Lavoro: a rischio 120mila occupati, ma nel contempo 190mila posti fissi rimangono inevasi

A novembre 2024 record storico italiano di lavoratori dipendenti con un contratto a tempo indeterminato

(ASI) Si tratta di uno dei “paradossi” del nostro mercato del lavoro. Nonostante le numerose crisi aziendali che affliggono il Paese stiano mettendo a rischio quasi 120mila posti di lavoro, entro i prossimi tre mesi le imprese italiane hanno dichiarato all’Unioncamere/Ministero del Lavoro l'intenzione di assumere 1,37 milioni di lavoratori[1], di cui 380mila circa a tempo indeterminato. Tuttavia, in un caso su due, sussiste il rischio di non poter procedere alle assunzioni a causa della carenza di candidati o dell'impreparazione delle persone che si presentano ai colloqui. Pertanto, a fronte di 120mila lavoratori che potrebbero perdere il posto, nei primi tre mesi di quest’anno le imprese non sarebbero nelle condizioni di coprire, nemmeno offrendo un posto fisso, almeno 190mila posizioni lavorative[2]. Con un costante decremento della popolazione giovanile e un incremento significativo della fascia più anziana, gli imprenditori manifestano una crescente preoccupazione per la mancanza di personale che è decisamente superiore ai possibili effetti di una nuova crisi che, tuttavia, si sta diffondendo in buona parte dell'Unione Europea. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA.

  • Sempre meno giovani che entrano nel mercato del lavoro

Il numero dei giovani presenti nel mercato del lavoro è in costante diminuzione, un trend che, comunque, sta interessando la gran parte dei principali paesi del mondo occidentale. In Italia, però, la situazione è molto più critica: “…La fascia di età 25-34 è passata da circa 8,5 milioni di persone nel 2004 ai 6,2 milioni attuali. Si tratta di un crollo inedito rispetto al passato e tra i più accentuati in Europa. La forte riduzione del rinnovo della popolazione attiva va trascinare via via verso il basso la forza lavoro potenziale. In particolare la fascia 35-49 è passata da oltre 14 milioni di residenti nel 2014 a meno di 11,5 milioni nel 2024, con la previsione di scendere a meno 10 milioni entro il 2040…”[3].

  • Nel contempo entro il 2028 ben 3 milioni di addetti andranno in pensione. Sostituirli sarà un problema

Auspicando che le crisi industriali scoppiate in questi ultimi mesi si concludano con soluzioni che garantiscano la continuità aziendale e la salvaguardia dei posti di lavoro interessati, con pochi giovani e il conseguente invecchiamento della popolazione in atto nel nostro Paese provocheranno nei prossimi anni moltissime criticità, anche al sistema economico e produttivo del Paese. Squilibri che nessuno, in tempi ragionevolmente brevi, sembra avere gli strumenti appropriati per  affrontare con successo. A tal proposito è utile ricordare che, alla luce

delle informazioni riportate nel report “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia nel medio termine (2024-2028)”[4], il fabbisogno occupazionale delle imprese pubbliche e private presenti in Italia in questo quinquennio dovrebbe attestarsi attorno ai 3,6 milioni di occupati. Di questi, l’83 per cento circa, pari in valore assoluto a quasi 3 milioni di addetti, dovrebbe sostituire chi è destinato a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età. Pertanto, considerando le difficoltà nel reperimento di personale e il numero esiguo di giovani alla ricerca della prima occupazione, nel prossimo decennio la vera sfida non consisterà tanto nella reintegrazione di coloro che hanno perso il lavoro a causa di crisi aziendali, quanto piuttosto nella copertura dei posti vacanti.

  • Ma a novembre record storico di dipendenti con il posto fisso

Sebbene le ore di Cassa Integrazione Guadagni (CIG) totale autorizzate siano in deciso aumento[5] e la questione salariale sia tornata prepotentemente a infiammare il dibattito politico nazionale dopo la grave perdita di potere d’acquisto registrata negli anni post-Covid, in valore assoluto il numero dei lavoratori dipendenti italiani con il posto fisso ha toccato, nel novembre scorso, il suo record storico[6] pari a 16.264.000 addetti. Per contro, i lavoratori a termine sono in flessione; sempre nello scorso mese di novembre si attestano attorno alla stessa soglia che avevamo a novembre del 2020, vale a dire 2.652.000 occupati. Un risultato importante che, comunque, va analizzato attentamente. Il livello retributivo in Italia si presenta mediamente inferiore rispetto a quello riconosciuto ai dipendenti dei paesi con cui competiamo quotidianamente. E sebbene un lavoratore possa beneficiare del cosiddetto posto fisso, non è da escludere che, a causa di uno stipendio molto contenuto, si trovi invischiato nelle nuove forme di povertà[7] sempre più diffuse soprattutto nelle grandi aree urbane. Fenomeni di profondo disagio che sino a un decennio fa non avvertivamo con la stessa preoccupazione con cui si presentano ora. Tuttavia, se l’alternativa alla crescita dei lavoratori con il contratto a tempo indeterminato è la disoccupazione, la precarietà o, peggio ancora, il lavoro sommerso, non possiamo che salutare con soddisfazione il record ottenuto.

  • E’ raddoppiata la difficoltà nel trovare il personale: in 2 casi su 3 dirigenti e operai specializzati sono irreperibili

Secondo gli imprenditori italiani, tra il 2017 e l’inizio di quest’anno la percentuale di difficoltà nel reperire il personale è più che raddoppiata. Se otto anni fa 21,5 imprenditori su cento avevano denunciato la grave difficoltà nel trovare collaboratori da assumere nella propria attività, per l’anno in corso la soglia è salita al 49,4. In buona sostanza un imprenditore su due non riesce a trovare addetti da assumere nella propria azienda (vedi Graf. 1). Le differenze a livello regionale sono molto importanti. L’Umbria è la realtà territoriale maggiormente in crisi; sempre secondo l’indagine Unioncamere/Ministero del Lavoro presentata nei giorni scorsi, il 55,7 per cento degli imprenditori intervistati ha denunciato la difficoltà di reperimento. Seguono le Marche con il 55,6, il Friuli Venezia Giulia e il Veneto con il 55,1. Infine, degli 1,37 milioni di nuovi assunti previsti in questi primi tre mesi del 2025, oltre 414.300 unità dovrebbero interessare il Nordovest. Seguono il Sud con 362.400, il Nordest con 315.350 e il Centro con 281.100. Il Nordest dovrebbe essere la ripartizione geografica dove la difficoltà di reperimento del personale è più elevata e pari al 54,3 per cento. Seguono il Centro con il 49,1, il Nordovest con il 48,8 e il Mezzogiorno con il 46,1 (vedi Tab. 1). Le categorie professionali che più delle altre si faticano a trovare sul mercato del lavoro sono i dirigenti nel 68,2 per cento dei casi e gli operai specializzati nel 66,9 (vedi Graf. 2).

 

  • Quest’anno solo al Sud le assunzioni sono previste in aumento

Ad eccezione di Benevento e Chieti, in tutte le province del Mezzogiorno nel primo trimestre di quest’anno è previsto un aumento delle assunzioni rispetto alle previsioni riferite allo stesso periodo del 2024. Nel resto d’Italia, invece, per 45 province del Nord e del Centro le variazioni saranno anticipate dal segno meno. La situazione più virtuosa è attesa a Siracusa con il +29,8 per cento (+1.770 entrate). Seguono Foggia con il +25,9 (+2.070), Matera con il +23,6 (+670), Vibo Valentia con il + 20,1 (+350) e Messina con il + 19,1 (+1.700) (vedi Tab. 2). Nonostante il depotenziamento previsto per il 2025, la decontribuzione relativa alle assunzioni nella Zona Economica Speciale (ZES) unica per il Mezzogiorno e l'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresentano i due elementi fondamentali in grado di "giustificare" l'eccellente performance occupazionale attesa nel Mezzogiorno in questi primi mesi dell’anno.

[1] Unioncamere, “Lavoro: 497mila entrate previste dalle imprese a gennaio, Roma”, 10 gennaio 2025.

[2] L'importo corrisponde alla metà delle 380.000 assunzioni previste a tempo indeterminato; infatti, solo in un caso su due le nuove immissioni nel mercato del lavoro nel primo trimestre del 2025 dovrebbero aver luogo, a causa delle difficoltà di reperimento del personale.

[3] Alessandro Rosina, Rafforzare attrattività e capitale umano per vincere le sfide demografiche, Il Sole 24 Ore giovedì 2 gennaio 2025, pag. 13.

[4] Unioncamere, “Nel quinquennio 2024-2028 saranno necessari tra 3,4 e 3,9 milioni di lavoratori”, Roma, 6 settembre 2024.

[5] Secondo gli ultimi dati disponibili dell’INPS, +20 per cento tra gennaio-settembre 2024 su stesso periodo del 2023.

[6] Almeno dal 2004, anno in cui è iniziata la rilevazione mensile dell’Istat “Occupati e disoccupati (dati provvisori)”.

[7] Energetica, educativa, abitativa, alimentare, etc.

 

 

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