Iran, Cosa cambia davvero nella politica estera di Teheran?

(ASI) Presentiamo di seguito la traduzione in lingua italiana di un documento ufficiale elaborato dal Professor Mohammad Javad Zarif, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Islamica dell'Iran. Si tratta di un'analisi fondamentale per comprendere i vettori della politica estera del Paese nei prossimi anni, soprattutto alla luce della svolta avvenuta nel 2013 con la vittoria del riformista  Hassan Rouhani alle elezioni presidenziali.

Dopo otto anni sotto l'amministrazione di Mahmoud Ahmadinejad, la nazione asiatica, erede di una delle più antiche civiltà del pianeta, si trova ora a dover affrontare le sfide del presente in un nuovo corso politico, definito da molti osservatori occidentali col termine “moderato”. Tuttavia, la percezione europea e nordamericana dell'Iran è stata spesso alterata da ricostruzioni storiche e cronachistiche tendenziose o comunque influenzate dal clima di diffidenza che una civiltà estranea come quella iraniana può suscitare. Inoltre, le accuse  periodiche che il governo israeliano ha lanciato negli ultimi tre anni a proposito del programma nucleare iraniano hanno pesato, e non poco, sull'opinione pubblica di casa nostra, spesso eccessivamente condizionata dagli umori politici che emergono all'interno della Knesset.

Restano sul tavolo della dottrina estera iraniana punti fermi quali la prosecuzione del programma nucleare per scopi pacifici, l'opposizione alle politiche sioniste in Medio Oriente, la costruzione di una concreta multilateralità nelle relazioni internazionali e la neutralizzazione del pesante clima islamofobo e iranofobo costruito, in varie fasi e da diverse fonti di comunicazione, come arma di propaganda politica.

Cambiano dunque le modalità, le traiettorie metodologiche e l'approccio diplomatico dell'Iran alle principali questioni regionali ed internazionali, per cercare di recuperare quello che Zarif sembra considerare il terreno perduto negli ultimi anni a causa di un atteggiamento evidentemente ritenuto inopportuno, scontroso e fondamentalmente inadeguato alla nostra epoca, preludio ad un multipolarismo in rapido divenire.

 

 

 

Ciò che davvero vuole l'Iran

La politica estera iraniana nell'era Rouhani

Mohammad Javad Zarif

 

La politica estera è una categoria decisiva nelle vite, nella condotta e nella capacità di governo di tutti gli Stati-nazione. Tuttavia è diventata persino più significativa negli ultimi anni nella misura in cui le relazioni internazionali si sono fatte ancora più complesse. L'inesorabile aumento del numero degli attori internazionali – comprendendo anche le organizzazioni intergovernative, i soggetti non-statali e gli stessi individui – ha ulteriormente complicato il processo decisionale. Al contempo, il progressivo processo di globalizzazione – qualunque sia il modo in cui viene concepito e ideato, in senso positivo o negativo – ha portato il suo ineludibile peso a gravare sulla politica estera di tutti gli Stati, siano essi grandi o piccoli, sviluppati o in via di sviluppo.

Dalla sua fondazione per mezzo di una rivoluzione popolare nel 1979, la Repubblica Islamica dell'Iran ha dovuto far fronte a queste sfide. La politica estera post-rivoluzionaria dell'Iran si è basata su un certo numero di accurate idee e di obiettivi allineati alla costituzione del Paese. Questi includono la preservazione dell'indipendenza dell'Iran, dell'integrità territoriale e della sicurezza nazionale e il traguardo di lungo-termine dello sviluppo nazionale sostenibile. Oltre i suoi confini, l'Iran cerca di accrescere il suo peso regionale e globale; di promuovere le sue idee, inclusa la democrazia islamica; di espandere le sue relazioni bilaterali e multilaterali, in particolare con i Paesi confinanti a maggioranza musulmana e gli Stati non-allineati; di ridurre le tensioni e di gestire le dispute con altri Stati; di incoraggiare la pace e la sicurezza a livello sia regionale che internazionale attraverso il coinvolgimento costruttivo; e di promuovere la comprensione internazionale attraverso il dialogo e l'interazione culturale.

 

L'IRAN NELL'ERA MULTILATERALE

Dalla fine della Guerra Fredda e dalla conseguente scomparsa del mondo bipolare nei primi anni Novanta, l'ordine globale è stato sottoposto ad una vasta trasformazione strutturale. Tuttavia non ne è emerso un nuovo solido ordine. Così come accaduto durante altre transizioni in passato, il fluido, complesso ed incerto stato delle relazioni internazionali è oggi estremamente pericoloso e denso di sfide. Le trasformazioni precedenti erano solitamente rese più complicate dalle rivalità militari e persino apertamente dalla guerra tra le potenze dominanti dell'epoca. Oggi le rivalità sono parimenti piuttosto intense. Eppure, a causa di una serie di fattori – l'ambiente globale sostanzialmente modificato, le trasformazioni nella natura del potere, e la diversità e molteplicità degli attori statali e non-statali – la competizione dei giorni d'oggi il più delle volte assume una forma non-militare.

Il concetto di potere stesso, tradizionalmente quantificato in termini di potenza militare, è profondamente cambiato. Nuove forme di influenza – economica, tecnologica e culturale – sono emerse. Al contempo, le trasformazioni a livello concettuale hanno portato le componenti culturali, normative ed ideative del potere alla ribalta, rendendo il potere stesso più accessibile ad un più ampio fronte di attori. Inoltre, lo sviluppo graduale del multilateralismo sula scia della Seconda Guerra Mondiale ha aumentato l'importanza delle norme e del consenso internazionali.

Nonostante tali cambiamenti sostanziali nell'architettura dell'ordine mondiale, i regnanti e i beneficiari del vecchio ordine hanno provato a mantenere i rottami del passato. Durante gli ultimi anni Ottanta e i primi anni Novanta, l'emersione negli Stati Uniti di teorie apocalittiche che prefiguravano la “fine della storia” o lo “scontro di civiltà” rappresentavano una reazione precipitosa al vuoto del campo nemico prodotto dalla fine della Guerra Fredda e al crescente status dell'Islam sullo scenario globale. Attraverso una serie di martellanti campagne islamofobiche – a volte promosse al rango di indirizzo politico ufficiale e perpetuate sistematicamente in varie forme e modalità – alcuni leader politici occidentali hanno tentato di dipingere la Comunità Islamica come un nuovo nemico ideologico su scala globale.

Ma anziché finire in una situazione di radicale divergenza, il mondo oggi sta muovendo verso una condizione di reciproca interdipendenza. A differenza della situazione del passato, la ricerca di politiche unilaterali da parte delle ex o attuali potenze ha portato ad uno stato di impasse e paralisi. Oggi, la maggior parte degli Stati-nazione, al di là della loro estensione, del loro potere, della loro influenza o di altre caratteristiche, sono giunti ad ammettere che l'isolazionismo, sia esso volontario o imposto, non è né un valore né un vantaggio. L'azione comune e la cooperazione sono divenuti i segni della nostra era. Il multilateralismo, la ricerca collettiva di soluzioni comuni a problemi comuni, ha dimostrato la sua desiderabilità e la sua efficacia fattuale a livello sia regionale che globale. Persino le maggiori potenze mondiali hanno imparato la dura lezione in base alla quale non possono più inseguire i loro interessi o i loro obiettivi in maniera unilaterale. La graduale, e ancora crescente, tendenza alla composizione di coalizioni, a livello regionale e globale, sia per proposte di breve-termine che per progetti di maggior durata, è testimone dell'ineludibilità dell'azione comune. La cooperazione caparbia si è progressivamente sviluppata  quale nuovo metodo di lavoro interattivo tra gli Stati; ha preso il posto di dinamiche un tempo dominanti e oggi screditate quali la competizione, la sottomissione incondizionata e la rivalità duratura. 

Come conseguenza inevitabile della globalizzazione e del contestuale sviluppo dell'azione collettiva e degli approcci cooperativi, l'idea di cercare o imporre giochi a somma-zero ha perso consistenza. Ancora, alcuni attori si aggrappano alle loro vecchie abitudini e abitualmente ricercano i loro interessi a spese degli altri. L'insistenza di alcune tra le maggiori potenze a giocare a somma-zero con esiti win-lose ha spesso portato a esiti lose-lose per tutti gli attori coinvolti.

La posizione predominante degli Stati Uniti nel mondo oggi, nonostante la preponderanza della sua potenza militare, è un caso lampante in questo senso. La situazione attuale in varie parti del mondo dove gli Stati Uniti sono direttamente coinvolti, con particolare riferimento al più Medio Oriente e agli immediati confini dell'Iran, segna la svolta riluttante ma inevitabile di Washington verso un percorso di costruzione di coalizioni con altri altre potenze globali e persino regionali. La Cina, l'India e la Russia sono coinvolte in intense competizioni, anzitutto col blocco occidentale, in uno sforzo congiunto per garantirsi ruoli globali più rilevanti. Eppure, le maggiori potenze e quelle emergenti sono ora restie a ricorrere allo strumento militare per risolvere le rivalità, i contrasti e persino le dispute.

Questo ha portato ad un graduale crescendo di un approccio revisionista alle relazioni internazionali. Gli Stati-nazione, al di là della loro attuale posizione e del loro odierno potere, ricercano ora un rafforzamento della loro levatura e il raggiungimento dei propri obiettivi attraverso una combinazione attentamente bilanciata di cooperazione e competizione.

 

COMPLETARE IL POTENZIALE IRANIANO

Come solida potenza regionale di quest'epoca così intensamente in evoluzione nella politica globale, l'Iran si trova in una posizione unica. Stante la sua estesa superficie e la sua peculiare collocazione geografica lungo la via di transito tra Oriente e Occidente, l'Iran, sin dall'antichità, ha goduto di una posizione privilegiata nella sua regione e non solo. Sebbene la civiltà e l'eredità culturale dell'Iran siano rimaste intatte, i suoi destini politici ed economici hanno ondeggiato periodicamente, in funzione, tra gli altri aspetti, della sua capacità di governo in politica interna e dei suoi rapporti con il mondo esterno. La vittoria della rivoluzione nel 1979, frutto di una rivolta popolare, di ampiezza nazionale, anti-monarchica con un insieme di tratti repubblicani e musulmani, ha contribuito a stabilire un nuovo ordine rivoluzionario nel Paese. Le ripercussioni furono drastiche e la rivoluzione segnò profondamente le relazioni estere della nazione, non solo nel quadro dei Paesi immediatamente confinanti ma anche attraverso il più vasto Medio Oriente e nel resto del pianeta.

Qualunque analisi oggettiva delle qualità specifiche dell'Iran in riferimento al più esteso contesto della sua tumultuosa regione rivelerebbe il significativo potenziale del Paese per quanto riguarda il suo rilevante ruolo regionale e globale. La Repubblica Islamica può attivamente contribuire alla restaurazione della pace regionale, della sicurezza e della stabilità, e giocare un ruolo costruttivo durante questa fase di trasformazione nelle relazioni internazionali.

Alla luce della crescente importanza dei fattori normativi e ideativi nella politica globale, la Repubblica Islamica è pronta a far leva sulla ricca eredità millenaria della società e della cultura dell'Iran e sulla rilevante eredità della Rivoluzione Islamica, in particolare sul modello di governo partecipato che ne è derivato e vi è sostenuto. L'Iran può ricorrere a questo tipo di punti di forza per aiutare a realizzare le profonde aspirazioni nazionali del popolo iraniano, compresi gli obiettivi a lungo-termine dello sviluppo e dell'ascesa regionale commisurata alle capacità e alla levatura proprie del Paese.

L'Iran trae anche beneficio da una serie di caratteristiche storiche che potrebbero essere considerate quali risorse e opportunità uniche, molte delle quali non sono state adeguatamente o pienamente sfruttate in passato. Per esempio, l'Iran è rimasto indipendente dalle potenze straniere e ha scelto un coerente non-allineamento, conferendogli una particolare libertà d'azione all'interno dell'esistente ordine internazionale. L'Iran può inoltre far leva sulle sue tradizioni politiche. Ha stabilito con successo un modello di governo democratico autoctono, sviluppando e mantenendo una rara forma di democrazia religiosa nel mondo moderna. Vanta un'ineguagliabile identità culturale emersa dalla sua dinamica fusione di cultura iraniana e cultura islamica, che può essere utilizzata per promuovere la sua missione e il suo messaggio attraverso l'intero mondo musulmano. Come società antica con una pluralità di minoranze etniche, religiose e linguistiche, l'Iran costituisce anche un modello di inclusione politica. E il Paese ha raggiunto tutto questo nel cuore di una regione geostrategica vitale che ha esperito una lunga storia di rivalità tra le maggiori potenze, interventismi di ogni risma e prolungati conflitti militari. Infine, l'Iran ha anche dimostrato le sue potenti capacità ideative la ricerca universale attraverso iniziative quali “Dialogo tra civiltà” promossa da Muhammad Khatami e la recente proposta “Un mondo contro la violenza e l'estremismo” promossa dal Presidente Hassan Rouhani, che è stata adottata come risoluzione dall'Assemblea Generale dell'ONU lo scorso dicembre.

La governabilità nel mondo moderno sta presentando sfide ad ogni Stato, al di là della sua grandezza, della sua popolazione, della sua forma di governo, della sua collocazione geografica, del suo livello di sviluppo o delle sue relazioni con il resto del mondo. L'Iran è stato un Paese molto organizzato sin dall'antichità, sebbene con alcuni periodi di interruzione.

Ha poi avuto estesi rapporti attraverso la storia, in guerra e in pace, con i suoi numerosi vicini e con altre potenze competitrici. Ha accumulato una ricca e stratificata memoria collettiva e una profonda riserva di esperienza. L'Iran confina con sette Paesi e condivide l'accesso al Mar Caspio e al Golfo Persico con altri undici Stati; entrambi questi specchi d'acqua sono d'interesse dei Paesi litoranei così come  una varietà di potenze esterne. Ancora, l'Iran ha inevitabilmente un ricco piatto per occuparsene quando ricerca la sua sicurezza nazionale e le sue relazioni internazionali.

La cronica confusione, l'instabilità e la violenza nella regione sono peggiorate negli ultimi anni a causa di una serie di prolungati interventi militari esterni, in gran parte per quanto riguarda l'Afghanistan e l'Iraq. Dall'inizio del 2011, gli sconvolgimenti politici nel mondo arabo e le loro conseguenze globalmente sanguinose – soprannominate da qualcuno col nome di “Primavera Araba” durante la loro fase iniziale e da altri come “Risveglio Islamico” - hanno introdotto un altro fattore di destabilizzazione nella regione. La tendenza sembra voler proseguire ancora per qualche tempo, sebbene la direzione assunta da questo processo resti estremamente incerta.

Stanti questo quadro generale regionale e le dinamiche in essere tra gli attori locali e quelli esterni – principalmente gli Stati Uniti – l'Iran oggi deve fronteggiare una serie di problemi principali nell'ambito delle sue relazioni internazionali. È inutile dire che la lunga ombra del confronto pluridecennale e ancora in corso tra l'Iran e gli Stati Uniti, che è stato pesantemente esacerbato come prodotto dell'imbroglio nucleare, ha notevolmente complicato lo stato delle relazioni tra l'Iran e molti dei suoi vicini. Nel frattempo, c'è stata una recente impennata delle attività estremistiche e degli attori violenti non-statali in Paesi come l'Afghanistan, l'Iraq, il Libano e la Siria, sulla base di una chiara ed inconfondibile matrice anti-iraniana e anti-sciita. Una campagna ben orchestrata ha promosso l'islamofobia, l'iranofobia e la sciitofobia e raffigurato l'Iran come una minaccia alla pace e alla sicurezza regionale; ha esteso il sostegno ai soggetti anti-iraniani nella regione; ha danneggiato l'immagine globale dell'Iran e  colpito la sua levatura; ha armato i rivali regionali dell'Iran; ha attivamente supportato forze anti-iraniane, compresi i Talebani e altri estremisti.

 

MODERAZIONE E SPERANZA

è in questo contesto internazionale che Rouhani ha ottenuto una vittoria decisiva nelle elezioni presidenziali pesantemente contestate del giugno 2013.

Ha conquistato il 51% di tutti i voti sommati nel primo turno contro cinque rivali conservatori. La sua piattaforma politica di prudente moderazione e speranza ha rappresentato un punto di svolta importante nella politica iraniana. Il fatto che l'affluenza ha raggiunto il 73% suggerisce che i cittadini hanno messo alle spalle le laceranti divisioni emerse durante le elezioni del giugno 2009. Le posizioni pragmatiche di Rouhani sulle questioni nazionali e internazionali si sono mostrate rassicuranti agli occhi dell'elettorato iraniano. Rouhani si è distinto nella sua campagna dalle piattaforme confuse dei suoi rivali in diversi aspetti-chiave: la sua chiara analisi dell'odierna situazione dell'Iran, la sua lucida e univoca disamina delle principali sfide che attendono la società e lo Stato, e il suo approccio franco e diretto ai problemi e alle possibili soluzioni. In questo modo, Rouhani ha voluto mobilitare le fasce della popolazione disincantate per coinvolgerle attivamente negli ultimi giorni della campagna e partecipare al voto nazionale. La piattaforma di politica estera di Rouhani è basata su una critica ponderata, sobria e saggia della conduzione degli affari esteri durante gli otto anni trascorsi sotto la precedente amministrazione. Rouhani ha promesso di rimediare all'inaccettabile stato di cose attraverso una migliore analisi della politica estera del Paese. I cambiamenti che ha proposto dimostrano una comprensione realistica dell'attuale ordine internazionale, delle odierne sfide esterne che chiamano all'appello la Repubblica Islamica e di ciò che servirà per riportare i rapporti dell'Iran con il resto del mondo ad una condizione di normalità.

Rouhani ha anche invitato ad un discorso di “prudente moderazione”. Questa visione è finalizzata ad allontanare l'Iran dallo scontro e ad avvicinarlo al dialogo, all'interazione costruttiva e alla compresione, con un occhio alla salvaguardia della sicurezza nazionale, all'incremento della levatura della nazione e al raggiungimento di uno sviluppo comprensivo nel lungo-termine.

La moderazione prudente è un approccio fondato sul realismo, sulla fiducia nei propri mezzi, su un idealismo realistico e sul coinvolgimento costruttivo. Il realismo richiede una adeguata compresione della natura, della struttura, dei meccanismi e delle dinamiche di potere del sistema internazionale così come del potenziale e dei limiti delle sue isitituzioni.

La moderazione di Rouhani porta tutti quanti alla ferma convinzione negli apprezzati ideali della Rivoluzione Islamica con un'oggettiva valutazione delle capacità, delle potenzialità e dei limiti odierni dell'Iran. Tale moderazione richiede una deliberata avversione alle azioni che offendano, mostrino sufficienza o arroganza. Promuove la fiducia in sé stessi fondata sulla comprensione delle risorse materiali e morali dell'Iran, compresa la saggezza collettiva della sua cittadinanza. Valuta l'affidabilità, la trasparenza e l'onestà nei rapporti con il popolo e chiama in causa la volontà di riformare e migliorare le politiche esistenti.

L'approccio di Rouhani implica un bilanciamento molto delicato: tra le necessità nazionali, regionali e globali da un lato, e i mezzi, gli strumenti e le politiche a disposizione, dall'altro; tra la fermezza e l'elasticità in politica estera; tra gli obiettivi e i mezzi; e tra i vari strumenti del potere in un mondo in fase di dinamica trasformazione. Infine, il monito di Rouhani ad un coinvolgimento costruttivo richiede dialogo ed interazione con altri Paesi su un livello di uguaglianza, con rispetto reciproco e al servizio degli interessi condivisi. Richiedere che tutti i partecipanti compiano seri sforzi per ridurre le tensioni, per costruire fiducia reciproca e raggiungere la distensione.

 

ANDARE AVANTI

Guidata da quest'impalcatura concettuale, la politica estera della Repubblica Islamica sotto l'attuale amministrazione sarà fondata sul raggiungimento della comprensione e del consenso al livello nazionale e di un coinvolgimento costruttivo e di un'efficace cooperazione nel panorama internazionale. Le politiche dell'Iran saranno indirizzate dai principi della dignità, della razionalità e della prudenza. Questa intera strategia è finalizzata a salvaguardare e a rafforzare la sicurezza nazionale dell'Iran, disperdere o eliminare le minacce esterne, combattere l'islamofobia e l'iranofobia, aumentare la levatura del Paese e raggiungere uno sviluppo generale.

Con l'ausilio del Ministero degli Affari Esteri quale organo centrale della pianificazione e dell'esecuzione della politica estera iraniana, in pieno concerto con gli altri istituti del governo, la Repubblica Islamica perseguirà diversi obiettivi-chiave avanzando. Anzitutto, l'Iran espanderà e approfondirà le sue relazioni bilaterali e multilaterali attraverso un coinvolgimento concreto in un'ampia gamma di Stati e in organizzazioni, comprese le istituzioni economiche internazionali. Il multilateralismo giocherà un ruolo essenziale nei rapporti esteri del Paese. Ciò coinvolgerà importanti contributi alla regolamentazione globale e la partecipazione costruttiva nel quadro di coalizioni tra Stati dalle idee simili al fine di promuovere la pace e la stabilità.

La seconda priorità sarà quella di difendere i diritti individuali e collettivi dei cittadini iraniani in ogni luogo e di promuovere la cultura irano-islamica, la lingua persiana, i valori musulmani e la democrazia islamica come forma di governo.

In terzo luogo, l'Iran continuerà a sostenere la causa dei popoli oppressi in tutto il mondo, soprattutto in Palestina, e porterà avanti il suo fondante rifiuto verso le aggressioni sioniste nel mondo islamico.

Stanti le pressanti sfide che lo attendono in questa nostra epoca, l'Iran si concentrerà anche su una serie di obiettivi più urgenti. La necessità primaria è quella di indebolire e in ultima istanza di sconfiggere la campagna internazionale anti-iraniana, costruita da Israele e dai suoi protettori statunitensi, che cercando di “cartolarizzare” l'Iran, ossia di delegittimare la Repubblica Islamica dipingendola come una minaccia all'ordine globale. Il principale veicolo di questa campagna è la “crisi” sul programma nucleare pacifico dell'Iran, una crisi che, dal punto di vista iraniano, è interamente artificiale e pertanto reversibile. Per questo Rouhani non ha perso tempo nella rottura dell'impasse e nel coinvolgimento all'interno dei negoziati con il cosiddetto 5+1 (Cina, Francia, Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti, più la Germania) con l'obiettivo di trovare un terreno comune e raggiungere un accordo che garantisca la non-proliferazione, che preservi l'apparato scientifico dell'Iran, che onori gli inalienabili diritti nazionali dell'Iran sotto il Trattato di Non-proliferazione Nucleare e che ponga fine alle inique sanzioni imposte da potenze esterne.

L'Iran non ha interesse nell'acquisizione di armi nucleari ed è convinto che tali ordigni non rafforzerebbero la sua sicurezza. L'Iran non ha i mezzi per dotarsi di un sistema di deterrenza nucleare – direttamente o tramite delega – contro i suoi avversari. Per di più, il governo iraniano credere che persino la semplice percezione che l'Iran stia cercando di dotarsi di armi nucleari sia dannosa alla sicurezza del Paese e al suo ruolo regionale, dal momento che i tentativi dell'Iran di ottenere una superiorità strategica nel Golfo Persico provocherebbero inevitabilmente reazioni che depotenzierebbero la posizione di vantaggio dell'Iran sul piano militare convenzionale.

Inoltre, i negoziati in corso sulla questione nucleare non presentano ostacoli insormontabili. Gli unici requisti sono la volontà politica e una fede integra nei negoziati per accordarsi e raggiungere l'obiettivo stabilito dal Piano di Azione Comune adottato a Ginevra lo scorso Novembre, che recita: “L'obiettivo di questi negoziati è quello di raggiungere una soluzione globale a lungo-termine e condivisa capace di assicurare che il programma nucleare dell'Iran sarà esclusivamente pacifico”.

La fase sorprendentemente veloce del progresso nei negoziati lascia molto ben sperare per una rapida risoluzione di questa crisi inutile e per l'apertura di nuovi orizzonti diplomatici.

L'Iran ricerca anche la neutralizzazione delle minacce esterne attraverso la risoluzione delle questioni rimaste in sospeso con il resto del mondo, in particolare con i Paesi confinanti. La costruzione di fiducia e la cooperazione costituiranno le pietre angolari della politica regionale iraniana. Proprio per questo lo scorso hanno l'Iran ha avanzato la proposta della creazione di una struttura per la sicurezza e la cooperazione nell'area del Golfo Persico.

Come potenza regionale responsabile, l'Iran parteciperà attivamente alla lotta e al contenimento dell'estremismo e della violenza attraverso la cooperazione bilaterale, regionale e multilaterale con i Paesi della regione e non solo.

Inoltre, l'Iran gestirà con prudenza le sue relazioni con gli Stati Uniti attraverso il contenimento dei disaccordi esistenti e la prevenzione che più forti tensioni emergano inutilmente, in modo da alleggerire gradualmente quelle esistenti. L'Iran coinvolgerà anche i Paesi europei e altri Stati occidentali nell'obiettivo di rafforzare ed espandere con maggior forza i rapporti. Questo processo di normalizzazione deve essere fondato sui principi del rispetto reciproco e dell'interesse comune, e deve concentrarsi su questioni di legittima competenza da entrambe le parti.

L'Iran espanderà e consoliderà anche i suoi rapporti amichevoli con altre importanti potenze come la Cina, l'India e la Russia. In qualità di presidente del Movimento dei Non-Allineati fino al 2015, l'Iran cercherà un dialogo con le potenze emergenti del “Sud del mondo” e cercherà di mobilitare responsabilmente i loro enormi potenziali al fine di contribuire alla pace mondiale e alla prosperità.

Il popolo iraniano, con la sua massiccia partecipazione alle ultime elezioni presidenziali e la sua scelta decisiva di un coinvolgimento positivo, ha fornito una finestra di opportunità unica per il nuovo governo iraniano e per il mondo al fine di studiare e proporre un corso diverso e molto più promettente nelle nostre relazioni bilaterali e multilaterali. La Repubblica Islamica dell'Iran è determinata a onorare nel miglior modo possibile la scelta dei suoi cittadini, che indubbiamente avrà un potente impatto sugli affari internazionali.

Affinché questo accada, è imperativo per gli altri Stati accettare la realtà del fondamentale ruolo dell'Iran in Medio Oriente e nel mondo, riconoscere e rispettare i legittimi diritti nazionali, interessi e requisiti di sicurezza dell'Iran.

È ugualmente importante per gli altri Stati osservare scrupolosamente la sensibilità della nazione iraniana, in particolar modo per quel che riguarda la sua dignità nazionale, la sua indipendenza e i suoi meriti. Gli occidentali, soprattutto gli statunitensi, devono modificare la loro idea dell'Iran e del Medio Oriente e sviluppare una migliore conoscenza delle realtà regionali, evitando gli errori analitici e pratici del passato. Il coraggio e la capacità di comando sono fondamentali per misurare questa storica opportunità, che potrebbe sfuggire ancora. L'opportunità non dev'essere perduta.

Andrea Fais ed Ettore Bertolini - Agenzia Stampa Italia

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