"Il 23 maggio scorso - ha continuato il Capo dello Stato - ella volle - nell'impossibilità di partecipare di persona alla grande cerimonia nell'Aula Bunker - indirizzarmi una lettera di commovente, generoso apprezzamento per il mio operato di Presidente della Repubblica, e dirmi il suo conforto per aver visto diventare Borsellino e Falcone dei 'simboli per i giovani e le persone oneste di buona volontà'. E la lettera si concludeva con un riferimento a 'quello Stato in cui mio marito ci ha insegnato a credere malgrado tutto e tutti', volendo che io sapessi come ella 'fino all'ultimo giorno della sua vita attenderà con pazienza di conoscere le ragioni per cui suo marito morì e i motivi per i quali nei primi anni dopo la strage è stata costruita una falsa e distorta verità giudiziaria'. Quale secondo terribile dolore è stata per lei e per i suoi figli, signora Agnese, quella contraffazione della verità! E quale umiliazione è stata per tutti noi che rappresentiamo lo Stato democratico!"
"Si sta lavorando - ha proseguito il Presidente Napolitano - si deve lavorare senza sosta e senza remore per la rivelazione e sanzione di errori ed infamie che hanno inquinato la ricostruzione della strage di via D'Amelio. Si deve giungere alla definizione dell'autentica verità su quell'orribile crimine che costò la vita a un grande magistrato protagonista con Giovanni Falcone di svolte decisive per la lotta contro la mafia. Questo è l'imperativo oggi a distanza di vent'anni ; questo è il nostro dovere comune, anche verso Agnese, Lucia, Manfredi, Fiammetta, e verso i famigliari - che ci sono egualmente cari - di Emanuela Loi, di Agostino Catalano, di Eddie Walter Cosina, di Vincenzo Li Muli, di Claudio Traina. E tanto più si riuscirà a vincere questa dura e irrinunciabile battaglia di giustizia, quanto più si procederà sulla base di analisi obbiettive e di criteri di assoluto rigore".
"Come ha fermamente dichiarato il Presidente del Consiglio Sen. Monti - ha aggiunto il Presidente Napolitano - 'non c'è alcuna ragion di Stato che possa giustificare ritardi nell'accertamento dei fatti e delle responsabilità', ritardi e incertezze nella ricerca della verità specie su torbide ipotesi di trattativa tra Stato e mafia. E proprio a tal fine è importante scongiurare sovrapposizioni nelle indagini, difetti di collaborazione tra le autorità ad esse preposte, pubblicità improprie e generatrici di confusione. Su ciò deve vegliare tra gli altri il Presidente della Repubblica, cui spetta presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura : e deve farlo, come in questi anni ha sempre fatto, con linearità, imparzialità, severità".
"Signori Magistrati di Palermo - ha proseguito il Capo dello Stato - avete spesso sofferto, nel corso degli anni, per la perdita di eminenti ed esemplari colleghi, che possiamo richiamare e onorare tutti unendoli al ricordo di Paolo Borsellino e di Giovanni Falcone. Vissi io stesso il dramma, lo sgomento, il dolore per il brutale assassinio di quei due eroici servitori dello Stato, vissi quelle ore insieme con il più fraterno amico della mia vita, il senatore Gerardo Chiaromonte, di cui è rimasto per me indimenticabile, insieme con il fermissimo impegno di Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, il rapporto di straordinaria stima e simpatia personale che aveva stabilito con Paolo come con Giovanni. E non si è mai spenta in me la traccia del cocente dolore con cui appresi la notizia dell'agguato omicida a Pio La Torre, con cui avevo strettamente condiviso passione ideale e tensione morale. Intensa era stata già prima la mia commozione per l'uccisione di Cesare Terranova, che avevo avuto fine e apprezzato collega in Parlamento".
"Vedete, Signori Magistrati di Palermo, - ha concluso il Presidente Napolitano - appartengo a una generazione che ha conosciuto la tragedia della guerra fascista e del crollo dell'8 settembre 1943, e ha giovanissima abbracciato l'impegno politico - pur da diverse posizioni ideologiche - nello spirito della Resistenza trasfusosi poi nella Costituzione. In quel contesto, la lotta conseguente contro la mafia, senza cedimenti a rassegnazioni o a filosofie di vile convivenza con essa, è divenuta parte integrante della nostra scelta civile sin da quando ci giunsero gli echi dell'eccidio di Portella delle Ginestre. Sono di recente tornato laggiù, per rinnovare un omaggio e un giuramento a cui sempre sono rimasto e sempre limpidamente rimarrò fedele. Pensando con commozione a Paolo Borsellino, a tutti coloro che sono come lui caduti in nome della legge, e sentendomi al fianco di quanti ne continuano l'opera".