(ASI) Proprio ieri, ci siamo chiesti: ma la destra e la sinistra sono ancora presenti nella scena politica italiana ed europea? Ne abbiamo discusso ricordando alcuni studiosi dell’area e l’idea sostanziale era semplice: una diade destra e sinistra esiste, poiché quotidianamente discussa. Ma queste elezioni che colpo hanno sferrato a tale dicotomia?
La sinistra ha caratteristiche mutate rispetto al passato e negli ultimi anni gli studi di settore (G. Sartori, M. Ravelli, C. Preve, A. Panebianco) ne hanno sottolineato le debolezze.
In apparenza sui social, nei salotti televisivi o in quelli culturali (quei pochissimi ancora esistenti) c’è una grande domanda di confetti di sinistra. Quello che e evidente però è l’assenza di un incontro tra domanda e offerta, perché i partiti del Pd raccolgono pochissimi voti. La crisi della sinistra quindi, affonda come è chiaro sulla sua mutata ideologia.
Sulla crisi ideologica della sinistra avevamo ricordato con Bobbio (destra sinistra) i paradigmi eguaglianza/diseguaglianza e libertà/ autorità, imprescindibili per comprendere la base politica della sinistra e la base della destra. Pensieri progressisti, riformisti, democratici, sociali, lavorativi, però sembrano obiettivi dimenticati dai programmi elettorali della sinistra (Pd?) e gli elettori, che in passato si erano affidati ad essa, erano legati ad un concerto e desiderio di cambiamento e di miglioramento delle proprie condizioni. Proprio su queste basi i partiti di sinistra avevano fatto la loro fortuna, erano stati convincenti nel rappresentare il desiderio di cambiamento. Se sulla scena politica si affaccia poi un partito che offre di più ( vero o falso lo vedremo, Meloni, Fratelli d’Italia) risulta chiaro che una buona quota di un elettorato in confusione lo voterà, perché affine ( o forse no) ai mutamenti sociali che stanno percependo. Si è verificata quindi una frattura tra ideologia e opinione, dove l’elettore si sente meglio rappresentato da partiti ideologicamente lontani dalla sinistra, ma che ai suoi occhi sembrano proseguire ( chiaramente a proprio vantaggio) un nuovo modo di fare lotta di classe.
Proprio sul fattoquotidiano Andrea Belelli poco tempo fa, ci ricordava che alcuni capisaldi alla base della sinistra come il lavoro (sorretto da quell’inno dei lavoratori sbiadito di Filippo Turati) sta scomparendo, e che vale la pena ricordare come l’Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro ( lo ricordiamo a chi crede che il reddito di cittadinanza sia un pass che ci include nella società; il lavoro non è un optional).
È chiaro poi che Giuseppe Conte presenti la sua linea politica come di “sinistra”, anche perché nessuno, me compreso, ha ben chiaro cosa significhi oggi “essere di sinistra”, per alcuni partiti. Matteo Renzi è sempre stato un democristiano, non ha svecchiato la sinistra ma gli ha solo insegnato a strizzare l’occhio all’imprenditoria privata, dimenticando l’elettorato in crisi, un vero abominio per le idee della sinistra. Il Pd è quindi il frutto di questa mutazione ibrida e la colpa è palesemente dei suoi politici. Una riformulazione esplicita dell’ideologia della sinistra è, obtorto collo, necessaria, ma mai come ora, perché deve tener conto delle nuove aspettative degli elettori: spiegare al suo elettorato perché si o perché no i passi intrapresi dalla destra possono nuocere ai loro interessi o al loro status di lavoratori, nonché parlare di più con quella nuova classe operaia da loro dimenticata: le partite iva. Dopo i risultati di ieri c’è una prima volta per tutti, anche per la Repubblica italiana. Il primo governo di destra è pronto a insediarsi nei prossimi giorni e a dettare le regole sarà Giorgia Meloni, forte di un risultato che la carica di responsabilità; staremo a vedere se i treni arriveranno in orario.
Emilio Cassese - Agenzia Stampa Italia