Il danno non patrimoniale delle “vittime secondarie”: il danno da perdita del rapporto parentale.

(ASI) Abbiamo visto come la morte di una persona causata dalla condotta illecita di terzi, comporti una serie di problematiche di ordine giuridico, segnatamente in tema di danni  risarcibili e dei soggetti legittimati ad agire in giudizio  per conseguirne il ristoro, atteso che viene a configurarsi il “ cd. danno da perdita del rapporto parentale”.

 La giurisprudenza di merito e di legittimità ha sempre rimarcato come il diritto dei congiunti a non veder violato il proprio rapporto affettivo e di vita comune con la vittima primaria sia da collocarsi tra quei diritti fondamentali che la Costituzione inequivocabilmente garantisce ad ogni individuo (Cass. Civ. Sez III, 3 febbraio 2011 n. 2557 in Danno e Resp- 2011, che ebbe modo di precisare che “ tra i fondamentali diritti della persona tutelati dalla nostra Costituzione vi è  lo status familiare, che può definirsi una qualità giuridica permanente, che si acquista anche indipendentemente dalla propria volontà e dalla quale derivano, come conseguenze , diritti soggettivi e anche doveri”).

La tutela accordata dalla Costituzione alle relazioni affettive, che uniscono i componenti della famiglia intesa in senso allargato, quale ambito sociale in cui gli individui vivono sentimenti di affezione e di reciproca solidarietà morale, legittima  quindi l’azione risarcitoria dei congiunti della  vittima principale, sia questa deceduta oppure rimasta menomata a cagione dell’illecito.

Le storiche sentenze della Cassazione del 2003 hanno confermato appieno questo inquadramento: “l’interesse …è quello alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2,29, 30 della Cost”.

In seguito questi fondamenti costituzionali sono stati constantemente richiamati e precisati dalle nostre Corti che hanno affermato che: “ il danno dei congiunti interessa la lesione di due beni della integrità familiare, inscindibilmente collegati: a) il bene della integrità familiare, con riferimento alla vita quotidiana della vittima con i suoi famigliari, in relazione all’art 2, 3, 29, 31 e 36 della Costituzione; b) il bene della solidarietà familiare, sia in relazione  alla vita matrimoniale che in relazione ai rapporti parentali, e ciò in relazione agli artt. 2, 3,  29 e 30 della Costituzione” (Cass. Civ. sez. III, 12 luglio 2006 n. 15760).

Non va disatteso inoltre, che anche l’art 8 comma 1 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali impone di condividere il principio per cui i terzi sono tenuti a rispettare la formazione sociale familiare (Così anche la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, entrata in vigore il 1 novembre 2009, contiene diverse disposizioni preordinate alla protezione del bene famiglia).

In tale prospettiva, il danno da perdita del rapporto parentale viene a configurarsi come un danno di natura non patrimoniale che si caratterizza per il fatto che un soggetto subisce una lesione della propria sfera giuridica, in conseguenza dell’attività illecita posta in essere da un terzo ai danni di altra persona legata alla prima  da un rapporto di natura familiare e/o affettiva.

Tale danno viene  pregevolmente definito dalla Suprema Corte di Cassazione  come “ quel danno che va al di là  del crudo dolore che la morte in sé di una persona cara, tanto più  se preceduta da agonia, provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito  dal non poter più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell’irrimediabile distruzione di un sistema basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra moglie  e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare  ciò che per anni  si è fatto, nonché  nell’alterazione  che una scomparsa  del genere  inevitabilmente produce nella relazione tra i superstiti” ( Cass  Civ. sez III n. 10107 del 9 maggio 2011).

Ciò detto, è evidente che nel caso di perdita di una persona cara i fondamenti costituzionali della legittimazione attiva dei congiunti all’azione risarcitoria appaiono del tutto pacifici.

Sono, pertanto, sicuramente legittimati all’azione risarcitoria iure proprio per la perdita del congiunto i seguenti familiari: coniuge, figli, genitori, fratelli e sorelle, e quindi tutti i componenti della famiglia  cosiddetta “nucleare”.

Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia

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