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Articolo 18: lo specchietto per le allodole

(ASI) Non appena il governo antisociale dei banchieri e dei poteri forti si è insediato per finire di debellare l’Italia i meno sprovveduti hanno subito capito che il baratro sarebbe stato sempre più vicino e che, socialmente parlando, si era giunti alla frutta.

 

C’è da dire che la stampa liberista di regime ha fatto di tutto per legittimare questa degenerazione della democrazia, un governo eletto che ha lasciato "di propria volontà" le poltrone per il bene dell’Italia, e far ingoiare l’amara medicina ai cittadini; c’è stata perfino una ministra che, forse per farsi benvolere dagli italiani, annunciando una manovra finanziaria che ci avrebbe reso, noi cittadini, più poveri ed indifesi si è perfino lasciata andare ad un pianto inconsolabile come non se ne vedevano dai tempi dai tempi dell’antichità classica quando alcune donne venivano appositamente pagate prezzolate per piangere nei funerali.

Finite le lacrime quella stessa ministra ha subito mostrato il vero volto di questo esecutivo, tutto tasse e tagli allo stato sociale, ventilando la possibilità di abolire l’articolo 18 per rilanciare l’occupazione, un vero e proprio ossimoro logico francamente difficile da condividere, e che gli italiani hanno già smascherato in referendum del 2003.

Subito il mondo della politica si è scatenato su questa possibilità con i sindacati pronti ad annunciare battaglie; e mentre i politici facevano finta di litigare Monti ed i suoi continuava a peggiorare la situaizon e degli italiani con il placet di Giorgio Napolitano, un personaggio che continua a essere perfino stimato dalla gran parte degli italiani.

La discussione sull’articolo 18 però appare solamente uno specchietto per le allodole.

Subito infatti politici di entrambi gli schieramenti hanno iniziato ad avanzare proposte di riforma al comparto lavoro per la gran parte simili tra loro lasciando sì intatto il disposto anti licenziamenti ma prevedendo la possibilità per il datore di lavoro di rescindere il contratto a tempo indeterminato entro 2 anni e 364 giorni.

L’Italia, come tutti sanno, è la patria delle piccole e medie imprese, ovvero quelle con meno 15 dipendenti che quindi non si avvalgono dell’articolo 18.

Cui prodest la cancellazione di questo divieto di licenziare i dipendenti senza giusta causa?

Secondo le ultime stime le imprese con più di 15 dipendenti sono il 46% di quelle nostrane, rappresentate in gran parte da quelle che gravitano nell’universo Fiat con la famiglia Agnelli-Elkann che da decenni ha capito come aggirare il problema, ovvero mettendo a libro paga dello Stato, cassa integrazione o simili, i lavoratori in esubero.

Le altre aziende maggiori sanno bene che basta delocalizzare e trasferire i lavoratori in modo coatto perché questi si dimettano senza ricorrere all’articolo 18.

Fatte queste premesse una revisione del divieto di licenziamento a quante aziende potrebbe giovare, forse il 10% del totale, pochine per giustificare tutto il putiferio delle ultime settimane.

E se dietro però ci fosse un disegno ben più vasto?

Alla fine difficilmente l’articolo 18 verrà toccato, nel classico gioco delle parti tra governo e parti sociali lo scontro delle ultime settimane appare puro folklore e nulla più, non vorremo però che per non sacrificare uno dei punti fermi del contratto di lavoro si lavori di fino su altri diritti acquisiti o altri capi saldi dello Stato sociale solo per permettere ai sindacati di dire di aver difeso l’articolo 18 e a Monti e alla Fornero di aver finalmente riformato il mondo del lavoro.

Occhi aperti italiani perché questo governo antisociale non farà mai i nostri interessi.

 

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