(ASI) - Sono trascorsi ormai più di 100 anni da quel fatidico 28 luglio 1914 che sconvolse il mondo e gli equilibri che lo avevano governato per secoli. La Prima Guerra Mondiale, pose l’umanità dinnanzi alla necessità di fare i conti con un nuovo modo di intendere l’esistenza sociale ed economica della propria civiltà. Nuove classi sociali emersero e reclamarono il peso che il loro nuovo status imponeva.
Altre andarono in declino segnando l’instaurazione degli equilibri socio - economici che ancora oggi, in gran parte, regolano la nostra attuale esistenza. Ma non fu solo in campo sociale ed economico che si ebbero grandi sconvolgimenti. Anche l’arte della guerra risentì profondamente dei nuovi equilibri mondiali propri dell’era industriale. Il primo conflitto mondiale pose fine ad una concezione della guerra fatta di grandi battaglie risolutive e di vittorie dettate dalle tattiche e dai numeri campali. Una delle prime azioni esemplificative dei cambiamenti nelle tattiche, e soprattutto della nascita dei primi concetti strategici in senso moderno, si ebbe proprio durante l’invasione delle Francia, prima fase del conflitto. In quell’occasione una colonna di fanti tedeschi in bicicletta venne avvistata da un aereo. Anche se materialmente l’azione di sbarramento fu poi portata avanti dai reparti di cavalleria francese, il fatto che la tattica d’attacco tedesca fosse stata bloccata dall’utilizzo della ricognizione aerea strategica da parte degli alleati, fu il primo sintomo che dei grandi cambiamenti erano in atto. L’idea di abbinare cognizione tattiche classiche, come le grandi battaglie risolutive, alla mobilità e rapidità delle moderne forze da combattimento, senza tenere conto dell’impegno economico e materiale per il mantenimento delle suddette, portò alla lunga situazione di stallo che contraddistinse il conflitto mondiale in Europa sulla terra ferma fino al tracollo economico degli imperi centrali nel 1918. Si trattò di fatto di una vittoria strategica degli alleati poiché gli imperi centrali non vennero sconfitti sul campo di battaglia ne furono occupati i loro territori nazionali dalle forze avversarie. Diverso fu invece il discorso per la guerra in mare. In questo teatro, che coinvolse tutti gli oceani e i mari del pianeta, il conflitto espresse fin da subito la sua portata rivoluzionaria. Le principali marine contendenti, la Royal Navy britannica e la Kaiserliche Marine tedesca, sfruttarono, o subirono alternativamente gli spiragli di moderne visioni strategiche della guerra per mare. Il punto di svolta in questo teatro operativo, che avrebbe poi influenzato anche la moderna strategia bellica, fu certamente la battaglia navale dello Jutland nel 1916.
Nel 1914, entrambe le marine erano ancora fortemente influenzate dalla guerra russo-giapponese del 1905. Questo conflitto, combattuto tra due grandi potenze del tempo, si era risolto con lo scontro decisivo di Tsushima, durante il quale la flotta russa del Baltico, venne distrutta da una formazione navale giapponese. Germania e Gran Bretagna, che proprio in quel momento si stavano impegnando nella corsa agli armamenti navali che sarebbe stata tra le cause del primo conflitto mondiale, arrivarono alla medesima conclusione; cioè che la sconfitta militare della flotta avversaria nel corso di uno o due scontri risolutivi, avrebbe consegnato il dominio sui mari e pertanto la possibilità di interrompere i commerci e attaccare materialmente le città e le installazioni costiere dell’avversario. I due contendenti pertanto mirarono fin da subito ad impostare una tattica che consentisse la successiva superiorità strategica del dominio sui mari. La Gran Bretagna poteva contare sui grandi numeri del proprio impero e su una consolidata tradizione navale. La tattica inglese era pertanto finalizzata alla concentrazione dell’intera flotta in un unico raid che distruggesse la Kaiserliche Marine tedesca. La Germania invece, non potendo contare ne su un vasto impero coloniale, ne su una lunga tradizione navale, e in inferiorità numerica, decise di puntare sulla qualità delle proprie unità navali, e su una tattica che consentisse di mantenere le forze avversarie il più sparpagliate possibile. Il vantaggio sarebbe stato da una parte il logoramento delle forze avversarie, costrette ad una guerra di movimento di cui i tedeschi avrebbero dovuto conservare lo strategico vantaggio dell’iniziativa tattica. Parallelamente avrebbe permesso di mantenere la flotta inglese frammentata in piccoli gruppi su cui poter conseguire la vittoria sfruttando il principio di superiorità numerica locale, nel corso di numerose sortite della flotta tedesca al gran completo. I tedeschi puntavano insomma a suddividere lo scontro decisivo in numerosi scontri locali nell’ottica di una distruzione a tappe della flotta inglese. Fin dall’inizio del conflitto fu però chiaro che le nuove armi, come il sommergibile e l’arma aerea, avrebbero presto influenzato i piani e le tattiche dei due avversari. Ulteriore motivo di scompiglio fu che le principali marine alleate di ambo i contendenti, vale a dire quella italiana e quella austro-ungarica, si ritrovarono impegnate in una guerra di logoramento già alla fine del 1915. Il mare Adriatico, principale teatro di confronto dei due contendenti, divenne fin da subito un “grande lago” dove la marina italiana intrappolò i propri avversari, a patto però del continuo presidio delle coste italiane e del canale di Otranto. Ancora prima che ciò avvenisse tedeschi e britannici avevano però avuto occasione di saggiare l’effettiva fondatezza dei rispettivi principi tattico-strategici. La battaglia di Coronel, e la successiva battaglia delle Falkland, rispettivamente prima vittoria e prima disfatta per la flotta tedesca, dimostrarono che pensare di poter mantenere ad oltranza l’iniziativa tattica fosse semplicemente una visione fin troppo ottimistica. Principio questo riaffermato anche in occasione delle crociere di navi isolate, come gli incrociatori leggeri Dresden ed Emden, che , nonostante i notevoli risultati tattici conseguiti, furono infine distrutti dalle unità britanniche senza riuscire a conseguire duraturi risultati strategici di rilievo. Nel 1916 pertanto la marina tedesca decise di rompere gli indugi ed ingaggiare il grosso della flotta inglese nel Mare del Nord. Quest’ultima aveva optato per un permanente assedio alla flotta tedesca nel tentativo di impostare una tattica che neutralizzasse il vantaggio strategico dell’iniziativa da parte tedesca. Lo scontro tra le due più potenti marine del tempo si svolse pertanto nella zona dello Jutland, al largo delle coste danesi tra il 31 maggio e il 1 giugno 1916.
L’idea iniziale dei tedeschi e del loro comandante, Ammiraglio Reinhard Scheer, era quella di utilizzare i veloci e ben armati incrociatori da battaglia, e le unità più leggere, in azioni di disturbo onde adescare parte della flotta inglese portandola sotto il tiro delle moderne corazzate tedesche le quali, appoggiate da uno schermo di mine e sottomarini, e con il supporto delle vecchie corazzate, avrebbero schiacciato letteralmente tra l’incudine e il martello le unità inglesi affondandole in poco tempo. Nel frattempo la squadra navale degli incrociatori da battaglia avrebbe provveduto a distrarre la restante parte della flotta britannica e, al momento opportuno, suddividerla in piccoli gruppi e attirarla nella medesima trappola fino all’esaurimento delle forze nemiche. Se la tattica prescelta era indiscutibilmente audace, e comprendente anche di una visione strategica assai moderna e di largo respiro, la mancanza di una visione strategica globale da parte tedesca si sarebbe rivelata alla base del fallimento del piano di Scheer. I britannici infatti avevano già decrittato le comunicazioni tedesche in codice fin dal 1914, mentre questi ultimi non disposero mai l’aggiornamento dei segnali in codice. Tutto ciò permise ai britannici di conseguire un vantaggio strategico che si sarebbe rivelato determinante per la prima fase della battaglia e, in seguito, avrebbe condizionato l’esito della guerra per mare fino al termine del conflitto. Gli inglesi e i loro comandanti, gli ammiragli John Jellicoe e David Beatty, non solo non caddero nella trappola tedesca, ma predisposero le contromosse che avrebbe attirato la flotta tedesca in una battaglia risolutiva tra le due flotte al gran completo nella quale si credeva, da ambo le parti, il risultato non avrebbe potuto che essere favorevole alla Royal Navy britannica. In realtà gli eventi avrebbero preso una piega del tutto inaspettata a vantaggio dei tedeschi. Ciò sarà in larga parte dovuto alla mancanza di visione strategica globale da parte britannica che, pur avendo decrittato i segnali in codice tedeschi, non aveva predisposto una rete di trasmissione veloce capace di farli pervenire in tempo utile ai comandanti della propria flotta.
Le forze in campo vedevano un netto vantaggio dei britannici in termini numerici. Gli inglesi potevano contare su ben 28 corazzate moderne e su 9 incrociatori da battaglia, al tempo i tipi di navi più potenti in linea nelle principali marine. La forza tedesca invece schierava 16 corazzate moderne e 6 di tipo obsoleto, cui si aggiungevano 5 incrociatori da battaglia. Le altre unità presenti tra incrociatori corazzati, leggeri e cacciatorpediniere, vedevano un totale di 114 unità britanniche, contro 72 tedesche. L’inferiorità numerica dei tedeschi era dunque di circa 7 a 4. Questi ultimi però potevano contare su un buon numero navi da guerra concettualmente più moderne e raffinate tanto in termini di attacco delle artigliere e dei sistemi di puntamento, che in termini difensivi. In questo senso i progettisti germanici avevano posto grande attenzione alla sia alla difesa attiva e che quella passiva. Le navi tedesche, oltre a contare su corazze di ottima progettazione che ne costituivano una buona difesa attiva, potevano infatti contare anche sulla difesa passiva costituita da elevate velocità e manovrabilità in qualsiasi condizione di mare, e su una più accurata compartimentazione interna. Le corrispettive unità inglesi invece, seppur accreditate di velocità superiori, si dimostreranno meno affidabili e soccomberanno alla forza d’attacco tedesca.
La notte del 30 maggio 1916, alle 22:30, la flotta britannica si mosse dalla propria Base di Scapa Flow, a nord della Scozia, per anticipare le unità tedesche. La flotta di Scheer prese invece il mare alle 03:30 del mattino del 31 maggio ignorando che i britannici erano già pronti all’intercettazione. Ad indurre ulteriormente in errore l’ammiraglio tedesco, il fatto che, dando per scontato il vantaggio dell’iniziativa, la formazione ei sottomarini che avrebbero dovuto inchiodare le navi inglesi, si andava disponendo proprio durante la notte tra il 30 e il 31 maggio. Il risultato fu che solo alcuni dei sottomarini tedeschi poterono avvistare le navi inglesi in movimento, mentre la maggior parte di essi riferirono la totale assenza di contatti di superficie. Queste notizie indussero Scheer e il comandante degli incrociatori da battaglia, ammiraglio Von Hipper, che precedeva il grosso della flotta tedesca, a supporre che solo una limitata formazione britannica fosse in mare. Tutto ciò rese i tedeschi ancor più fiduciosi di poter facilmente applicare la propria tattica volta a suddividere in piccoli gruppi la flotta inglese. Gli inglesi dal canto loro avevano deciso di copiare la strategia tedesca per ritorcerla contro i suoi stessi creatori grazie al vantaggio numerico. Entrambe le flotte principali di inglesi e tedeschi erano dunque precedute dai distaccamenti degli incrociatori da battaglia.
Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia
Jutland 100 anni dopo: Quando la strategia sconfisse la tattica (seconda parte)
Mappa delle operazioni
Gli incrociatori da battaglia tedeschi Derfflinger Moltke e Seydlitz
3 Lincrociatore da battaglia britannico Invincible poco prima della battaglia dello Jutland
4 Bordata del Derfflinger contro le unità inglesi
5 Laffondamento dellincrociatore da battaglia inglese Indefatigable
6 L'invicible spezzato in due dopo lesplosione che lo distrusse