(ASI) Prima parte dell’intervista esclusiva concessa dall’Onorevole Massimo D’Alema ad Agenzia Stampa Italia su legge elettorale, riforma della costituzione e referendum. Le ragioni del “no” dell’ex premier e le proposte alternative a quelle che saranno oggetto del prossimo referendum.                  

-Presidente D’Alema, lei ha dichiarato in tempi non sospetti che voterà “no” alla riforma costituzionale. Però su alcuni punti di merito del referendum costituzionale, come la riduzione dei parlamentari e l’abolizione del senato, lei non è pregiudizialmente contrario. Come motiva il suo “no”?

Io sono favorevole alla riduzione del numero dei parlamentari e anche al superamento del bicameralismo perfetto. Purtroppo questa riforma lo fa nel peggior modo possibile. Il bicameralismo perfetto resta. Viene reso molto più complicato di prima. Le procedure per l’approvazione delle leggi divengono molto più complicate. Si appesantisce il meccanismo anziché renderlo più agevole. Si crea un senato che non si capisce bene come potrà funzionare, in quanto composto da sindaci e consiglieri regionali i quali hanno un altro lavoro da svolgere nella vita. Non si capisce quindi come potranno fare le leggi, ne in quali tempi. Insomma io credo che purtroppo questa riforma sia un occasione mancata rispetto a questi obbiettivi, tant’è vero che io ritengo si possa fare una riforma in tre articoli, che, oltretutto, avrebbe un largo consenso generale, anziché suscitare tante polemiche e dividere il paese. Il primo articolo dice che si riducono il numero dei parlamentari, sia deputati che senatori, visto che non si capisce perché vanno ridotti solo i senatori e non i deputati. Il secondo articolo stabilisce che il voto lo da soltanto la camera e non il senato. Con il terzo articolo si stabilisce che le leggi di cui si occupa anche il senato, sono secondo me tutte salvo le leggi finanziarie che comportano un rapporto di fiducia con il governo. In mancanza di consenso, anziché fare la navetta, avanti e indietro, ci può essere un comitato di conciliazione tra le due camere. Si tratta del modello americano, non di un invenzione particolarmente stravagante. A quel punto si crea un testo unitario che sarà sottoposto all’approvazione delle due camere. Tutto questo si potrebbe ottenere con tre articoli semplici anziché un enorme pasticcio. Questa riforma è un “libricino alto cosi” che nessun italiano leggerà. Con tre semplici articoli si potrebbe ottenere un risultato positivo che tutti condividono togliendo di messo tutte le porcherie ed i pasticci che questa riforma invece contiene e che sono tantissimi. Per esempio io ritengo sbagliato togliere alle regioni tutti i poteri per concentrarli tutti nelle mani di un governo, che poi significa nelle mani di un uomo. Per come poi è concepita la legge elettorale, tutto questo marchingegno mette tutto il potere nelle mani di una persona sola senza alcun adeguato contrappeso e controllo.

-Il Premier Renzi ha dichiarato pochi giorni fa che ha sbagliato a personalizzare sul referendum. Che il “padre” del referendum è Giorgio Napolitano. Come leggere questa dichiarazione. Si tratta di generosità politica nei confronti del presidente emerito? O un tentativo di disgiungere le proprie sorti da quelle dell’esito del referendum?

Intanto non vedo cose ci sia di generoso nel tirare in mezzo Napolitano se non un tentativo di coprirsi. Mi pare che Renzi, forse preoccupato per le reazioni suscitate dalle sue esternazioni, cerca in qualche modo di coprire le sue responsabilità chiamando in causa il presidente Giorgio Napolitano. Non mi pare un atto di generosità. Non ne ha bisogno. Mi pare un atto di generosità che Renzi compie verso se stesso, come Renzi compie in generale. Cerca cioè di coprirsi con il nome di Napolitano. Tuttavia Renzi ha continuato a dare un intonazione polemica e demagogica a tutta la sua campagna. E quindi in realtà, se dice che da una parte non si deve personalizzare, continua a personalizzare nel modo più assoluto. Devo dire anche con una polemica molto sgradevole all’interno del suo stesso partito.

L’altro nodo del problema è la legge elettorale. Lei ha definito l’Italicum “incostituzionale”. Non vede però il rischio che, qualora l’italicum vinca, si possano rimettere in gioco partiti e forze politiche che avrebbero un potere quasi determinante nel condizionare governi e maggioranze ed esiti di legislatura come avvenuto nella seconda repubblica. In altre parole, la governabilità, come si può conciliare meglio con la rappresentatività di quanto faccia l’italicum?

Guardi sull’italicum c’è un ricorso in atto alla corte costituzionale che dirà la sua in materia di costituzionalità. Quindi io ho espresso un parere. Evidentemente questa tesi è una tesi diffusa, tant’è che anche altri cittadini hanno fatto ricorso alla corte costituzionale e quest’ultima si pronuncerà sull’argomento. Vedremo come si pronuncerà. Io sinceramente credo che la governabilità di un paese, cioè la sua stabilità, non dipenda dalle leggi elettorali. Mi sembra un discorso molto superficiale e tra l’altro privo di qualsiasi riscontro reale. Ad esempio il primo ministro inglese si è dimesso. Nel Regno Unito c’è il sistema maggioritario più feroce del mondo. In Germania c’è il proporzionale e non c’è mi stata una crisi di governo. Trovo che tutto questo dibattito italiano sia un dibattito ignorante. Si tratta di un dibattito che muove da una scarsa conoscenza della realtà. Gran parte delle cose che il presidente del consiglio dice su quest’argomento non sono vere. Sarebbe sufficiente un minimo di conoscenza della situazione degli altri paesi per rendersi conto che la stabilità dei governi dipende dalla politica molto più che dalle leggi elettorali. Dipende dalla forza della politica, dalla serietà della politica. Oltretutto anche una legge elettorale così poco democratica, cioè che attribuisce ad una minoranza, che può essere anche una minoranza ristrettissima, noi potremmo ritrovarci nella situazione in cui il voto di un cittadino su cinque arrivi a determinare la maggioranza assoluta in parlamento. Il che tra l’altro è un problema, perché la governabilità non è soltanto avere la maggioranza in parlamento, ma anche avere il consenso dei cittadini o mi sbaglio? Se così non fosse allora tiriamo a sorte e avremo la governabilità. Una legge che consente anche ad una minoranza ristretta di avere la maggioranza in parlamento, non per questo garantisce la stabilità. Perché è sufficiente che 35 deputati del partito di maggioranza ce l’abbiano con il presidente del consiglio per determinare una crisi di governo. Siccome noi siamo il parlamento in cui c’è il più alto tasso di trasformismo al mondo, cioè di passaggio da un gruppo parlamentare ad un altro, non è quindi detto che l’italicum, aldilà dei sui difetti, garantisca governabilità e stabilità. Io credo che una legge elettorale debba essere anzitutto uno strumento nelle mani dei cittadini per scegliere da chi vogliono essere rappresentati. Non certo uno strumento nelle mani dei politici per garantire la stabilità delle loro poltrone. Si tratta di un completo rovesciamento della filosofia democratica. Ma anche ammettendo che il valore imprescindibile della legge elettorale debba essere garantire la poltrona la presidente del consiglio; questa legge non lo garantisce perché è sufficiente che un piccolo gruppo di parlamentari del governo dissentano dal presidente del consiglio per metterlo in minoranza in parlamento. Tutto questo perché manca il vincolo di mandato. La costituzione non prevede un vincolo di mandato per i parlamentari. Quindi tutto questo discorso sulla governabilità è campato in aria. La governabilità è frutto della politica, della serietà dei partiti, del fatto che nei partiti ci sia un dibattito democratico capace di garantire poi il consenso dei parlamentari. Tutto questo garantisce la stabilità. Non i marchingegni elettorali. Sinceramente io penso che tutta la filosofia da cui ha preso le mosse l’italicum, che poi è stata la filosofia della legge Calderoli. Quest’ultima, che come l’italicum prevede il premio, non avrebbe dovuto garantire la stabilità? Eppure abbiamo constatato che non l’ha garantita. Perciò io sarei molto cauto. Un articolo che si sarebbe potuto inserire nella costituzione poteva essere la sfiducia costruttiva come c’è in Germania, dove, pur essendoci il proporzionale, si fanno gli accordi, si fanno i governi, i partiti piccoli sono esclusi perché c’è lo sbarramento al 5%, quindi non c’è il ricatto dei piccoli partiti. Uno non può mettere in crisi un governo se non è in grado di proporne un altro, il che è una garanzia che un paese non rimanga privo di governo. Insomma c’erano altre vie molto più corrette dal punto di vista costituzionale, e molto più corrette dal punto di vista democratico per garantire insieme l’obbiettivo di una legge elettorale molto più rappresentativa che desse potere ai cittadini, e di una legge elettorale che favorisca la stabilità dei governi, perché nessuna legge elettorale può, ne potrà mai, garantirla, in nessuna parte del mondo.

Fine prima parte

Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia

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