(ASI) In un’ America che musicalmente continua a mostrare grande creatività ( proprio in questi giorni escono gli ultimi dischi di due “mostri sacri” come Bruce Springsteen , “Western stars”, centrato su atmofere e temi storici della Frontiera,  e Madonna, “Madame X” , 15  brani per oltre un’ora di musica), rilevante, però, risulta il contributo anche di vari artisti italiani operanti negli States.

A Los Angeles, anzi (dove la cultura musicale si sta sviluppando in piu’ direzioni, come è logico in una città avente il suo punto di forza soprattutto nell’industria dell’audiovisivo), negli ultimi tempi varie personalità nostrane stanno contribuendo alla rinascita della comunità italiana, non solo sul piano della musica. Una di queste è il romano Massimo Litterio Maggiore: partito pochi anni fa   per gli States, in possesso d’una laurea in Ingegneria gestionale a Tor Vergata e d’una decennale esperienza nell’undeground italiano, e che ora sta facendo emergere il suo nome nell’ambiente losangelino, sia come ingegnere del suono che, propriamente, come musicista. 

D. Cosa ha significato, per te, lasciare un ambiente come quello romano per trasferirti nel contesto degli USA, dove un po’ tutto è diverso dall’ Europa, a partire anzitutto dalle enormi dimensioni del mercato?

R. - Non e’ stato facile, ma mi piace mettermi in gioco e affrontare nuove sfide. Essendo Los Angeles centro dell’industria musicale, vi sono molte possibilità’ di lavoro, ma anche molta concorrenza. Io personalmente ho sempre ascoltato musica americana e inglese, certo, ma sicuramente trovarsi qui è tutta un’altra cosa.

 

D. Qui in Italia, a parte alcune testate molto specialistiche, l’informazione sulle principali tendenze del panorama musicale americano oggi è abbastanza carente. Cosa puoi dirci in proposito?

R. - Sicuramente Hip-Pop, Rap Pop e EDM dominano la scena e i mercati; ma non mancano realtà’ interessanti in ogni genere musicale, che, pur non producendo “numeri” da mainstream, permettono al movimento culturale di sopravvivere.

 

D. In questi 3 anni, da quando sei negli USA, tu hai già realizzato vari progetti musicali, collaborando, ad esempio, con la cantante Kendall Rucks e la band “Zodiac mafia”.  Qual è la tua prossima fatica?

R.  Sta per uscire proprio il primo singolo di Kendall con relativo video. L’album sta finendo di essere missato e sarà presto disponibile; a metà luglio uscirà il primo singolo. A questo EP io partecipo sia come chitarrista che come compositore e arrangiatore. Interessante è il sound del progetto, che svaria nel pop, ma con influenze anche rock, blues e neosoul. Abbiamo inoltre in programma un tour dei college della West coast, a fine estate.

 

D, Come ingegnere del suono, invece, tu hai partecipato alla registrazione di produzioni di successo come gli ultimi album di Walter Trout e John Mayall, seguendo poi vari artisti emergenti. Che cosa hai imparato da queste collaborazioni?

R.. Sono state esperienze incredibili, perché anzitutto ho avuto modo di conoscere il lato umano di artisti che fino a poco tempo fa potevo solo ammirare su CD o Youtube. Ma non solo questo: sono sessioni in cui hai sempre da imparare. Aver modo di lavorare con musicisti e un team di produzione di tale esperienza mi ha fatto crescere tantissimo dal punto di vista tecnico, teorico e pratico.

 

D. E sempre come ingegnere del suono, cosa stai realizzando ultimamente?

R. Al momento, sto registrando e producendo Mash, un artista country pop; ed e’ uscito poco fa l’album “Here we go”, di Sooraj Bishnoi (artista emergente indiano con molteplici influenze, vale veramente la pena ascoltarlo), per il quale ho avuto l’onore di essere l’ingegnere del suono. Infine sto scrivendo con un gruppo Rock come cantante e chitarrista, collaboro con un’altra artista country, giovane emergente, Kylee Stone,di cui sto anche producendo i primi singoli; e sto realizzando una libreria musicale per TV e cinema.

 

D. E quali saranno i tuoi prossimi spettacoli dal vivo?

R. Con Kendall Rucks abbiamo da poco suonato, a maggio, al “Viper Room”, celebre locale sul Sunset Strip di West Hollywood; e contiamo di fare qualche altra serata prima del tour, che dovrebbe partire in tarda estate/autunno, in seguito all’uscita dell’album cui accennavo prima. A metà giugno conto di rientrare in Italia, dove probabilmente mi fermerò’ per un mese: dovrei avere anche un paio di date a Roma, in collaborazione con un’altra band. Con l’altro complesso “Vicious Rooster”, infine, stiamo scrivendo nuova musica e preparando un nuovo set live: che ha avuto però un po di ritardi, in quanto il bassista s’e’ trasferito ad Istanbul.

 

D.  Quest’anno, infine, ricorrono i 50 anni non solo dello sbarco sulla Luna, ma anche del grande concerto di Woodstock: la storica “Tre giorni di pace, amore e musica” che dal 15 al 18 agosto 1969, in piena guerra del Vietnam, con la partecipazione di “mostri sacri” come Joan Baez, i Santana, Janis Joplin, Jimi Hendrix, dimostrò al mondo l’esistenza di una cultura, pur minoritaria, americana contro la guerra e per la libertà’ d’ espressione. Cosa rimane, di quell’ esperienza, nella cultura musicale (e non solo) americana di oggi?

”R. Certo e’ stato un passaggio e un momento storico da ricordare, ma che nella cultura moderna  (soprattutto, dell’intrattenimento), che si reinventa periodicamente diciamo ogni 5 anni, non può’ che essere un semplice ricordo. Ci sarà’ comunque, entro l’anno, un concerto celebrativo di Woodstock in memoria dei 50 anni (come, del resto, ce ne sono stati in memoria di altri concerti degli anni passati, anche se non cosi fortunati). Ma nel mondo culturale di oggi, dove tutto si muove cosi rapidamente, e di culture e tradizioni musicali ce ne sono ormai miriadi, qualche nostalgico (di musica o tradizione), qualche appassionato o qualche persona che per vari motivi ne ha ricordi diretti c’è ancora. Quello di Woodstock è  stato un momento fondamentale della storia musicale americana, che ha prodotto molte sperimentazioni musicali e artistiche, e ha lasciato un segno importante. 

 

Fabrizio Federici per Agenzia Stampa Italia

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