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Il Confine Orientale d'Italia: una provincia abbandonata?

(ASI) Giunge come un macigno la notizia comparsa su Il Piccolo, il giornale di Trieste, esattamente in data otto gennaio 2012.

In un articolo, si racconta che l’Associazione dei Carabinieri ha bandito una sottoscrizione per il restauro della copertura del Sacrario di Oslavia, raccogliendo soli 1.200 euro (!) a fronte dei 450 mila necessari. Ovviamente, il Governo, sembra non abbia la minima intenzione di erogare nulla, mentre la provincia di Gorizia ne ha promessi 50 mila, simbolici peraltro, visto il totale necessario. A tal proposito, è d'uopo una considerazione d'obbligo: il confine orientale d'Italia, nel 2012, consiste in una provincia abbandonata?

Non voglio pensare ai tagli delle FS, o alle difficoltà immani di un manager che opera alle Generali per fare il tratto in treno da Milano a Trieste e viceversa. Non voglio nemmeno indicare le intricate vie di comunicazioni stradali. Non è nemmeno mia intenzione parlare del declino statalista in Friuli – Venezia Giulia. Mi soffermo momentaneamente sul dato sopraccitato.

Ancora oggi, in certe frange della storiografia, si parla di “conquista” del confine orientale, avvenuta nella guerra del '15 – '18. L'Italia avrebbe aggredito l'Austria – Ungheria in nome di una imprecisata volontà di potenza, per ergersi ad egemone sull'Adriatico – Mediterraneo. Nulla di più falso. Il Confine Orientale d'Italia, uso le lettere maiuscole, era oggetto dell'ideale nazionale italiano dal 1848 in poi, e conchiudeva l'ideale risorgimentale. I patimenti e le ingiustizie degli italiani che vivevano sotto “l'Austria Felix” sono ancora oggetto di rimozione collettiva, (a tal proposito rimando la lettura al mio saggio Il Carattere italiano della Venezia Giulia e della Dalmazia, ed. Quattroventi, 2009), e solo in una determinata ottica si può capire il 24 maggio del 1915.

Altrettanto assurdo è lo sminuire la pubblicistica irredentista e il movimento correlato. Consiglio, ancora oggi di visionare le pubblicazioni sui volontari della Venezia Giulia, edite negli anni '20 e '30  del secolo scorso, per comprendere maggiormente. O l'idealismo militante de La Voce, in grado di capire le differenze tra mero nazionalismo e politica liberal – nazionale.

Quel che traspare quindi, dal mancato reperimento di fondi per il Sacrario di Oslavia (ovviamente, sarà lapalissiano il dirlo, ma in una determinata epoca il nome era oggetto dell'immaginario e del pianto collettivo di una nazione, ed invece oggigiorno nessuno sa nemmeno inquadrarlo nella carta geografica italiana) è la completa lontananza di intenti e spiriti di questa Italia con quella di novant'anni fa. Ed è logico che la storia e il tempo facciano il loro inesorabile corso, seppur in determinate condizioni. A tal proposito, vorrei chiedere agli amministratori nostrani a cosa siano servite le celebrazioni patriottarde dei 150 anni dell'Unità Nazionale, se i figli caduti per l'Unità non possano nemmeno avere degna sepoltura. Vorrei chiedere loro, se è lecito questo processo irreversibile.

Si comincia con il Sacrario, considerato inutile, e si arriva ai treni. Le FS non garantiscono il servizio di pulizia dei WC nelle stazioni. Quindi, chi arriverà in treno a Redipuglia a pregare presso la tomba di un suo parente, non potrà usufruire dei servizi igienici della stazione. Poco male, si penserà, andrà altrove. Ottimo esempio di civiltà, mi verrebbe da commentare causticamente.

I Caduti di Oslavia e le poesie di d'Annunzio sono inutili si penserà. Ebbene, puntiamo sulla tradizione marinara italiana. Stranamente, il porto di Capodistria, in Slovenia, può vantare traffici commerciali ben superiori a quello di Trieste, e quest'ultimo è molto più grande, ma legato a vincoli di quasi sessant'anni fa. Se consideriamo inoltre i dati del 1931 (e intendo sottolineare la data, visto che si tratta di ottant'anni orsono) dei commerci nella Venezia Giulia, in piena crisi economica mondiale, come quella del 2012, notiamo una regione in crescita economica impressionante, con politiche agevolanti in tutto e per tutto lo sviluppo. Coloro i quali non crederanno alle parole che ho appena scritto, possono contattarmi per avere i dati in questione.

Si parla di investimenti per il meridione, e di agevolazioni per il Sud Italia. Tristemente si potrebbe dire, che all'estremo nord, vi sia una provincia abbandonata da Roma. Favorendo la nascita di gruppuscoli insignificanti e ignoranti la storia patria, auspicanti un nuovo Impero austro – ungarico, non avendo compreso che l'Austria Felix è esistita nella pubblicistica più che nella realtà. Un'ulteriore considerazione: il giorno del ricordo dell'esodo giuliano – dalmata non sia solo mero nostalgismo per le province scomparse, come quella di Fiume, Pola, Zara e le mutilazioni di Trieste e Gorizia. Siano invece anche occasione di rilancio di una regione che sta morendo, con la complicità silenziosa di uno stato menefreghista.

Cominciamo dal Sacrario di Oslavia, potenziamo i treni per Trieste e diamo slancio alla Regione. Sono solo tre piccolissime indicazioni: la memoria storica, gli spostamenti (e quindi i traffici commerciali) e l'economia.

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