(ASI) Belluno è la città italiana più colpita dal surriscaldamento con un aumento di 2 gradi che è causa di sconvolgimenti ambientali come lo scioglimento dei ghiacciai. E’ quanto afferma la Coldiretti, sulla base di un’analisi EdjNet, nell’esprimere cordoglio per la tragedia della Marmolada dove sono morti sei alpinisti e altri diciassette sono dispersi a causa del distacco di un seracco di ghiaccio tra Punta Rocca e Punta Penia.
Secondo la ricerca dall’European Data Journalism Network il capoluogo bellunese è quella che ha fatto registrare il maggior aumento di temperature nel ventunesimo secolo in confronto alla media del ventesimo secolo – spiega Coldiretti -, capeggiando una classifica che concentra proprio al Centro Nord quasi tutte le città italiane che hanno avuto il maggior innalzamento delle temperature: Piombino (+1,7 gradi), Pavia, Piacenza (1,3 gradi), Savona La Spezia, Modena, Genova, Ancona, Bergamo, Livorno (+1,2 gradi).
Oltre che sui campi, gli effetti del cambiamento climatico si fanno dunque sentire anche sui monti – sottolinea Coldiretti – in un 2022 dove il periodo gennaio-maggio si piazza al sesto posto tra i più caldi di sempre, secondo un’analisi Coldiretti su dati Noaa.
Il risultato è un profondo cambiamento sul paesaggio della montagna che coinvolge tanto l’assetto dei ghiacciai quanto quello delle coltivazioni. Dai bacini glaciali delle Alpi dipende infatti anche la sorte della food valley italiana, dove nasce oltre 1/3 della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento Made in Italy, oggi colpita da una devastante siccità. I ghiacciai – evidenzia la Coldiretti – sono una parte fondamentale del ciclo dell’acqua e dell’irrigazione garantendo le risorse per affrontare stagioni estive sempre più torride dove la disponibilità di acqua risulta strategica per continuare a garantire la produzione nazionale di cibo.
Ma il surriscaldamento ha modificato anche la distribuzione delle coltivazioni stesse come dimostra il fatto che si è verificato nel tempo – precisa la Coldiretti – un significativo spostamento della zona di alcune colture come l’olivo che è arrivato alle Alpi. E’ infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera nord dell’olio d’oliva italiano.
Negli ultimi dieci anni – spiega la Coldiretti – la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno. Ma il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi – conclude Coldiretti - verso l’alto con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni più alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.