(ASI) Roma - Il 24 febbraio é stato il 1629esimo anniversario dello spegnimento del Fuoco Sacro che  ardeva nell'antichissimo tempio della Dėa Vesta nel Foro di Roma da oltre mille anni, a protezione stessa della  "Città Eterna" e dello Stato Romano, la cosiddetta Res Publica.

Automaticamente, i decreti dell'Imperatore Teodosio che vietavano ogni culto della religione tradizionale romana che erano stati fino a quel momento il fondamento ideologico, dalla nascita fino all'ascesa e all'affermazione, del potere della Res Publica romana e del suo impero, sancirono lo scioglimento dell'Ordine delle Sacerdotesse Vestali che era stato fondato dal Re Numa Pompilio (713-670 a.e.c.).

La decisione di Teodosio di andare non solo in controtendenza, ma addirittura di tagliare i legami con la religione e l'ideologia fondante il potere imperiale stesso fino a quel momento, è legata alla sudditanza intellettuale e morale che l'imperatore ha nei confronti del vescovo di Milano Ambrogio, e segna il definitivo strappo fra l'equilibrio politico - religioso della "Pax Deorum" romana, rafforzando il processo di accentramento dispotico del potere nel Dominato affermatosi sempre più dopo l'anarchia militare del III secolo e che nel IV secolo aveva sempre più allontanato la società civile dalle istituzioni imperiali, a tal punto che i Romani si sentivano sempre più sudditi e sempre meno cittadini. 

Le sacerdotesse vestali che facevano solenne voto di castità trentennale dopo il quale potevano prendere marito, erano scelte tra 4 e 6 a seconda dell'epoca dal Pontefice Massimo (durante il Principato e il Dominato dall'imperatore stesso), tra le bambine fra i 6 ed i 10 anni, col compito di mantenere il Fuoco Sacro di Vesta perennemente acceso. Esse godevano di alcuni privilegi rispetto alle altre donne romane, come ad esempio quelli di affrancarsi dalla patria potestà, di fare testamento e di testimoniare in giudizio senza giuramento. Erano ben riconoscibili in virtù della loro lunga veste candida di lino, il capo coperto, una benda che fermava i capelli e un fazzoletto intorno alla gola.

Le Vestali oltre a custodire il Fuoco Sacro, custodivano il Palladio, uno dei "Pignora Imperii", gli oggetti sacri a cui era legata l'invincibilità di Roma.

Il Palladio era con molta probabilità, una riproduzione di Minerva (Pallade) che cadde dal cielo ai tempi del fondatore di Troia Ilo, antenato dell'ultimo sovrano troiano Priamo. Secondo l’oracolo di Apollo la città che lo possedeva sarebbe rimasta inespugnabile e invincibile  finché il Palladio fosse restato entro le sue mura. Sarebbe stato portato nel Lazio da Enea e successivamente trasferito da Numa Pompilio nel tempio di Vesta dove era sorvegliato dalle  vergini Vestali che dovevano mantenere sempre acceso il fuoco sacro. Il Palladio poteva essere visto e riconosciuto solo dalla Vestale Massima che sapeva riconoscere l'originale fra le copie che c'erano nel recinto del tempio di Vesta. Mistero sulle sorti del Palladio. C'è chi dice che venne fatto sparire dall'ultima gran Vestale Cecilia Concordia per non farlo trafugare o distruggere dai Cristiani.

Tornando al nostro discorso originario, c'ė da dire che il collegio sacerdotale delle Vestali era presieduto dalla Virgo Vestali Maxima, di cui l'ultima fu Coelia Concordia che assistette allo spegnimento del fuoco sacro e alla profanazione della statua di Rea Silvia, madre di Romolo e Remo, nati dalla sua unione con il Dio Marte.

A tal proposito, lo storico ottocentesco tedesco Ferdinand Gregorovius,  riprendendo la "Storia Nuova" del bizantino Zosimo, scrive: 

"I cristiani di Roma trionfavano. La loro tracotanza arrivò al punto, lamenta Zosimo, che Serena (figlia del fratello di Teodosio e da lui adottata n.d.r.), sposa di Stilicone (generale di origine vandala, supremo capo dell'esercito romano d'Occidente, col grado di Magister Militum Praesentalis), entrata nel tempio di Rea, prese dal collo della Dèa la preziosa collana e se la cinse. Assistendo a questa profanazione, l'ultima vestale versò lacrime disperate e lanciò su Serena e su tutta la sua discendenza una maledizione che non andò perduta".

La radicale decisione di Teodosio di andare non solo in controtendenza, ma addirittura di tagliare i legami con la religione e l'ideologia fondante il potere imperiale stesso fino a quel momento, è legata alla sottomissione intellettuale che l'imperatore ha verso il Vescovo di Milano Ambrogio, segnando il definitivo strappo fra l'equilibrio politico - religioso della "Pax Deorum" romana, rafforzando il processo di accentramento dispotico del potere nel Dominato affermatosi sempre più dopo l'anarchia militare del III secolo e che nel IV secolo aveva sempre più allontanato la società civile dalle istituzioni imperiali, a tal punto che i Romani si sentivano sempre più sudditi e sempre meno cittadini.

Questa manovra che nel pensiero di Teodosio sarebbe servita per rafforzare soprattutto la coesione interna mettendo un po' di ordine alla miriade di culti che c'erano nell'Impero Romano e la fedeltà dell'esercito all'imperatore in un momento in cui i barbari premevano sui confini,  se da una parte farà sopravvivere la parte orientale dell'Impero per oltre mille anni, contribuirà in modo determinante alla caduta in pochi decenni dell'Occidente romano e nell'arco di tre secoli all'esaurimento del ruolo di potenza universale dell'impero che a partire dall'VII - VIII secolo comincerà a perdere man mano la supremazia nel Mediterraneo, a favore dei califfati islamici, in quanto la cristianizzazione forzosa, rappresenta la fine della tipica tolleranza religiosa dell'Impero Romano che col suo "phanteon" degli Dėi aveva sempre assimilato nuovi culti delle popolazioni che vivevano nei territori Imperiali. 

Proprio per l'alto valore simbolico che viene dato al gesto dello spegnimento del Fuoco Sacro di Vesta e per le conseguenze che hanno portato i decreti religiosi di Teodosio nella storia del Mediterraneo e dell'Europa fino ai giorni d'oggi, divisi da lotte religiose, il 24 febbraio viene considerato il giorno della memoria per i seguaci delle religioni tradizionali precristiane.

Mai come quest'anno ė significativo  ricordare questo avvenimento, considerata anche la suggestiva recente scoperta di un Cenotafio di Romolo durante i lavori di rifacimento del Comizio e della Curia Julia.

Tra l'altro, da più parti sui social, proprio in questi giorni, sono giunte proposte per chiedere di poter riaccendere anche simbolicamente, magari in concomitanza di questa ricorrenza o di altra importante, il fuoco sacro della Dea Vesta. Sicuramente, la proposta sarebbe accolta con entusiasmo sia dai gruppi dei seguaci della "Prisca Religio", sia dai gruppi di rievocazione storica. 

Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia

 

 

 

Nelle foto la fila delle statue delle vestali attualmente presenti nei Foro Domani adiacente al Tempio di Vesta.

 

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