(ASI) Può una notizia trovare diffusione a distanza di diciassette giorni da quando si è configurato l’evento che l’ha determinata? Sì, a patto che si tratti di un incontro privato destinato, forse, a rimanere segreto per sempre! In altri casi, quando l’evento è di pubblico interesse e con tanti partecipanti, per di più noti come personaggi del mondo del calcio, sarebbe meglio darne comunicazione.
Se solo fosse stato iscritto all’ordine dei giornalisti, il mai dimenticato Girolamo Savonarola l’avrebbe definita eresia e chissà, anche in questo caso qualche potente stile Alessandro VI, meglio noto come Papa Borgia, l’avrebbe mandato al rogo insieme al suo tesserino. In Italia, Paese in cui la scimmietta che non vede, non sente e non parla è spesso in agguato, tutto è possibile. E così capita che una cena di auguri di Natale del 22 dicembre 1999 - che passerà alla storia come cena delle beffe e dell’ipocrisia - trovi spazio sui quotidiani nazionali solamente l’08 gennaio del 2000!
Ma dove sta la notizia? Caviale, champagne, e altre pietanze servite non sono di interesse per i lettori. Vero, aggiungeremmo noi, ma se a quella cena, alla quale hanno partecipato esponenti di spicco del mondo pallonaro, gli arbitri italiani avessero ricevuto doni da presidenti di serie A, allora si tratterebbe di notizia, e la stessa andrebbe riportata. Ancor più se Babbo Natale presentasse le fattezze di Franco Sensi, presidente della Roma, e tra i doni spiccassero Rolex d’oro ed altri oggetti di valore. Rigore, settimanale di calcio e cultura diretto da Gianfranco Teotino, giornalista tra i più preparati ed esperti del panorama italiano, non le manda a dire e pubblica tutto sulla prima pagina del primo numero del 14 gennaio 2000. Rolex d'oro - scriveva Rigore - per Bergamo e Pairetto, designatori degli arbitri, altri 37 in acciaio - prezzo variabile tra i tre milioni e mezzo e i sette, suggerirono i ben informati dell’epoca - per gli altri direttori di gara di A e B, e sciocchezzuole da 500.000 lire per i guardalinee.
Tutti sapevano! Rigore scrive che la notizia era nota - tra gli altri - anche a Sergio Gonella, all’epoca presidente dell’Associazione Italiana Arbitri (AIA), Luciano Nizzola, presidente della Figc, e Franco Carraro, presidente della Lega Nazionale Professionisti. Il terremoto genera, come riporta il settimanale, tardive, concordate e prontamente rifiutate dimissioni di Pairetto e Bergamo. Un’appendice della farsa. Pairetto, gradito in Figc, è amico personale di Moggi, a sua volta vicino a Nizzola. Un trio che Rigore definisce Made in Piemonte. Bergamo, invece, rappresenterebbe la prima scelta di Carraro, del suo vice Adriano Galliani ed è apprezzato da grandi club. Ma è bene conoscere a fondo i due designatori che, a quanto pare, non sono mai stati amici. Sempre Rigore - e chi sennò? - ancora sulla prima pagina del primo numero pubblica lo stralcio, con tanto di fotografia, di una lettera del 29 ottobre 1997 sottoscritta da tutti gli arbitri di A e B e dai guardalinee internazionali.
La missiva è indirizzata all’avvocato Luciano Nizzola, eletto presidente della Figc il 14 dicembre 1996. La richiesta dei fischietti cui la moda fashion avrebbe provveduto a colorare le divise, era inequivocabile: volevano tutti la testa di Paolo Bergamo, quello che “pago il fatto di essere ricco e comunista” ma che ha alle spalle situazioni sportive che fanno discutere opinionisti ed addetti ai lavori dell’epoca. L’uomo è infatti finito sotto la lente di ingrandimento per alcuni episodi che, definire dubbi, è un eufemismo. Rigore ricorda Milan-Napoli del 1979, Juve-Roma del 1981 con gol regolare annullato a Turone, Roma-Dundee del 1984 in cui Bergamo si improvvisa un Philip Marlowe nostrano con l’obiettivo di identificare in quel “Paolo da Milano” - l’uomo che avrebbe dovuto corrompere l’arbitro Vautrot - il suo rivale Casarin e, dulcis in fundo, Verona-Juventus del 1987 con gol di Sergio Brio prima annullato poi convalidato dopo “soli” due minuti. La lettera in questione al punto cinque riportava la richiesta di ritiro della tessera dell’Associazione a chi assumeva incarichi nelle società. Il primo firmatario fu nientemeno che Pierluigi Pairetto. La giacchetta di Nichelino contestava all’ex collega i due anni da dirigente a Livorno.
I due sono ai ferri corti e Rigore rammenta due episodi cruciali nell’aspra lotta: le diverse opinioni sul calcio di rigore assegnato dall’arbitro Rossi in Genoa-Savoia (campionato di serie B 99/2000 ndr) e la nomina di un arbitro internazionale al posto del dimissionario Boggi, che lascia con un anno di anticipo dopo aver diretto come ultima gara la sfida tra Bologna ed Inter, spareggio per accedere alla coppa Uefa. I candidati erano tre: Farina, ammirato da Gonnella, Tombolini, caldeggiato da Bergamo e De Santis, supportato da Pairetto. Vincono Pairetto e la sua corte composta da Ayroldi, Bazzoli, Bertini, Bolognino, Borriello, Cassarà, Farina, Gabriele, Paparesta, Pellegrino, Racalbuto, Rodomonti, Rosetti, Rossi, Saccani, Soffritti, Trentalange, Zaltron e lo stesso De Santis. A Bergamo e a chi gli è vicino - Tombolini, Treossi, Strazzera, Serena, Preschern, Pirrone, Pin, Guiducci, Nucini, Cesari, Castellani, Fausti, Bonfrisco, Branzoni- non resta che incassare la sconfitta. Rigore riporta dettagliatamente ogni cosa, e va identificandosi, settimana dopo settimana, come un periodico che racconta, canta e, soprattutto, non stona. Un canto dolce e soave per chi ama stare al sole, gracchiante per chi predilige l’ombra. Ebbene, Rigore che, numero dopo numero, racconta verità non sempre comode, avrà vita lunga? Lo scopriremo nelle prossime puntate. Ogni cosa a suo tempo.
Raffaele Garinella - Agenzia Stampa Italia