(ASI) “Si fa tanto parlare di regioni e città rosse… Credetemi se vi dico che presto in Umbria di rosso resterà solo la vergogna!” Sembra un secolo fa, invece era il 1997. Piazza del Popolo a Terni è gremita. La città ospita uno degli ultimi comizi pubblici della politica italiana, prima che talk show, internet e social network prendano il sopravvento, relegando ad uno schermo il rapporto tra parlamentari e base. Gianfranco Fini parla alla Terni di destra che, come mai più successo in seguito (a parte una breve parentesi nel 2006), si raduna e ascolta il delfino di Almirante, a nemmeno due anni dallo scioglimento del MSI.
Il fondatore di Alleanza Nazionale appare radioso: un tripudio nel cuore rosso del centro Italia, tra bandiere tricolori, cori e le immancabili copie de Il Tempo, Il Secolo d’Italia e Linea arrotolate in tasca.
Futurismi e futuristi sono ancora lontani all’orizzonte, così come i ‘mali assoluti’ ed empi legami con gli ‘odiati’ democristiani.
Avevo quattordici anni in quella primavera del 1997 e quelle parole furono una piccola scintilla nella mente di un ragazzino che, timidamente, cominciava a porsi domande.
Erano parole forti che delineavano perfettamente il quadro di una realtà come quella umbra. La I Repubblica era appena giunta al capolinea, il PCI che aveva governato per decenni si era molto ridimensionato; tuttavia le forze di sinistra avrebbero mantenuto a lungo un monopolio non solo politico quanto culturale e sociale sulla popolazione ternana.
Insomma, la falce non c’era più, ma il martello continuava (e continua) a battere: assistenzialismo, sperperi, manifestazioni culturali dal forte imprinting ideologico pagate col denaro dei contribuenti.
Milleventotto i comuni italiani chiamati alle urne per rinnovare, a Maggio prossimo, le proprie amministrazioni. Dopo la fine del Governo Berlusconi e l’appoggio della ex maggioranza a Mario Monti, il PdL punta molto su queste elezioni, nella speranza di recuperare consenso e peso dopo un semestre difficile, messo ancor più a dura prova dalle recenti vicende che hanno coinvolto la Lega, storico alleato del centro destra.
Già, destra. Cittadini e militanti si chiedono ormai quale significato abbia questa parola.
Il fluire di AN nel PdL ha crato già allora non pochi malumori. Oggi, quattro anni dopo, persistono nelle realtà locali divisioni e contrasti tra i due inquilini del ‘contenitore’ che, insieme al PD, avrebbe dovuto rappresentare il primo salto dell’Italia verso il bipolarismo.
Qualcuno allora disse: “Beh, sarà un bipolarismo all’italiana, non aspettiamoci granché”. In effetti di bipolarismo non si può parlare: oltre a PD e PdL abbiamo Terzo Polo, l’IDV, i vendoliani (più che mai galvanizzati dalla conquista di Milano) e la Lega Nord.
Due fronti? Macché. Il solito pastrocchio nostrano, condito da decine di sigle ed associazioni sedicenti ‘a-politiche’ , ‘a – partitiche’ , nate ‘fra la gente e per la gente’.
Una confusione totale, accompagnata da divisioni sciocche e personalistiche, motivate come al solito dalla baggianata della diversità di vedute.
In un evidente stato di crisi identitaria ciascuna sigla, da Storace a Fini, cerca di vendere di sé l'immagine di una destra talvolta moderna, altre volte tradizionale, altre volte ancora, liberale, futurista o visionaria... Si recuperano le effigi di grandi leader del passato come Giorgio Almirante per colmare il vuoto lasciato da anni di incapacità nel saper elaborare nuove forme di politica e di fare politica. Lo scioglimento di Alleanza Nazionale, la frammentazione ulteriore dell'ambiente di destra, la defezione della pattuglia finiana ha causato un disorientamento nella base e nella dirigenza che ora, con punte di inutile nostalgismo, guarda al passato nella speranza di trovare risposte.
Troppo tardi. Il passato è stato abbandonato per una eccessiva fiducia nel futuro. Ripensare al Movimento Sociale e ai suoi storici segretari significa comportarsi come il 'camerata Barbagli' che parla alla statua bronzea di Mussolini "certo che il Duce sappia consigliargli sagge mosse sul Pianeta Rosso".
E' ormai diffusa una pratica di recupero (leggi anche riciclo) di idee ed ideali, esautorati dalla macchina propagandistica. Ma l'unico valore che realmente manca alla destra del 2012 è quello della determinazione, del saper essere lucidi e risoluti nel pianificare una strategia e raggiungere l'obiettivo.
Lucidità, serenità, equilibrio e sana ambizione: questi gli elementi che andrebbero recuperati al fine di restituire alla base elettorale e ai militanti fiducia e coraggio nell'affrontare nuove sfide. Base che non ha bisogno di chiacchiere e reducismi: passato ed identità sono incancellabili e neanche il più abile oratore potrebbe mai annientare un humus comune. L'unico insegnamento che si possa trarre dal passato è il senso del dovere e del coraggio di chi è venuto prima e che ora lascia il suo testimone in un gesto di continuità ideale.
Marco Petrelli