(ASI) - La Redazione Scientifica della rivista Web “Ridare” segnala un’interessante sentenza del Tribunale di Trieste, che si pronuncia in qualità di giudice di appello nei confronti di una sentenza del Giudice di Pace.
I fatti originano dall’investimento di una signora, che veniva attinta da una vettura mentre tentava di salire sull’autobus desiderato. I convenuti citati in giudizio resistono, contestando le richieste della malcapitata, che asseriva aver subito danni per € 5.020.
Il Giudice di Pace invocato rigetta le aspirazioni della signora, dando ragione al conducente, al proprietario e all’assicurazione.
La danneggiata propone appello e, in parziale riforma della precedente decisione, il Tribunale di Trieste le assegna l’80% di responsabilità e provvede a riconoscerle un misero 20% di ragione.
Ma veniamo alle considerazioni svolte e poste a base delle decisioni delle due Curie.
La norma di riferimento viene indicata dai giudicanti come l’art. 2054 del codice civile, il quale detta le indicazioni per assegnare le responsabilità agli attori del sinistro. Il suddetto precetto recita testualmente: “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”.
Orbene, per consolidata giurisprudenza di merito e legittimità, sfociata nelle famose sentenze della Cassazione, la numero 12751 del 2001 e la 14064 del 2010, il conducente, per liberarsi dai suoi obblighi, deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno anche in modo non diretto, ma servendosi di ogni elemento idoneo a dimostrare che, nel caso concreto, non avrebbe potuto mettere in atto alcun comportamento, a causa di eventi esterni alla sua volontà ed alla sua condotta, tra cui, vanno ricompresi, anche i comportamenti repentini, improvvisi, contra legem dello stesso pedone.
Quest’ultimo, infatti, dopo l’entrata in vigore del "Nuovo codice della strada", decreto legisl. 30 aprile 1992 n. 285 e successive modificazioni, ha perso quella precedenza assoluta che aveva nel passato, per vedersi regolamentato il suo diritto, all’interno di un preciso àmbito normativo.
L’art. 190 del Codice della Strada precisa che i pedoni debbano servirsi degli appositi passaggi pedonali, dei sottopassaggi e dei sovrapassaggi. Al di fuori di queste strutture dedicate sono obbligati a concedere la dovuta precedenza ai veicoli circolanti.
Questa norma va coordinata con la successiva, l’art. 191 del Codice della Strada, questa volta rivolta ai conducenti, che devono dare la precedenza ai pedoni sulle strisce e prestare la massima cautela nei confronti delle persone che camminino in prossimità delle zebre, in quanto potrebbero attraversare.
Il Tribunale di Trieste, contemperando le due diverse impostazioni e i due diversi punti di vista, sottolinea tutti i casi in cui il conducente si libera della responsabilità per il danno.
In particolare quando il conducente per cause che esulino dall’osservanza della diligenza si sia venuto a trovare nell’impossibilità di poter vedere il pedone, per i motivi più diversi, come ostacoli sulla carreggiata o come la posizione colposa del pedone nascosto dietro alberi o caseggiati o quando il pedone si sia mosso in modo talmente rapido ed abbia intrapreso l’attraversamento in modo così repentino, da non consentire manovre evasive alla vettura.
Il Giudicante prende anche in considerazione il caso in cui nessuna infrazione possa essere addebitata al conducente mentre non si possa dire la stessa cosa del pedone, che avrebbe violato norme del codice della strada (come nel caso in cui marciasse lungo la carreggiata nel senso di marcia dei veicoli).
Nel processo in oggetto la Curia svolge proprio questo tipo di ragionamento e dopo un’analisi del comportamento della persona a piedi, giunge ad attribuirle l’80% della colpa, in quanto, distratta dall’uso del telefono, correndo, metteva in atto un attraversamento senza controllare l’eventuale sopraggiungere di veicoli.
Da non sottacere l’attribuzione della responsabilità parziale al conducente del veicolo, per una quota corrispondente al 20%, in quanto, dall’istruttoria, era emerso chiaramente che il pilota del veicolo aveva visto la signora correre lungo il marciapiede inseguendo il pulman in sua attesa e che, per le caratteristiche della strada e per la presenza della fermata dell’autobus, avrebbe potuto aspettarsi uno scomposto e repentino attraversamento, non classificabile, proprio per le caratteristiche di luogo e di tempo, come “imprevedibile”.
In conclusione, oltre a segnalare con il cellulare abbia mietuto un’altra vittima, la sentenza in oggetto può costituire un monito importante per le categorie dei conducenti e dei pedoni.
Ai primi segnala che il Codice della Strada li richiama ad un’attenta previsione dei comportamenti prevedibili di chi transita a piedi nei pressi della carreggiata, mentre ai pedoni richiama la riforma del 1992, ricordando che, nell’attraversare fuori dalle strisce, hanno perso il diritto di precedenza.
Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia