(ASI) Mi ha suscitato una certa sorpresa leggere e sentire, da politologi più o meno noti, affermazioni e giudizi avventati e sommarisul governo e su chi lo guida, nonché sul futuro prossimo di Mario Draghi.
Che il governo Draghi stia per finire è cosa ovvia, quasi scontata. Eppure lo dicono in pochi. La maggioranza, eterogenea, che sostiene il governo è stata concepita, voluta e imposta ai partiti da Sergio Mattarella. Così come è stato voluto e imposto ai partiti Mario Draghi. È, quindi, del tutto impensabile che possa rimanere attuale il progetto concepito da Sergio Mattarella uscito di scena il suo padre putativo. Il governo, al di là dei problemi ingigantiti dalla preoccupante ripresa dei contagi del virus, è destinato fatalmente a finire appena eletto il successore di Mattarella, dunque entro questo mese o al massimo i primi giorni di febbraio. È destinato a finire anche perché,sicuramente,non ci sarà più, a guidarlo, Mario Draghi. Su questa che per me è una certezza c’è qualcuno che ancora - e qui sta un’ulteriore sorpresa - ha dei dubbi. Qualcuno che ha molto opportunamente rilevato il logoramento di Mario Draghi da parte di alcuni partiti che ufficialmente sono in maggioranza, ma sono anche all’opposizione secondo gli interessi e le bizzarreaspettative dei potenziali elettori, si è, però, dimenticato di aggiungere che Mario Draghi ha già pronte le valigie, perché o va al Quirinale o, torna a casa, a Città della Pieve. Non ci sono altre ipotesi. Perché è impossibile che possa rimanere, come dicono ancora in molti, a palazzo Chigi. Più che logorato lui, si è logorato, direi esaurito, fatalmente, quel potere, diciamo pure strapotere, che ha avuto finora, e che ha gestito con una certa abilità. È dovuto al fatto che tra qualche giorno, al Quirinale, non ci sarà piùil suo protettore principe. Senza Mattarella, Draghi, a palazzo Chigi,senza elezione politica, rimarrebbe debole efragile, in balia dei partiti, mediocri, arruffoni, litigiosi. Ieri sera, l’ultima riunione del Consiglio dei Ministri è stata tesa e turbolenta. Le decisioni, contrastate, tra i capricci di segretari e ministri. Un’anteprima di quello che sarebbe, d’ora in poi,la sua attività istituzionale, disemplice, banale travet, senza orizzonte e senza futuro. Dovrebbe rimanere un anno così, fino alle elezioni, nella primavera del 2023, per essere poi messo, più o meno educatamente, alla porta. Ammesso, per pura, improbabile, ipotesi, che il nuovo capo dello Stato dovesse sceglierlo per guidare ancora il nuovo governo, Mario Draghi non potrebbe mai accettare. Meglio, molto meglio, per lui, fare le valigie subito. Al Pnrr, ci penseranno altri.
Fortunato Vinci - www.lidealiberale.com - Agenzia Stampa Italia