforma protestante, derivate dal luteranesimo e dal calvinismo e che anzi, nella loro forma del "Risveglio" evangelico, appoggiato dagli Stati Uniti, stanno conquistando adepti in America Latina.
Queste sono le riflessioni che mi sento di fare in relazione al libro di cui ho parlato all'inizio.
Giuliano Mignini per Agenzia Stampa Italia