(ASI) - Nei prossimi anni si calcola che circa sei milioni di cittadini raggiungeranno l’età pensionabile, aprendo un vuoto occupazionale che sarà molto difficile da colmare e mettendo sotto stress la sostenibilità finanziaria dell’intero sistema previdenziale nazionale. Il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati infatti, si sta progressivamente riducendo, con effetti immediati sia sui conti pubblici, sia sulla capacità dello Stato di garantire prestazioni adeguate.
Il nodo principale non è soltanto demografico, ma anche occupazionale. L’Italia presenta tassi di partecipazione al lavoro tra i più bassi d’Europa, in particolare riguardo donne e giovani. Questa doppia debolezza amplifica l’impatto dell’esodo generazionale: a fronte di milioni di pensionamenti, le nuove forze lavoro non sono sufficienti né per numero né per forza e stabilità contributiva.
Secondo gli ultimi rapporti Eurostat, un aumento di dieci punti percentuali dell’occupazione femminile porterebbe a un incremento significativo del gettito contributivo, alleggerendo il peso delle pensioni sul bilancio statale. Ma ciò implicherebbe politiche mirate, atte a conciliare lavoro e vita familiare, quali ad esempio l’estensione dei congedi parentali condivisi, investimenti produttivi negli asili nido e incentivi fiscali alle imprese che adottano modelli di flessibilità.
Non basta semplicemente sostituire chi esce dal mercato con contratti precari o part-time involontari; serve una strategia di lungo periodo che sia premiante in termini di stabilità occupazionale e resilienza lavorativa, grazie a una formazione continua, in modo da rendere i lavoratori più adattabili ai mutamenti tecnologici e produttivi.
L’allarme pensioni non è un’emergenza improvvisa, ma è conseguenza diretta di dinamiche pregresse e note da tempo. L’Italia è chiamata ora a un cambio di paradigma: dal contenimento della spesa al rafforzamento delle basi produttive e contributive. L’esodo di sei milioni di lavoratori non deve essere visto soltanto come una minaccia, ma come un’occasione per ripensare il mercato del lavoro in chiave inclusiva e sostenibile. È dunque necessario ripartire dalle donne e dai giovani, creando condizioni lavorative in cui il lavoro abbia un’evoluzione stabile e anche qualificata, ossia in grado di garantire equità tra generazioni e soprattutto sostenibilità del sistema sociale pensionistico.
Carlo Armanni - Agenzia Stampa Italia



