(ASI) Siamo giunti a fine anno, questo 2022 sembra essere volato, e con lui sono volati i cardini fondanti della civiltà moderna e tante certezze , tra cui pace e stabilità internazionale.
Non siamo ancora fuori dalla Pandemia da Coronavirus, basta guardare quello che sta avvenendo in Cina, eppure il mondo trova anche il tempo di fari la guerra, nonostante tutto, nonostante il benessere, la globalizzazione e quella che in ‘nerd’ chiamano cyberwar. Come dicevamo, il 2023 non ci riserva nulla di buono, né sul piano economico legato e imbavagliato alla crisi geopolitica del vecchio continente, né sul piano militare in se per se. Una escalation della guerra in Ucraina è previsto proprio agli inizi del nuovo anno, quasi a voler suggellare il fatto che si combatte oramai da 1 anno con centinaia di migliaia di morti da entrambi i fronti. La Russia di Putin oramai combatte solo ed unicamente per non perdere faccia e onore, e per questi motivi la brutalità è stata decuplicata uccidendo persone innocenti non essendo in grado di sconfiggere l’esercito di Kiev sul campo di battaglia. I timori di un ingresso in guerra della Bielorussia sono sempre maggiori, e con essi la possibilità che la NATO risponda in maniera diretta a questo coinvolgimento di un’altra nazione nel conflitto. Dopotutto le guerre che noi consideriamo ‘mondiali’ sono iniziate così, e sembra proprio che l’Umanità non abbia imparato nulla da quelle lezioni tanto che ancora oggi nel terzo millennio vediamo le trincee, le bombe e i morti ammassati a cataste ai bordi di questi chilometrici buchi nel terreno a difesa delle posizioni nella maggior parte dei casi indifendibili.
In Italia, che non è più il giardino d’Europa oramai da qualche secolo, la guerra giunge col filtro della propaganda da entrambi le parti, e siccome da giardino ci siamo trasformati nella spiaggia del mondo visto che i migranti arrivano tutti qui, allora le questioni da affrontare sono troppe, ma ahimè, è il tempo a mancare. “Ogni volta che accendo la televisione mi viene da sorridere - esordisce Gianni Lepre, opinionista economico del Tg2 e presidente della Commissione Reti e Distretti Produttivi di Odcec Napoli - specie quando mi godo i litigi sui grandi problemi della nazione: il reddito di cittadinanza, il limite ai contanti, la querelle sul Pos, l’assegno unico, l’innalzamento delle pensioni minime, le furibonde polemiche politiche dei 5 Stelle, come del PD che ancora rosicano amaro per la sconfitta subita. Me la godo, ovviamente in senso lato, perché sembra di essere in un deserto seduti a prendere il tè mentre in lontananza vediamo avvicinarsi velocemente una tempesta di sabbia che spazzerà via ogni cosa. Noi siamo lì a sorseggiare e dibattere su questioni che basterebbe 1 ora per definire per poi passare appresso a schermare il nostro Paese da tempeste più o meno globali”.
Il prof. Lepre ha poi continuato: “In questo periodo storico di profonde incertezze e grandi speculazioni, l’interesse nazionale dovrebbe essere quello di risolvere le questioni vitali per il Paese non certo perdere il tempo dietro a manovre di bilancio fatte di misurine nelle quali si elargiscono gli spiccioli. Oggi come oggi, a 2023 in arrivo, con lo tsunami della guerra che si allarga e soprattutto si innalza, le priorità per il Sistema Paese sono altre. La manovra economica ha destinato alla questione energetica e del caro bollette una somma importante, ma altrettanto importante dovrebbe essere la somma che lo Stato dovrebbe garantire per promuovere il sistema industriale italiano, il made in Italy e tutto quell’architrave imprenditoriale che è dietro il brand italia. Fino ad adesso abbiamo visto gli spiccioli, lì dove sono arrivati. Ma non solo - ha poi evidenziato il noto economista, volto popolare al Tg2 Italia - si parla tanto di rinnovabili, di green, ma cosa stiamo facendo realmente per garantirci l’indipendenza energetica dalla Russia? Mica speriamo di piazzare qualche pala eolica e non aver più bisogno del gas siberiano? Tutto ciò che noi estraevamo nel mediterraneo che fine ha fatto? Dove è finito il grano italiano? E le materie prime di qui abbonda il sottosuolo di alcune regioni italiane? Non è ancora chiaro il fatto che la Russia ci tiene alla canna del gas solo per assicurarsi la nostra neutralità nella sua espansione imperialista? Ma è stato sempre così. Possibile che lo abbiamo capito a spese dell’Ucraina?”.
Domande lecite quelle che si pone il prof. Lepre, ma che sicuramente non troveranno una risposta adeguata da parte di chi è preposto a rispondere e a risolvere, ma non perché non vi sia una risposta, ma perché qualcuno potrebbe vergognarsi un po troppo nel dover ammettere di aver consegnato l’Italia ai Soviet sul versante energia, cosa che comunque, qualsiasi sia stata la finalità, l’esigenza o la convenienza economica, resta un crimine politico contro l’integrità della Nazione.
Il prof. Lepre ha poi concluso: “Quello di cui abbiamo bisogno in Italia è un Piano Marshall domestico, o di una riforma sostanziale dello stato dell’economia nazionale, chiamatelo come volete, che metta al sicuro il Paese non solo dalle speculazioni energetiche che avvengono ad Amsterdam, ma da tutto quello che sta portando la guerra nel cuore dell’Europa. Una sostanziosa parte di questo Piano potrebbe essere composto dai fondi del Pnrr i cui prossimi 21 mld di euro giungeranno in primavera grazie al raggiungimento di tutti gli obiettivi ottenuto dal governo Meloni. L’importante, come già detto prima, è non fossilizzarsi su misure che hanno un impatto relativo sulla vita delle persone; un esempio?: costa molto di più elargire il reddito di cittadinanza a chi ne ha diritto che non trovare un posto di lavoro reale a tutti. La prima è un’operazione economica, la seconda politica. Come faceva la DC di un tempo, ve lo ricordate? Perché allora la disoccupazione era bassissima? Perché allora lavoravano tutti con dignità e salari adeguati? Cosa è cambiato in 50 anni? Sono queste le domande che dovremmo farci, e non applaudire alle pensioni minime portate a 600 euro nel 2022 quando con quella cifra non ci campi nemmeno 1 settimana. Allora la domanda resta una sola: Dove vogliamo che vada l’Italia?”