Stop ai paragoni col nazismo. Come rendere i populisti di destra involontariamente forti

Hirschi(ASI) St. Gallen (Svizzera) - Storicamente senza precedenti, la storia vince di misura. L’elezione di Donald Trump ha ispirato pensieri riguardanti diverse analogie storiche; tuttavia, si è usato il passato solamente per poche analisi approfondite, invece di utilizzarla come un’arma vera e propria per la polemica politica. Di conseguenza, un’ansiosa analogia oggi è particolarmente diffusa: il paragone col nazismo.

Solamente dopo un giorno dall’elezione del Presidente americano, l’ultima delle avventure che ha lanciato Trump, si è parlato di un qualcosa che non ha nulla a che vedere con l’averci portato alla fine della Repubblica di Weimar e all’inizio del “Terzo Reich”. I giornalisti paragonano gli sproloqui di Trump contro i “fake media” con l’eliminazione della stampa, lo stop politico di ingresso nel Paese da 7 paesi musulmani con la persecuzione del popolo ebraico, e addirittura gli storici stilano parallelismi tra la normalizzazione di Trump odierna e la minimizzazione di Hitler nel 1939.

L’analogia di Washington con Weimar nei media mainstream occidentali ha avuto poco contraddittorio, molto diversamente da quanto accaduto con i paragoni effettuati da Recep Erdogan tra tedeschi e olandesi col regime nazista. Tenuto conto dell’assurdità delle affermazioni di Erdogan, ci si può domandare quale giustificazione di fatto e quale uso politico dei paragoni con il nazismo, nel caso di Trump, siano in essere.

 

Scenari per la democrazia

Cominciamo con la giustificazione di fatto: non funziona a lungo, come la storia ci mostra, il voler considerare gli eventi del 1933 e di oggi senza i loro rispettivi antecedenti. In questo modo, si può nascondere che la Repubblica di Weimar non aveva che 15 anni e che la democrazia parlamentare per tutto il periodo della sua esistenza, è stata respinta da un grande cerchia, ben oltre quella nazista, estesa anche ad una parte della politica, intellettuali ed elite finanziaria, e che in essa cominciò a dominare una generazione di uomini che erano passati attraverso l’esperienza di una guerra perduta, brutalmente e totalmente radicalizzati.

Se si vede l’America di oggi in una situazione analoga a quella della Germania del 1933, allora si dovrebbe dipingere lo scenario futuro in modo così orribile, così come lo è stato quello passato: la democrazia americana nacque solamente nel 2002 come conseguenza dell’uscita da un conflitto, e sinora l’avrebbero abolita immediatamente innumerevoli: politici e giudici, professori e giornalisti, perché nei loro occhi avrebbe preso forma una rappresentazione inadatta del corpo politico americano. Se questo irrealistico scenario del passato fosse plausibile per la più antica democrazia del mondo, allora anche quello del futuro non sarebbe così lontano. Non ci sarebbero procedimenti plausibili del presidente americano volti ad eliminare le istituzioni della separazione dei poteri e lo Stato di diritto, e poi non si capirebbe come i vertici di queste istituzioni avrebbero continuato a svolgere le loro funzioni democratiche, senza aver opposto la benché minima resistenza.

 

Trump – futuro assassino di massa?

Ancora più problematico è il paragone a livello individuale: tra tutte le mostruosità che Trump ha fornito di sé prima e dopo le elezioni, non si riesce a trovare alcuna dichiarazione che assomigli alle rudimentali dichiarazioni pubbliche di Hitler sugli ebrei prima della sua nomina a Cancelliere del Reich nel 1933. Hitler aveva già disposto dal 1919 come "ultima meta" del suo antisemitismo "la distruzione degli ebrei" e un anno più tardi aveva invitato i nazionalsocialisti circa la politica ebraica "ad affrontare con determinazione implacabile il male alla radice e sradicare con la calza il supporto". Alcuni dei suoi seguaci più stretti negli anni furono ancora più concreti, cosicché l'inizio della persecuzione antiebraica non comparve certo di punto in bianco. Chi vede in Trump il ritorno di Hitler, in virtù delle sue uscite contro neri e messicani oppure per i suoi proclami che costringono i migranti illegali al rimpatrio oppure gli immigrati islamici al respingimento, mente in maniera razzista, sciovinista e notoriamente errata. Anche i populisti dovrebbero pregiudicare le cose che sono già annunciate. Trump è un politico pericoloso, ma futuro assassino di massa nei suoi 70 anni di vita non lo è mai stato.

 

Sacrificarsi per i criminali

Se il confronto tra Weimar e Washington è fatto con piedi materialmente d'argilla, almeno da un punto di vista politico è efficace? Costringe per forza i populisti di destra a distanziarsi dai neonazisti. Ciò tuttavia non li rende più deboli. Per i cittadini frustrati la sinistra del bordo destro è più facilmente individuabile. Allo stesso tempo, contro i paragoni ai neonazisti, i populisti offrono l'opportunità di presentarsi come vittime di diffamazione oppure a loro volta, di operare con slogan nazisti - come ha fatto Trump, il quale twittò dopo il presunto hackeraggio dei servizi circa interessi con Mosca, chiedendo: "Viviamo forse nella Germania nazista?".

La reazione di Trump corrisponde alla strategia di comunicazione populista, fatta di trasgressioni verbali tese a far polemica, e su queste usando il registro della loro lingua e dei loro argomenti, replicare nuovamente. In questo modo l'avversario, che opera indignandosi moralmente, può scendere facilmente al suo livello. La strategia funziona bene con la stigmatizzazione del nazista e altrettanto con gli slogan delle Fake - News, tant'è che Trump ha trasformato da battaglia contro i siti di populisti di destra in un fumogeno contro i "Media mainstream", per livellare la differenza tra un "New York Times" e un "Breitbart News". Il paragone con nazismo è una componente di una spirale di polarizzazione, nel corso della quale l'indignazione per le intemperanze verbali sposta rapidamente il dibattito rapidamente sulle decisioni politiche.

Questo sviluppo ha tutto il sapore del populismo di destra. L'indignazione, per loro è ricerca dell'applauso, cercano, passando da un processo di negoziazione democratica ad una cultura dell'intransigenza. Se difendiamo una cultura di pluralismo democratico, dobbiamo combattere i populisti di destra, che non si rivolgeranno nei nostri confronti in maniera pacata. Al contempo dobbiamo stare attenti nel parlare delle istituzioni statali proiettandole in scenari futuri con leggerezza, vinti fa false analogie storiche. Se prendiamo per vero che il Presidente Trump sia riuscito a scardinare in un paio di notti con un'azione nebulosa la più antica, forte e stabile democrazia mondiale, allora nutriamo per i populisti di destra qualcosa di più di un amore: ci lasciamo trasportare da una sfiducia totale sul funzionamento e guida dello stato di diritto democratico.

Quale storia è rilevante

 

Ci sono altre analogie storiche, che possano chiarire ancor meglio l'ascesa del populismo di destra? Ce ne sarebbero altre, e sarebbe un bello sforzo, dal tramonto della Repubblica Romana alla vigilia della prima Guerra Mondiale. Tuttavia, nessuna analogia ha il potere esplicativo di un confronto con ogni passato che oggi il populista propone. Possiamo asciugare la palude che fiorisce attorno ai populisti di destra, solamente quando la smettiamo di demonizzare i protagonisti e invece partecipiamo al dibattito nei problemi, limitando così la loro ascesa. Questo dovrebbe essere il punto di partenza.

Caspar Hirschi - Professore di Storia all'Università di St. Gallen

Neue Zürcher Zeitung - 12 Aprile 2017

Traduzione di Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia

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