Il neo ministro della difesa, Giampaolo Di Paola, avrebbe liquidato i giornalisti che lo interpellavano sulla possibilità di effettuare tagli alle spese militari nell’ambito della nuova manovra economica varata dal Governo Monti, con un laconico “scordatevelo!”. Per i radicali, la determinazione del ministro si fa forza “dell’assenza totale, ormai da anni, di dibattito politico sulle spese militari e sul commercio internazionale di armi”.
Eppure, dicono gli esponenti del partito di Bonino e Pannella, non mancherebbe modo di attuare sostanziosi risparmi in questo ambito. A cominciare, per esempio, dai circa 15 miliardi di euro destinati all’acquisto dei 131 cacciabombardieri di ultima generazione “F35”, che costano 130 milioni ciascuno ed entreranno in produzione nel cantiere di Cameri (Novara). Per questi aerei, sono stati già spesi 2 miliardi di euro, pagati per far fede all’accordo iniziale sulla ricerca e sulla loro progettazione. Ma, come spiega Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci!, i 15 miliardi di euro restanti, l’Italia se li potrebbe ben risparmiare rinunciando al contratto perché “la penale da pagare, al contrario che per gli Eurofighter, al momento sarebbe ancora molto bassa: anche la Norvegia lo ha fatto”.
Senza dimenticare che la commissione difesa della Camera ha approvato all’unanimità, il 23 novembre scorso, cinque programmi d’acquisto di armamenti da destinare alle forze di terra. Si va dai blindati con cannone da 120 mm, ai veicoli tattici leggeri “lince”; dai veicoli tattici medi multiruolo, ai sistemi acustici per la localizzazione delle sorgenti di fuoco. “Affari d’oro per le industrie di morte, complice una maggioranza ampia. In un periodo di tagli, la politica militare è sempre in auge”, chiosano i radicali.
I quali attaccano anche sul fronte dei privilegi sull’esenzione ICI sugli immobili di proprietà ecclesiastica.. Una questione che, ha detto il Premier Monti, il Governo nepure si è posto nel pacchetto urgente adottato nei giorni scorsi.
Si tratta, come noto, dell’esenzione ICI che il Governo Berlusconi approvò per i beni di proprietà della Chiesa, anche quelli che non hanno una stretta finalità di culto, ma magari sono adibiti a finalità commerciali o alberghiere. Una misura che molte attività commerciali bollarono come una manifesta e odiosa disparità di trattamento perché, per esempio, a Roma, nella stessa via, un’attività ricettiva non paga l’ICI perché di proprietà ecclesiastica mentre quella di fronte, di proprietà privata, è invece costretta a pagarla.
Una “regalia” cospicua, che si estende a circa il 20% del patrimonio immobiliare italiano, secondo le stime della società finanziaria e immobiliare “Gruppo Re”. L’Anci (Associazione dei Comuni Italiani) ha calcolato che se anche la Chiesa fosse chiamata a pagare l’ICI sulle proprietà non destinate a fini di culto, entrerebbero nelle casse statali complessivamente circa 400 milioni di euro in più.
Secondo Mario Staderini, segretario di Radicali Italiani, questa cifra potrebbe arrivare tranquillamente a 700 milioni l’anno, tenuto conto della rivalutazione della rendita catastale del 60% prevista dalla manovra. “Ecco, conclude Staderini, cosa ci saremmo aspettati da Monti: colpire i privilegi e l’industria di morte”.
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