(ASI) La recente approvazione del disegno di legge sull’autonomia differenziata, a firma Calderoli, “mette seriamente in allarme” tutto la comunità medico-scientifica, alla luce di un provvedimento che rischia di fomentare e aggravare le diseguaglianze che regnano già da tempo sovrane in un sistema salute che è alle prese con una crisi profonda, con una ferita che si sta pericolosamente cronicizzando, frutto certamente delle poco efficaci politiche sanitarie.
Amsi (Associazione medici di origine straniera in Italia), accanto a Umem (Unione Medica Euromediterranea), nell’ambito del raggio di azione del movimento internazionale Uniti per Unire, sempre in prima linea sulla questioni legate alle battaglie per rilanciare e ricostruire una sanità “alla portata di tutti”, in particolar modo per le fasce di popolazione più fragili e più deboli, non nasconde la sua grande preoccupazione per le conseguenze che potrebbero ricadere come macigni sulla già fragile gestione delle cure dopo l’approvazione del ddl sull’autonomia differenziata voluto dall’Esecutivo.
La valorizzazione dei professionisti sanitari, la necessità di arginare le fughe all’estero e le dimissioni volontarie che arrivano a raffica, non possono più attendere secondo i vertici di Amsi, così come la realtà di medici e infermieri di origine straniera rappresentano, con le 100mila unità presenti nel nostro Paese, un patrimonio dal valore inestimabile, che non può subire discriminazioni, oppure sottostare al soffocante “gioco ” della burocrazia.
Amsi sottolinea, senza mezzi termini, come l’autonomia differenziata, senza un alveo di regole che ne sappiano frenare i possibili effetti negativi, rischia di peggiorare moltissimo la già delicata realtà dei professionisti sanitari di casa nostra, alla luce di una lacerante carenza di personale evidenziata da numeri allarmanti: 500 tra medici e infermieri ogni mese lasciano l’Italia, con oltre 9mila professionisti che dal 1° gennaio 2023 hanno chiesto ad Amsi di abbandonare il nostro Ssn, minando nel profondo la già precaria stabilità dei sistemi sanitari del Mezzogiorno, con organici ridotti drammaticamente all’osso e con il diritto alla salute che potrebbe non essere garantito equamente per tutti.
“Non vogliamo e non possiamo permetterci una Italia della sanità spaccata in due. Abbiamo bisogno di una politica sanitaria concreta, lungimirante, con un potere centrale costruito su un ministero della Salute capace di dettare finalmente le linee guida”, dicono da Amsi.
Ben vengano, questo è il pensiero di Amsi, aziende sanitarie lungimiranti che possono offrire ai cittadini una sanità di qualità, come lo sono oggi quelle di Emilia Romagna e Veneto, ma la loro crescita non può avvenire a vantaggio di territori come Calabria, Campania e Sicilia, che soffrono già le pene dell’inferno e dove rischiamo seriamente di arrivare a quei “deserti sanitari” dove i cittadini, per curarsi, saranno costretti ad andare fuori regione o addirittura rinunceranno del tutto a tutelare la propria salute.
Così come a livello internazionale, Umem e Uniti per Unire, “chiedono” una politica estera italiana efficace per concretizzare le cooperazioni internazionali e ridurre le disparità tra l’Europa e i Paesi più poveri, facendo sentire forte la propria voce sulle altre realtà del vecchio continente. Allo stesso modo Amsi chiede al nostro Governo, per la politica sanitaria, un lungimirante piano di coordinamento con le Regioni prima che sia troppo tardi.
La tutela della salute dei cittadini, in particolar modo dei soggetti più fragili, dei malati cronici, dei disabili, dei bambini, degli anziani, sia finalmente un obiettivo comune a tutti, dalle istituzioni agli ordini professionali, senza divisioni, senza lotte intestine, alla luce di un invecchiamento della popolazione che necessita di personale sempre più specializzato.
Non è il momento, secondo Amsi, delle scelte azzardate. Un Paese civile degno di tal nome può e deve offrire ai propri cittadini, da Nord a Sud, la medesime possibilità nelle cure, così come non esiste un futuro per il sistema salute, sia italiano che mondiale, senza che medici e infermieri siano finalmente al centro del progetto, compresi tutti i professionisti, senza distinzione, che rappresentano una risorsa enorme su cui contare da non depauperare.
Foad Aodi - Agenzia Stampa Italia