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Storace (La Destra): Il governo Monti non ci piace"

(ASI) Ieri sono iniziati i lavori del secondo Congresso nazionale. Storace: "E’ stato emozionante vedere quante persone, militanti e dirigenti, erano presenti e lo saranno ancora oggi, al Lingotto di Torino per seguire una due giorni che vede come unica protagonista La Destra".

 “Cantiere Italia”, è stata una dettagliata nella quale non si è solo percorso il nostro passato ma si è parlato soprattutto del nostro presente e del nostro futuro.
Sono stati toccati diversi argomenti, spesso dimenticati dai media, come il signoraggio bancario, il mutuo sociale, la preferenza nazionale. Temi che ci contraddistinguono dagli altri partiti e caratterizzano la nostra azione. Una relazione che è iniziata dall’omaggio, commosso e sentito, ai caduti di Nassirya nel giorno dell’anniversario di quella strage.
Storace ha parlato del rinnovamento del nostro statuto, con i delegati ora ad eleggere il comitato centrale: un esempio concreto della nostra contrarietà alle liste bloccate. Ce ne liberiamo definitivamente.
Vogliamo essere la forza politica che chiude la stagione dei privilegi della politica, quella che può far credere i cittadini che un cambiamento reale può essere attuato.
E poi ancora giovani, lavoro, nuovi media, sociale, sicurezza e legalità sono i temi affrontati dal Segretario nazionale che ha anche  proposto una serie di misure che possano restituire la capacità di credere nelle istituzioni, e non nell’antipolitica.
Tutto questo, congferma Storace, restando fermamente orgogliosi dei nostri valori, convinti assertori del bipolarismo e ritenendo necessaria la ricomposizione sotto forma di coalizione, anche strutturalmente federata, del centrodestra italiano.
E non poteva mancare un accenno alle attuali vicende politiche nazionali: con noi Silvio Berlusconi, libero dal ricatto finiano, ha dimostrato lealtà e altrettanto ha scoperto che a destra non ci sono più Giuda in circolazione, quelli che invece ha coltivato nel suo stesso partito. E, infine, il Leader della Destra ha ribadito anche che il governo Monti non ci piace.

Intervento integrale della mozione del Segretario Francesco Storace

"Carissimi delegati del secondo congresso nazionale de La Destra, militanti del partito e di gioventu’ italiana. In apertura di questa relazione consentitemi di ringraziarvi idealmente uno per uno per questi durissimi quattro anni trascorsi assieme, resistenti ad ogni lusinga e coerenti a idee che solo un traditore che ci ha ingannati per trent’anni poteva considerare finite. No, noi siamo qui, e con noi c’e’ l’Italia che resta orgogliosamente in piedi! Ad esempio, quell’Italia che tanti anni dopo piange ancora con ammirazione i gloriosi caduti di Nassirya. Quei Caduti di cui oggi ricorre l’anniversario dell’eccidio, non li dimenticheremo mai: sono figli della nostra Patria, i figli piu’ belli, quelli che l’estrema sinistra ha osato insolentire con slogan vergognosi. Onore a loro, disprezzo a chi li infanga!

 

Grazie ai membri della segreteria generale del congresso per aver preparato meticolosamente i nostri lavori, a partire dal segretario generale Livio Proietti: la vostra paziente opera di ascolto ci ha consentito di preparare il partito a questo suo secondo appuntamento congressuale, il terzo dalla costituente del 2007.

Grazie anche ai dirigenti piemontesi, a partire da Giuseppe Lonero, per essersi prodigati per la buona riuscita di queste giornate, orgogliosi della scelta fatta dal partito per localizzare il congresso qui a Torino. Abbiamo fatto la scelta di questa citta’, nel nome del lavoro. Abbiamo scelto la capitale della Fiat per rivendicare un modello di economia sociale legato alla partecipazione e al rispetto dei diritti di chi lavora.

 

Illustri autorita’ e graditi ospiti, siete al cospetto di una platea rappresentativa dell’Italia di destra, di quell’Italia che non ammaina le bandiere e disprezza le banderuole, di quell’Italia che predica giustizia sociale e odia chi specula, di quell’Italia che venera Borsellino e non tollera Ingroia, di quell’Italia che chiede tutela prima per i propri figli e poi per quelli degli stranieri. E’ vero, Winston Churchill disse che "Gli Italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre", ma questa e’ l’Italia che amiamo,  

In questo congresso sentirete parlare di temi sconosciuti agli addetti ai lavori, perche’ sono temi che parlano al popolo e non alle élite. Non vi aspettate lunghe dissertazioni da parte mia, almeno in questa relazione, sull'universo mondo e la politica internazionale e il rapporto tra nord e sud del pianeta. La nostra forza politica ha prodotto sui temi piu' vari una vasta mole di documenti, perche' si devono fare. Ma qui vogliamo parlare di cio' di cui non parla nessuna forza politica, perche' solo cosi' si percepira' la differenza, che e' anche orgogliosa se permettete. Ad esempio, parleremo di quel signoraggio che non e’ uno stile d’abbigliamento nostrano, ma una odiosa pratica che ha inginocchiato il nostro popolo alimentando il debito pubblico. Lo ha spiegato benissimo in due righe un volantino di Gioventu’ italiana: "sono le banche a stampare i nostri soldi, con costi tra l’altro irrisori, e non lo Stato; quest’ultimo è costretto quindi ad acquistarli dalle banche a un prezzo maggiore del loro effettivo valore: ne deriva che il debito pubblico non si estinguerà mai, almeno finché non sarà lo Stato stesso a battere moneta". E cosi’ si esprimeva non ieri mattina, ma nel 1819, il presidente americano Johm Adams: "Le banche hanno provocato più danni alla religione, alla moralità, alla tranquillità, alla prosperità e anche alla ricchezza della nazione rispetto al bene che possono aver fatto finora o che mai faranno."

Sentirete parlare di preferenza nazionale, che non e’ una variante della legge elettorale, ma il sistema di welfare per rendere giustizia ai nostri connazionali nell’accesso ai servizi sociali; e sentirete parlare di mutuo sociale, che non e’ una forma di collettivizzazione dei debiti privati, ma una speranza di proprieta’ per tantissima povera gente che ha diritto a possedere una casa anche se non e’ ricca di famiglia.

 

Eccoci, dunque, cari delegati, al secondo appuntamento con la nostra base congressuale. Lo teniamo nel rispetto assoluto del nostro statuto che prevede l’elezione triennale del segretario nazionale. Sara’ la seconda volta che mi voterete, spero anche l’ultima perche’ guai a quei partiti che non sono capaci di rinnovarsi all’interno. Le nostre leadership sono suffragate dal consenso popolare e dalle storie personali, senza bisogno di ulteriori galloni. Preparare una giovane classe dirigente alle sfide future sara’ il mio compito prioritario all’indomani delle nostre assise. Vorrei che fosse il compito di ciascuno di noi.

Quattro anni fa siamo nati e sembra ieri. Eppure, dal 2007 a oggi e’ cambiato tutto. Ma – e lo diciamo con orgoglio – non siamo cambiati noi da quel luglio 2007. E’ cambiato molto attorno a noi.

Nel mondo comandava George Bush, ora c’e’ Obama. I partiti italiani che andavano per la maggiore si chiamavano Ds e Margherita da una parte, Forza Italia e Alleanza nazionale dall’altra. Oggi si chiamano Pd e Pdl ma non sono riusciti ad inglobare il tutto. E per fortuna….

La nostra destra non ha voluto cambiare nome. E del resto che senso avrebbe avuto se non quello di palesarsi ma senza cambiare facce? Il Pdl ora e Forza Italia prima sono legati intimamente all’epopea berlusconiana; ma qualcuno puo’ dire che sia cambiato qualcosa nel Pci-Pds-Ds-Pd se a comandare sono sempre i D’Alema, i Veltroni, i Bersani....

Danno del vecchio al Cavaliere che sta in politica dal ’94 e i peggiori in questa polemica sono Casini, Rutelli e Fini che in Parlamento sono entrati nel 1983 e non hanno alcuna intenzione di uscirne. Trent’anni senza riuscire a spiegare che cosa hanno fatto di buono per l’Italia. Si fanno accompagnare da Beppe Pisanu, che in Parlamento ci sta invece da quarant'anni e ora predica vergognosamente sul futuro dell'Italia. Ci vorrebbe una legge dal fortissimo contenuto democratico: se Mussolini ha governato per ventidue anni, in democrazia nessuno dovrebbe stare per piu’ tempo del Duce in Parlamento…. Tanto, il povero Fini con la pensione maturata avrebbe tutte le possibilita’ per acquistare addirittura un grattacielo a Montecarlo senza bisogno di sgraffignarlo ad una comunita’ intera. In casi come il suo, ci tocca esaltare Alessandro Baricco: "Il proprio mestiere è quello che si fa senza fatica."

In questi quattro anni e’ anche esplosa la crisi finanziaria mondiale, partita dalle banche statunitensi, di cui paghiamo il costo pure noi, in queste settimane terribili. Ciascuno di noi vive con apprensione questo momento, anche se non possiede una sola azione in Borsa; ma sappiamo – tutti – che i nostri destini rischiano di dipendere da quei maledetti computer che ci svegliano ogni mattina dai mercati. E che ci fanno maledire le politiche finanziarie che hanno soppiantato i diritti dei piu’ poveri, quelli che ci sono diventati perche’ campavano decentemente con due milioni di lire al mese mentre ora fanno la fame con mille euro ogni trenta giorni.

Tutti contiamo di meno al cospetto delle burocrazie europee. Anche per questo, inascoltati, abbiamo gridato il nostro no al trattato di Lisbona, che nega sovranita’ agli stati membri. E il fatto che sia la banca centrale europea a pretendere di dettare le regole del gioco ne e’ la ovvia, amara conseguenza. Non ci rassicura affatto che al vertice della Bce ora ci sia un italiano come Mario Draghi. Bini Smaghi ci ha gia’ dimostrato qual e’ la considerazione che hanno per le politiche nazionali e i governi certi circoli continentali.

A tutto questo si aggiunga lo straripante, eterno conflitto tra politica e magistratura. Siamo ancora a tanti e troppi anni fa. Ragioniamo su una lucida analisi di Marcello Veneziani: la destra italiana – intesa nella sua concezione di schieramento piu’ ampia – e’ andata al governo, ma non al potere.

Eppure, anche questa parte del campo paga il costo dell’antipolitica, e’ soggetta alle accuse contro la casta. E’ l’aspetto piu’ insolente: custodi del pensiero di Maranini e del suo tiranno senza volto, amanti della personalita’ di Beppe Niccolai, nostalgici dell’esempio di Giorgio Almirante, sentiamo di non meritare tutto questo anche sulla nostra formazione politica, ma ne avvertiamo il peso. Nel gruppo dirigente ci si e’ chiesto su quali elementi di differenziazione vogliamo caratterizzare la nostra offerta di politica rispetto agli alleati con cui scegliamo di combattere. Questa relazione ambisce a indicarli nell’ambito di un centrodestra che sappia capire quanto e’ importante rappresentare anche un mondo che non sopporta la sinistra e chiede una ragione per non rifugiarsi nell’astensionismo.

E’ sicuramente complessa la traversata di una forza politica come la nostra, che pure ambisce a diventare punto di riferimento per quei milioni di italiani che oggi sono invece sbandati, alla ricerca di approdo. Quell’approdo dobbiamo garantirlo noi, senza coltivare una vocazione all’estremismo sterile, ma indicando la via di una politica intransigente. Dalla parte del popolo, mai contro!

CASTA LORO

Questo popolo dobbiamo rappresentarlo nel bipolarismo italiano, quello che da quasi vent’anni sceglie chi deve governarlo, anche se a Palazzo si inseguono i manovratori che fanno e disfano le alleanze elettorali. Nel 2008 ci fu impedito di dare voce al popolo di destra. Fini pose un veto, Berlusconi lo subi’. A quasi quattro anni da quel veto, larga parte dell’Italia condivide il nostro giudizio politico su Gianfranco Fini. Perche’ ha capito quanto fosse fondata una frase che abbiamo sentito da Piero Angela: "Bisogna essere di mente aperta, ma non tanto da far cadere il cervello."

Fini pretese la nostra estromissione dalla coalizione non solo perche’ turbato dai sondaggi, ma unicamente perche’ pensava al proprio futuro. Fu la stessa logica che lo porto’ a pretendere lo stesso nostro destino per Pierferdinando Casini che, ne sono certo, non aspetta altro che il momento giusto per rendergli pan per focaccia. Ma ha fatto male i suoi conti: a lui che ci bollo’ come il passato, fra pochi mesi potremo sussurrargli all’orecchio di essere piu’ prudente, che spesso il passato ritorna….

Certo, quel popolo di destra non si riconosce piu’ in lui, che e’ davvero l’uomo simbolo della casta, anche se gli strali del Corriere della Sera lo risparmiano sapientemente. Ma e’ stato proprio Fini a fabbricare il modello del partito-persona che se ha un senso quando e’ di ridotte dimensioni, e’ deleterio quando ha un consenso da vera e propria organizzazione di massa. Il partito di Berlusconi nel territorio lo abbiamo visto spessissimo prescindere da Berlusconi; quello di Fini non decideva se Fini non voleva.

E del resto chi ha preteso il voto bloccato alle elezioni politiche se non Gianfranco Fini? Anche se il Corriere della Sera e Giannantonio Stella se ne dimenticano, noi no. Bastava guardare in faccia i deputati e i senatori di An in quella triste esperienza parlamentare coincisa con l’approvazione della legge elettorale. Io non ero alla Camera, ma ricordo il coraggio di Teodoro Buontempo nel ribellarsi alla pistola puntata rappresentata dalla minaccia a vuoto di una mancata ricandidatura.

Questa sera noi cambieremo il nostro statuto; anche se c’e’ una sola candidatura alla segreteria nazionale, prevederemo che saranno i delegati ad eleggere il comitato centrale, che vogliamo rappresentativo del partito e non nominato da me. Anche questo e’ un esempio di stile che diamo a chi ha inventato i listoni persino nei congressi. Ce ne liberiamo definitivamente. eleggeremo duecento membri, con doppia preferenza di genere, per dare forza al nostro universo femminile.Puntiamo a diventare la forza politica che chiude la stagione dei privilegi della politica. Solo cosi’ si restituira’ fiducia nel cambiamento possibile. Via i parenti dei politici dai consigli di amministrazione; basta con la proliferazione delle consulenze; stop agli stipendi d’oro; paghiamo per un po’ di tempo in titoli di stato politici e supermanager della burocrazia. Non e’ difficile; basta volerlo. E noi lo pretenderemo.

ASSEMBLEA COSTITUENTE

Quando si parla di destra moderna, per qualcuno sembra che tale concetto consista nel fare il contrario di quello che abbiamo sempre predicato. Noi ci accontenteremmo semplicemente di un paese moderno. E la prima cosa da fare e’ varare riforme non estemporanee. Da troppo tempo si parla, e’ arrivato il momento finalmente di fare.

Non le fara’ mai un Parlamento balcanizzato, a dispetto di ogni velleita’ di semplificazione. Nacque con cinque partiti usciti dalle elezioni del 2008, oggi in Parlamento non si conta piu’ il numero dei gruppi politici. Alla Camera e al Senato non c’e’ piu' spazio per disegni organici di riforma della Costituzione, bensi’ per qualche modifica assolutamente marginale.

C’e’ invece bisogno di grande sostanza, c’e’ necessita’ di una rivoluzione costituzionale, deve affermarsi la volonta’ di andare ad una vera e propria assemblea costituente che, operando al di fuori delle contrapposizioni parlamentari, ridefinisca compiutamente il nuovo modello di Stato, con almeno tre obiettivi: revisione del modello bicamerale attuale prevedendo finalmente una camera delle autonomie; sistema elettorale maggioritario con elezioni primarie nel collegi regolate per legge e finalmente repubblica presidenziale.

Il dipartimento de La Destra per i problemi dello Stato dovra’ redigere la proposta di assemblea costituente che dovremo illustrare in tutte le province italiane. Come tema di programma se si andra’ al voto, come elemento di confronto con i parlamentari nei territori se la legislatura dovesse proseguire.

I CONTI CON I CONTI

Qualunque riforma, ovviamente, dovra’ fare i conti con i conti. Non e’ un gioco di parole, ma una riflessione, ovvia se si vuole, conseguenziale a quanto accade nel mondo. Ormai la politica conta sempre meno, e’ la borsa che determina i destini del pianeta. Ma proprio per questo c’e’ bisogno di istituzioni sempre piu’ attente agli ultimi, altrimenti destinati a pagare il costo impetuoso della globalizzazione. Anche se nessuno puo’ nascondersi che si decide sempre piu’ a Bruxelles e sempre meno a Roma.

Una politica seria deve dimostrare di saper contare proprio in Europa, e’ li’ che occorre alzare la voce.

Finora i partiti italiani sono stati affetti da provincialismo, l’Europa serve quando occorre adottare decisioni impopolari, non c’e’ quando occorre lottare affinche’ le decisioni impopolari non le prenda l’Europa. Manca una forza politica che si prefigga l’obiettivo di indirizzare le scelte europee nella direzione dell’equita’, tenendo conto anche di quelle che sono le specificita’ dell’Italia. Il nostro tessuto di microimpresa sara’ anche esteticamente non bellissimo agli occhi del gigantismo continentale, ma siamo sicuro che sia una ricchezza da sopprimere sull’altare delle direttive comunitarie? C’e’ un grande tema da riconquistare al dibattito politico ed e’ quello che riguarda la sovranita’ delle nazioni sul loro suolo. Quest’Europa si e’ edificata su una moneta e ha trascurato i diritti sociali. Sta a noi rimobilitare l’opinione pubblica. A partire da una grande battaglia da lanciare in tutto il territorio nazionale. Sovranita’ monetaria e restituzione al popolo di ogni suo bene e valore contro il signoraggio bancario. Durasse anche dieci o vent’anni – ma ne riparlero’ piu’ avanti – e’ una grande questione realmente democratica su cui puntare i nostri sforzi da ora in avanti.

Accanto a questa, intensificheremo la battaglia contro i soprusi che ci vengono quotidianamente segnalati sul rapporto tra Equitalia e i contribuenti. No, non va affatto bene vessare i cittadini che incappano nelle grinfie di certi funzionari. Rafforzeremo il nostro ufficio di difesa legale del contribuente, proporremo al Parlamento e negli enti del territorio, dalle regioni ai comuni, leggi e delibere ad hoc per tutelare famiglie e imprese. Chi sbaglia paga come e’ giusto che sia, ma le mani sul collo non sono degne di uno Stato che voglia essere equo.

LA PARTECIPAZIONE

C’e’ un grande tema, che deve restare al centro dell’agenda politica italiana, ed e’ quello del lavoro, sempre piu’ urgente, sempre piu’ drammatico. Ed e’ il tema su cui La Destra deve insistere anzitutto sotto il profilo etico prima ancora che sul versante sociale. Il lavoro e’ affermazione di dignita’ per l’uomo, la sua assenza diventa elemento di esclusione sociale a qualunque eta’. Le priorita’ che indichiamo al governo e al Paese sono due: la crescita del mercato del lavoro nelle zone a piu’ alta disoccupazione e il superamento del precariato.

La prima frontiera e’ superabile solo rilanciando gli investimenti sul versante infrastrutturale e su quello della ricerca. Nel mezzogiorno, in particolare, l’investimento sul sapere deve accompagnarsi ad una riaffermazione della cultura della legalita’, che finora e’ servita solo a far comizi per raccattare voti, ma non sembra aver prodotto risultati concreti nelle terre piu’ compromesse.

Alla nostra classe dirigente del Mezzogiorno proporremo di attivare una serie di iniziative concrete sul territorio proprio per affermare il dovere sociale del contrasto all’illegalita’, che e’ di per se’ elemento di alterazione del mercato. In particolare, attendo iniziative fantasiose da Gioventu’ italiana per denunciare il malcostume imperante e rilanciare tra le giovani generazioni il dovere e soprattutto il diritto di tornare a credere piu’ nelle istituzioni che nell’antistato.

Nell’ambito dei nuovi provvedimenti sul lavoro, non possiamo prescindere da misure di tutela e prevenzione degli infortuni e delle cosiddette morti bianche. E’ intollerabile assistere, infatti, alla serie interminabile di incidenti con numeri indegni di uno stato civile, e più simili a quelli di una guerra. E’ per questo che stiamo lavorando a una proposta di legge di iniziativa popolare per l’"introduzione del reato di omicidio doloso e circostanza aggravante conseguente all’inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro". Una modifica che riguarderebbe chi è preposto all’osservanza delle norme di sicurezza e provoca la morte di una persona: si propone una reclusione minima di 24 anni, e l’ergastolo nel caso in cui sia causata, invece, la morte di più persone.

Si interverrebbe in maniera decisa su una piaga sociale che ogni anno lascia sul campo centinaia di vittime. Una proposta che nasce dalla stessa esigenza di giustizia sociale che ha ispirato l’altra importante iniziativa de La Destra per l’introduzione del reato di omicidio stradale, cui farò cenno più avanti.

Altra questione che si pone sul lavoro e’ quella legata al precariato. Se la riforma Biagi ha avuto il grande merito di individuare nuovi contratti da applicare anche ai giovani in cerca di prima occupazione, e’ anche vero che si registrano distorsioni evidenti nella sua applicazione. Vanno riviste le forme contrattuali e le stesse norme di legge. Se esistono aziende che hanno piu’ contratti a tempo determinato che indeterminato, e’ doveroso snidare gli abusi; occorre rivedere in alto le retribuzioni di chi non ha un’occupazione fissa, proprio perche’ si tratta di soggetti a rischio occupazionale; e bisogna porre fine allo scandalo del precariato a vita: qualunque soggetto ha diritto di essere considerato abile o meno al lavoro che svolge dopo un tempo non infinito. Ecco, sono tre questioni che porremmo al centro del dibattito sul lavoro precario nel momento in cui dovessimo riuscire a riportare la Destra italiana in Parlamento e sulle quali vorremmo impegnare la coalizione di centrodestra nella stesura del programma. Costituiremo un settore ad hoc per sviluppare tante iniziative di protesta e soprattutto di proposta sul territorio.

La formazione dovra’ finalmente servire a individuare le nuove professioni e a rigenerare gli antichi mestieri, non dobbiamo rassegnarci alla scomparsa dell’agricoltura e alla fine di commercio e artigianato.

Altro fronte aperto, sul piano della proposta, e’ quello rappresentato da un nostro storico cavallo di battaglia che dobbiamo tornare a indicare alla pubblica opinione. E’ venuto il momento di calare sul tavolo la proposta di legge sulla partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa, ma non solo. Se in Germania vige da molti anni il principio della codecisione nelle aziende superiori ai duemila dipendenti, non si capisce perche’ il tema della partecipazione in Italia non debba estendersi anche al diritto di condivisione delle scelte aziendali da parte di chi lavora: quindi, partecipazione si, ma agli utili e alla gestione delle aziende.

Sara’ conseguente il ridisegno dello stesso Statuto dei lavoratori, questione che non puo’ piu’ essere affrontata in termini ideologici e pan sindacali, ma che deve essere riletta alla luce di un modello economico che deve trovare altre forme di incentivazione del lavoro. Alla paura dei licenziamenti, si deve rispondere incentivando le assunzioni con politiche concrete che non spaventino piu’ i produttori dall’investire in Italia. Non si devono ridurre le tutele, non si devono ingabbiare le imprese: in questo difficile binomio va cercata la soluzione normativa. La si trova se si mettono attorno al tavolo i soggetti responsabili tra le forze sociali. E pazienza se madame Camusso sogna piu’ Atene che Bruxelles: per i nostri figli vogliamo futuro e non disperazione.

L’AGENDA SOCIALE

Sostenere La Destra dovra’ avere una sua originalita’, anche nell’ambito del centrodestra. I nostri uomini piu’ in vista nelle istituzioni di governo nazionale e locale, Nello Musumeci e Teodoro Buontempo, all’apparenza cosi' diversa, nella sostanza egualmente concreti, amano definire il nostro movimento il valore aggiunto del centrodestra italiano. Ed e’ nel sociale che deve emergere tutta intera la nostra capacita’ innovativa. Stato sociale non vuol dire socialista; aiutare chi e’ rimasto indietro e’ un dovere delle Nazioni che tentano di competere nell’era dell’economia globale.

Ne cominciammo a parlare al congresso di Roma del 2008, e oggi si cominciano a intravedere i contenuti dell’agenda sociale che proponiamo alla politica. Sintomatico è l’inserimento del mutuo sociale nel "Piano Casa" varato dalla Regione Lazio: abbiamo dato prova di straordinaria sinergia tra Destra al governo e Destra nell’assemblea rappresentativa; ma, ciò che più conta, si è mostrato che la nostra presenza nelle Istituzioni fa la differenza rispetto agli altri, sia pure nei confronti di coloro che dicono di richiamarsi ai valori e principi della Destra sociale. E la battaglia per la casa e per le agevolazioni sui mutui è una vera risposta ai problemi sociali di decine di migliaia di famiglie italiane.

Il nostro partito dev’essere consapevole che se una battaglia (divenuta patrimonio comune) si è potuta concretizzare, ciò si è verificato alla Regione Lazio e non altrove. E dovrebbero esserne convinti quanti questo obiettivo l’hanno indicato anche prima di noi – e mi riferisco alla Fiamma tricolore ed esplicitamente al movimento Casapound - ma solo con noi lo hanno potuto vedere raggiunto.

Per essere ancora più espliciti: nelle giunte e nelle assemblee delle Regioni italiane sono presenti uomini e donne legati all’esperienza della Destra politica ed oggi militanti in formazioni diverse, ma solo nel Lazio e solo dove La Destra è forza determinante, si sono potute registrare quelle iniziative che hanno consentito di varare un provvedimento storico.

La difesa dei non garantiti oggi appare ancora appannaggio di una sinistra in confusione, non solo ideale, e di una capace rete di strutture associative affidate al variegato mondo del volontariato. Nel primo caso (che deve essere per noi occasione di stimolo) e nel secondo (che, invece, ci inorgoglisce per i tanti esempi positivi che si registrano) non può non avvertirsi che l’assenza di risposte sociali da parte della politica e tale percezione è anzitutto questione numerica, di bilancio. Può uno Stato operare nel settore delle politiche sociali se ieri gli stanziamenti ammontavano a oltre un miliardo di euro annui, mentre oggi sono ridotti a meno di un terzo?

Si dirà che le dure politiche di bilancio in tempo di crisi non consentano sprechi, ma può essere considerato proprio in tempo di crisi uno spreco attuare politiche a sostegno delle fasce deboli della popolazione?

Noi proponiamo di ridurre per davvero i costi della politica, che sono miliardi, e indirizzarli a interventi nel sociale e per la famiglia italiana. Togliamo ai parassiti e diamo alla povera gente, secondo una serie di proposte gia’ da ora ben definite:Prevalenza degli italiani nei servizi sociali;

Sostegno alle famiglie bisognose non come mero assistenzialismo ma come contributo attivo al superamento delle fasi di crisi;

Introduzione del bonus di natalità, per sostenere le giovani coppie;

Assistenza per gli anziani, che vanno considerati una risorsa e non un peso;all’indomani del congresso, chiameremo il partito a una vasta mobilitazione su queste proposte in ogni comune, convocando anche per gennaio una grande manifestazione nazionale su mutuo sociale e preferenza nazionale come elementi portanti di una svolta sociale nel nostro ordinamento. Precario proprietario e prima gli italiani devono diventare le parole d’ordine dell’Italia di destra. Particolare attenzione dovremo mettere verso un universo che sembra sopportato dalla politica, quello legato alla disabilita’. In Italia, un disabile dal 74% in su (quindi una persona con seri problemi di salute), vive con una pensione d'invalidità (correttamente: indennizzo da mancata occupazione) di 265 euro al mese.

Non ci vuole un Premio Nobel, per rendersi conto che, con quella cifra, per un invalido (che tra l'altro presumibilmente ha anche bisogno d'assistenza) è impossibile una sopravvivenza dignitosa! La Destra non deve restare insensibile come tutti gli altri.

LA LOTTA AL SIGNORAGGIO

Ma la vera guerra che va combattuta e’ quella allo strapotere finanziario che si abbatte sui popoli. I poteri forti stanno nella casta che ci domina dalle banche e dalle borse e noi dobbiamo invece lottare per riconquistare sovranita’. A partire da quella monetaria.

Possiamo anche stare tutti insieme, ma e’ l’Italia che deve poter decidere del futuro dei suoi figli. Altrimenti, diventa ovvia la maledizione dell’euro che simboleggia drammaticamente il passaggio dallo star bene con due milioni di lire al mese alla fame dei mille euro di stipendio….

E’ la banca centrale europea che decide le nostre vite; non c’e’ piu’ la proprieta’ pubblica della banca d’Italia; il cittadino e’ indifeso. Siamo attaccati da una forma moderna di signoraggio, quello bancario. Ci ha lasciato in eredita’ i suoi preziosi studi il professor Giacinto Auriti. Da essi ricordiamo il tempo in cui il signoraggio consisteva nel profitto che lo Stato ricavava dando alle monete messe in circolazione un valore d’acquisto superiore a quello del metallo in esse contenuto; oggi allo Stato si sono sostituite le banche che, poiche’ la moneta non contiene metallo prezioso ne’ e’ immediatamente convertibile, ne’ rappresenta un bene depositato che il portatore della banconota possa immediatamente reclamare, ne approfittano privatizzando a se’ i nostri soldi. E siccome il denaro costa solo carta e inchiostro, il signoraggio di questi tempi nuovi e’ rappresentato dalla differenza tra il valore facciale della carta moneta (deciso da lor signori, i masnadieri dell’usura) e il costo della stampa dei biglietti. Loro ne decidono il valore, loro ne intascano i frutti, noi li paghiamo.

Questo meccanismo ha ingigantito il debito pubblico, si sono arricchiti in pochi a danno di tutti.La Destra si fa carico di una proposta che dalle prossime settimane lanceremo nella forma della petizione popolare. Chiameremo gli italiani a sottoscrivere la legge Buontempo del 2006 per la proprieta’ popolare della moneta e il conto di cittadinanza. Sappiamo che sara’ difficile farci comprendere dagli addetti ai lavori e che sara’ una battaglia di lunga durata – ora le facciamo noi, signori della sinistra che vi siete rifugiati nel salotti della buona borghesia… - ma dobbiamo mettercela tutta per stabilire che la moneta appartiene al popolo, cosi’ come appartengono al popolo tutti i valori emessi dalla banca d’Italia.

1)In quei forzieri dobbiamo attivare un conto di cittadinanza per ciascun cittadino italiano.

2)In questi conti deve affluire il valore delle banconote emesse da Bankitalia, in frazioni uguali per tutti i cittadini.

3)analogamente dovra’ avvenire per tutti i crediti di banca d’italiaSara’ la fine del ricatto permanente di chi pretende di decidere al posto nostro. Non dovremo contare piu’ i giorni, gli anni, i secoli che mancano al pagamento dell’ultimo dei millenovecento miliardi di debito pubblico che ci accollano i signori della finanza mondiale che muovono le fila delle politiche degli stati contro di noi. E che contano sul nemico che abbiamo in casa. Se tornano a dettare legge i Cirino Pomicino stiamo freschi. Ci hanno mentito per decenni, ora indicano nuove verita’. Confermano quanto affermava Tristan Bernard: "Gli uomini sono sempre sinceri. Cambiano sincerità, ecco tutto."

I NOSTRI FIGLI

Un intero capitolo della nostra mozione congressuale e’ dedicato ai giovani, una scelta che non capita di leggere nei documenti di partito. Certo, c’e’ il lavoro come tema principale. Ma c’e’ soprattutto la preparazione alla societa’ che deve servire a favorire il giovane nei suoi orientamenti di vita e professionale.

Questa e’ una societa’ proiettata al consumo; ai nostri figli si e’ raccontato persino che drogarsi e’ un diritto, mentre per noi resta sempre un delitto contro di se’ e contro la societa’; si e’ tentato di annullare ogni valore alla competizione per merito, ma per noi essa resta il fondamento di una societa’ capace di essere capace.

I residuati del ’68 hanno prodotto solo guasti, da cui soltanto ora si tenta di uscire a suon di progetti riformatori.

Premessa essenziale per raggiungere obiettivi ambiziosi coinvolgendo i giovani è operare una seria riforma del sistema formativo nazionale. Non v’è dubbio che nella prima fase di questa legislatura il governo abbia deciso di investire in modo concreto sulla riforma della scuola e dell’Università: si è effettivamente cercato di modernizzare il sistema e di renderlo più aderente alle esigenze dei nostri giorni.

Pur tuttavia, ancora oggi se dovesse esser commissionata una indagine di ricerca sulla percezione del sistema formativo e del conseguente accesso al lavoro da parte degli italiani di età compresa tra i 14 e i 20 anni, si scoprirebbe che tanti di loro ritengono che una buona raccomandazione vale più di una sana giornata di studio.

A ciò si aggiunga che l’Italia è ancora un Paese troppo legato a concezioni baronali nel mondo universitario e a rappresentazioni negative nel rapporto tra scuola e lavoro. Queste condizioni di realtà non contribuiscono ed anzi rappresentano un freno per la giusta crescita morale della gioventù italiana.

Si addensano, poi, messaggi fuori dal tempo. Siamo convinti che l’importante sia conseguire la laurea a tutti i costi e non vogliamo affrontare il tema della possibilità del nostro mercato del lavoro di accogliere i laureati che vengono sfornati dalle Università. A questo proposito, siamo consapevoli di aver aperto un grande dibattito con la provocazione, nella mozione congressuale, legata al numero chiuso negli atenei. Non vogliamo considerare chiusa quella proposta, discutiamone in tutta Italia a partire da oggi, ma certo una soluzione va trovata al rapporto tra universitari e mondo del lavoro se non vogliamo restare abbarbicati alla fabbrica delle illusioni. Mi aspetto in particolare da Gioventu’ italiana serie riflessioni e proposte operative su cui parlare ai nostri ragazzi in tutte le scuole e nelle universita’.

Ma la sfida di una moderna politica per i giovani, per una politica capace di buoni esempi, passa attraverso la forza di capovolgere la percezione che senza raccomandazione non c’è futuro. E non ci si può riuscire se è la politica stessa, con iniziative tese a trasformare i giovani in motore del consenso elettorale, a trasmettere l’idea che "se sei del giro puoi ottenere qualcosa anche tu".La Destra auspica e vuole impegnarsi affinché a partire dalla pubblica amministrazione venga istituito un Osservatorio per il merito: occorre dimostrare con i fatti che nella Nuova Italia non c’è spazio per i furbi, per chi pensa di superare gli altri con l’inganno e con l’aiuto di qualche manina esterna. Chiederemo a esperti di legislazione di codificare in norme questa proposta che deve approdare in Parlamento e nelle regioni con l’avallo di tantissime firme popolari. 

LIBERI DI ESSERE SICURI, SICURI DI ESSERE LIBERI

Vogliamo essere liberi di essere sicuri nelle strade delle nostre citta’. E lo diciamo perche’ sappiamo di essere sicuri del nostro essere liberi, senza tabu’, rispetto ai diritto alla sicurezza dei cittadini, delle famiglie, delle imprese, di tutti.

Non ci piace l’idea che oggi il partito della legalità debba sembrare quello di Antonio Di Pietro e che il partito della lotta alla mafia debba apparire solo quello di Bossi e Maroni. Nel primo caso, peraltro, la forzatura è fin troppo evidente come le fortune elettorali costruite su temi politici che sono stati colpevolmente abbandonati da Alleanza Nazionale nella sua ultima fase di vita. Ciò detto, sul fronte del contrasto alle mafie e della lotta alla criminalità organizzata in questi anni non può non riconoscersi al governo nazionale di aver operato con impegno e al Parlamento di aver legiferato con capacità innovativa.

Ma la percezione della sicurezza da parte dei cittadini non sembra cogliere gli importanti sforzi compiuti in questi anni. A nostro avviso componente essenziale di questa condizione di generale insicurezza percepita è l’idea che nel confronto/scontro tra politica e magistratura – acuitosi anche per effetto dei recenti scandali che hanno coinvolto personalità di vertice del mondo politico, tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra – vi sia una richiesta di impunità da parte dei potenti, che pretendono per sé garanzie non concesse ai comuni cittadini.

Sulla giustizia, che è componente essenziale del più ampio ragionamento intorno alla percezione della sicurezza e alla individuazione delle opportune politiche in questo settore, alcune riflessioni appaiono indispensabili.Ad avviso de La Destra la contrapposizione tra politica e giustizia deve essere superata e l’unico modo vero per riuscire nell’obiettivo è riformare finalmente il sistema giudiziario, partendo dalla separazione delle carriere tra magistratura giudicante e inquirente, con la previsione – per come indicato anche nella c.d. bozza Boato approvata nella Commissione Bicamerale per le riforme (legislatura 1996-2001) di due Consigli Superiori.

È poi necessario un maggiore sostegno per le forze di polizia tutte, per le forze armate e per coloro che operano con associazioni di volontariato nel settore della sicurezza. Anche in questo caso, come per le politiche sociali e per i servizi essenziali, sarebbe opportuno destinare una parte delle risorse recuperate dalla lotta all’evasione e dalle manovre finanziarie ad incrementare il fondo delle spese per proteggere i cittadini da ogni pericolo.

Un ultimo cenno merita la questione delle carceri. La Destra è sempre stata contraria a forme di indulto o di amnistia. Il che non vuol dire mostrare insensibilità di fronte al dramma del sovraffollamento vissuto dalla popolazione carceraria. Sarebbe semplicistico sostenere che se ci sono carceri sovraffollate la soluzione è costruirne di nuove. Si consideri, infatti, che una parte significativa dei soggetti ospitati dalla case circondariali è in attesa di giudizio; un’altra parte è composta da cittadini stranieri, talvolta anche irregolarmente presenti nel nostro territorio. Se per costruire un carcere sono necessari diversi anni, per sottoscrivere accordi bilaterali con gli Stati dai quali provengono il maggior numero di detenuti è necessaria mediazione diplomatica e volontà politica. In questo senso, La Destra auspica che si possa raggiungere l’obiettivo di trasferire nei Paesi di provenienza i detenuti ospitati nelle carceri italiane.

Costituiremo un dipartimento ad hoc sulle politiche per la sicurezza, che dovra’ essere a squadra, perche’ c’e’ bisogno di mettere a frutto tante esperienze che militano nel nostro partito. Intensificheremo la mobilitazione anche attorno alla petizione legata all’introduzione del reato di omicidio stradale nel nostro ordinamento. A questo proposito ringrazio i tanti militanti che si sono impegnati a fondo, vorrei poter ringraziare nelle prossime settimane anche quelli che decideranno finalmente di farlo. E’ un impegno morale che abbiamo assunto nei confronti di tante famiglie devastate dalla follia omicida di autentici squilibrati e dal lassismo di troppi magistrati, lo dobbiamo idealmente alla mamma di Mattia Veschi, un bimbo assassinato a Nettuno da uno straniero alcolizzato, la cui famiglia oggi onora questo congresso con la sua presenza in sala.

LA DESTRA DI DOMANI

Il nostro movimento e’ radicato nel Paese, ma e’ ancora fragile. Siamo stati esposti al vento di un bipolarismo ad esclusione, ma sta per tornare il tempo del nostro protagonismo istituzionale e dobbiamo essere pronti all’appuntamento.

All’indomani del congresso ho intenzione di modificare e molto la nostra macchina organizzativa, non potranno piu’ esserci dirigenti che mirano solo a un biglietto da visita. No, occorre ancor piu’ spirito di sacrificio da parte di tutti. La lamentela sui soldi spesi possiamo farla tutti, qualcuno piu’ di moltissimi altri, ma non serve a nulla. Far politica non e’ un gioco per diventare Paperon de’ Paperoni. O perlomeno se lo si pensa, non si scelga La Destra.

Appare evidente che La Destra abbia un elettorato di riferimento molto maggiore rispetto alla capacità di rappresentarlo. Per poter esprimere al meglio le potenzialità del partito è necessario mettere mano in modo deciso e coraggioso alla sua organizzazione.

Se ci guardiamo attorno, se cerchiamo di capire quello che succede negli altri partiti italiani, ci rendiamo conto che abbiamo di fronte a noi due possibilità, da una parte c’è il partito di massa, fatto di sezioni e di associazioni parallele (la Lega ne è un esempio) dall’altra abbiamo partiti leggeri che non si strutturano sul territorio ma che fanno leva sulla forza mediatica dei propri leader.

In questo contesto La Destra è chiamata ad inventare una nuova organizzazione di partito, non può essere partito di massa perché non può disporre dell’immenso patrimonio che fu di Alleanza Nazionale ed ha pertanto difficoltà a mantenere le sezioni facendo leva esclusivamente sul contributo dei militanti. Conosciamo la generosità della nostra gente ma non possiamo chiederle, soprattutto in questa fase economica particolarmente difficile, di farsi carico dei costi di affitto e di mantenimento delle sezioni; di contro, a differenza del PDL, La Destra non ha la stessa possibilità di accedere a mezzi di comunicazione televisivi.

 

Si impone pertanto l’esigenza di essere innovativi, di pensare ad un partito che sappia massimizzare l’uso dei moderni sistemi di comunicazione, che esca dai sistemi "uno a molti" tipici dei mezzi di comunicazione di massa del secolo scorso, (la televisione è l’esempio più evidente) per strutturare una presenza sempre più efficiente nei moderni mezzi di comunicazione "molti a molti", ovvero internet con tutte le sue innumerevoli applicazioni.

 

Occorre rivedere il nostro sito internet che deve ambire ad essere il migliore nel panorama politico dei partiti italiani attivando anche i sistemi di monitoraggio del traffico che forse possono farci capire in modo immediato e senza costo l’orientamento dei nostri potenziali elettori, occorre dotarsi di moderni sistemi di videoconferenza che possano consentire di ritrovarci in modo molto più frequente ed immediato, occorre migliorare la presenza sui social network, strumento che ci ha consentito di veicolare molte nostre proposte e di avere un contatto diretto con molti militanti.

Parallelamente a questo La Destra, sia chiaro, non deve rinunciare alla presenza sul territorio. Il nostro obiettivo è e rimane quello di avere almeno una sede operativa in ogni provincia. Un obiettivo ambizioso che vogliamo e dobbiamo realizzare. Internet ed i social network sono lo strumento per renderci visibili ma sappiamo benissimo che le comunità nascono dall’incontro fisico e che questo ha bisogno di un luogo dove potersi realizzare. Il fine è e rimarrà sempre quello di avere una federazione viva ed attiva in ogni provinciaCi sara’ poi bisogno di scelte immediate – penso ad esempio allo sdoppiamento tra citta’ e provincia della federazione piu’ importante d’Italia, quella romana - che abbiano il senso dell’operativita’ immediata e intendo avvalermi delle persone piu’ adatte e piu’ disponibili. Sono felice che il congresso sia unitario perche’ questo mi permettera’ di scegliere non tra i fedeli, ma unicamente in base alle capacita’ e alle volonta’.

Formalizzero’ un ufficio politico ristretto a pochissime unita’, perche’ ormai il nostro esecutivo e’ come la direzione nazionale di un partito e anzi così dovra' essere chiamato da ora in avanti; e d’altra parte c’e’ bisogno di organi snelli per la decisione, di una struttura media per la discussione; di un’assemblea per l’indirizzo (e per questo il comitato centrale, con la modifica statutaria che ho annunciato in apertura, sara' portato a duecento membri, non piu’ sulla base di una lista unitaria decisa da me e votata a scatola chiusa dal congresso, ma eletto sulla base delle preferenze dei delegati, anche per premiare la fatica di chi si e’ sobbarcato l’impegno di venire personalmente a Torino).Questo tipo di organigramma ci aiutera’ anche nella compilazione delle liste per le politiche, se dovesse restare questa legge elettorale. Lo statuto affida l’approvazione delle liste al comitato centrale, sulla base della proposta congiunta del segretario e del presidente del partito. A questo proposito, annuncio intanto che chiedo formalmente al congresso, in collegamento con la mia candidatura alla segreteria, di confermare alla presidenza del partito, Teodoro Buontempo. L’ufficio politico vedra’ la partecipazione della decina di dirigenti piu’ autorevoli e immediatamente rintracciabili, assieme ad eventuali, autorevoli nuove adesioni.

Non vi proponiamo un’annessione, ma La Destra puo’ essere quel contenitore di un’area in cui militare con passione e coerenza, anche aspirando a rappresentarla nelle sedi istituzionali e politiche. Pensateci, decidete, ma uniamoci sapendo – noi e voi – che cessa il tempo dell’estremismo e arriva quello dell’intransigenza. Insieme ad altri che dobbiamo recuperare alla causa di una destra di governo che non abbia solo la cultura dell’identita’ ma anche quella della rappresentanza sociale di blocchi popolari che oggi si sentono esclusi, dobbiamo puntare a formare un partito ancora piu’ grande. Assieme ad essi, formeremo un nuovo soggetto politico, che includa tutta la destra che oggi e’ sparpagliata financo negli attuali soggetti parlamentari. Non siamo alla ricerca dell’antagonismo, siamo agonisti per cultura e vorremmo tentare di vincerla, questa volta!Quella nostra cultura che abbiamo fatto diventare anche pratica di governo quando, allora unici in Italia, varammo nel Lazio quella legge a ricordo dei caduti delle foibe, poi diventata legislazione nazionale. Non abbiamo avuto bisogno di modificarci, nelle istituzioni! Ne ha bisogno la nostra societa’ di cultura. E non a caso uso una parola sempre piu’ rara nella politica italiana. Fa quasi paura pronunciare la parola relativismo, che per noi e’ peggio di tutto, perche’ porta ad attribuire ad altro responsabilita’ che stanno nelle scelte dell’uomo. Rifiutiamo quel concetto di modernita’ che getta alle ortiche il nostro modello di famiglia, che nega ai bambini il diritto ad avere un padre e una madre e propone ai nostri figli una droga che ormai non sembra fare piu’ notizia. Preferiamo seguire l'insegnamento di Santa Romana Chiesa.

Magari, finalmente, riusciremo a parlare anche di cultura, di cultura nostra, per reagire al soffocamento di quella sinistra che continua ad essere egemone con i suoi modelli e il suo relativismo etico, culturale, morale.

Anche per questo tra destra e cultura va ricostruito un rapporto intenso e profondo. E pure perche’ solo cosi’ si ricuce pacificamente una nazione con la propria storia, con tutta la propria storia. Abbiamo apprezzato l’impegno del capo dello Stato nelle celebrazioni per il 150mo anniversario dell’unita’ d’Italia; osiamo troppo se ammettiamo che talvolta abbiamo avuto la sensazione che se ne volessero celebrare solo centotrenta, cancellando vent’anni di storia nazionale che non sono stati caratterizzati solo da errori e orrori, ma anche da grandi realizzazioni sociali? Davvero sarebbe stato apologetico ricordare la legislazione urbanistica del 42, la riforma della scuola targata Gentile, il codice dei beni culturali di Bottai, tanto per citare alcune delle norme con cui la Repubblica antifascista ha convissuto senza particolari patemi d’animo? E’ apologetico esaltare la capacita’ di realizzazione di dighe e porti, di strade e scuole che oggi vengono giu’ mentre quelle edificate allora resistono persino al devastante terremoto dell’Aquila? Non c’e’ nostalgia, ma rispetto per un pezzo importante di storia nazionale nelle nostre parole e nelle nostre azioni, e se riuscissimo a trovare le risorse per dare vita ad un’Accademia dell’Italia tra le due guerre non staremmo certo a nascondere il nostro diritto a raccontare quello che oggi e’ ancora occultato. Verita’, ricerca, cultura, la destra e’ anche questo, da qui trae il suo grande patrimonio morale.E dal nostro tormento culturale, ricava giovamento la stessa nostra azione politica. Per questo siamo liberi di parlare agli apparati col linguaggio della gente comune. Se fossimo stati in Parlamento, il governo avrebbe avuto giovamento dalla nostra presenza anche per imporre tagli veri e seri ai costi della politica. Lo ripetiamo ora: chi nella propria vita ha studiato Maranini, chi ha applaudito Niccolai, chi ha amato Almirante, lo avrebbe preteso di fronte ai sacrifici inflitti al popolo italiano. Non lo puo’ pretendere chi si e’ intascato una casa nostra in quel di Montecarlo.

Ecco perche’ non e’ ora il momento di parlare del nome de La Destra, ne’ di questo meraviglioso simbolo che ci accompagna e di cui sono innamorato. C’e’ bisogno di una forza politica che raffiguri visivamente il tricolore d’Italia nella forma piu’ grande che c’e’ in un simbolo di partito. Quel tricolore e’ l’essenza del nostro vivere e non vogliamo rinunciarci. Chi vuole i nostri voti, deve sapere che c’e’ in dotazione una bandiera che amiamo, una patria che onoriamo, un popolo che serviamo. Ci dovra’ accompagnare anche il nome, magari non solitariamente, perche’ questo siamo e abbiamo deciso di essere. E’ quello che abbiamo scelto di essere al contrario di Gianfranco Fini che ha improvvisamente scelto altri soggetti non escludendo persino Niki Vendola come suoi compagni d’avventura. Noi no, qui stiamo, e qui intendiamo restare.

Quel tricolore ci dovra’ accompagnare anche quando saremo chiamati a dar vita a un soggetto ancora piu’ ampio e il nostro statuto dovra’ prevedere una modifica per affidare al comitato centrale, almeno a maggioranza assoluta, il potere di cambiare nome e simbolo.

Siamo anche consapevoli di essere chiamati a una prova difficile.

Il percorso è stretto e scivoloso. Sarebbe auspicabile – e il vertice del nostro partito non ne ha mai fatto mistero – raggiungere una nuova costituente per dare vita (o dare nuova vita) a una forza politica di Destra che non sia stretta nei numeri elettorali e che non viva nella speranza (e nella difficoltà) di fare il conto con le soglie di sbarramento che sono diretta (e talvolta indiretta) condizione di esclusione dalle sedi istituzionali. Ma questo percorso, com’è ovvio, non dipende soltanto da noi ed è anche condizionato allo scenario che si muove attorno a noi. Non tutti hanno la stessa forza di volontà mostrata da chi scegliendo La Destra ha deciso di mettere in discussione anche il proprio avvenire politico.

Il Congresso Nazionale dovrà necessariamente dibattere sul futuro del partito. Proviamo da subito a valutare gli elementi irrinunciabili:1)La Destra crede nel bipolarismo e ritiene necessaria la ricomposizione sotto forma di coalizione, anche strutturalmente federata, del centrodestra italiano.

2)La ricomposizione delle comunità che si sono riconosciute nella storia della Destra politica italiana è un obiettivo da coltivare nel medio e nel lungo termine. Per quel momento, che è la ragione fondativa de La Destra, dovremo essere pronti con la forze delle nostre idee e con la consapevolezza di aver giocato, noi più di altri, un ruolo determinante. Dovremo avere un partito più organizzato e meno litigioso, più impegnato nel radicamento territoriale e più capace di confronto positivo.Non stiamo immaginando una riedizione tout court di Alleanza nazionale, che non avrebbe senso. Ma auspichiamo che possa determinarsi una stagione nuova per la Destra italiana che sappia essere soggetto protagonista della vita politica, interpretando le ansie del ceto medio italiano e riuscendo a mantenersi accanto ai deboli, offrendo loro quella garanzia di rappresentanza che è propria della Destra. Sarebbe, tuttavia, riduttivo – e va escluso con chiarezza – determinare proprio noi la demonizzazione di quello che fu il partito erede del Movimento Sociale Italiano. Il che non vuol dire che l’obiettivo, giova ribadirlo, sia voltarsi indietro. Vuol dire, invece, che occorre comprendere le ragioni per le quali un elettorato ampio fatto di milioni di italiani si sia perso per strada (e non abbia neppure scelto noi in questi anni). Dobbiamo essere consapevoli che per parlare a quel popolo lo strumento partito attuale si è rivelato insufficiente e che ora più che mai (nell’acuirsi della crisi del centrodestra) sia necessario individuare nuovi strumenti o nuove formule, strumenti e formule che non potranno non essere condizionate anche dalle leggi elettorali future, poiché l’obiettivo resta quello di garantire la giusta rappresentanza istituzionale, a livello periferico e centrale, al nostro modello di società. Abbiamo molto rispetto per i vari soggetti politici, leggiamo che tra i protagonisti del centrodestra di domani ci saranno personalita’ come Angelino Alfano, Pierferdinando Casini, Roberto Maroni. Rispettiamo ogni persona, ma abbiamo il dovere e il diritto di chiederci perche’ non ci sia una sola previsione che riguardi chi ha la tessera del Msi nel suo album di famiglia. E, a pensarci bene, e’ questa la maledizione che accompagnera’ Gianfranco Fini a conclusione della sua storia politica.

Cari delegati, gentili ospiti,

la mozione congressuale ha tentato di fissare dei punti chiari, che la mia relazione ha voluto richiamare. La nostra è la comunità politica che più di tutte ha accettato il rischio della esclusione per salvaguardare la piena continuità della storia della Destra politica italiana. Come al Congresso di Roma anche oggi ribadiamo questa nostra valutazione: più dei contenitori valgono le idee e il nostro compito è lavorare perché le idee possano sopravvivere alle stagioni che verranno. Ma nessuno ci chieda di portare altrove le nostre teste, ne’ Italia, ne’ in Europa. Ci si chieda e offra lealta’, noi ne saremo tenaci sostenitori. Con noi Silvio Berlusconi, libero dal ricatto finiano, ha dimostrato lealta’ assoluta. Lui sa chi siamo, siamo quelli che offrono soluzioni sociali per la nostra Italia, siamo quelli che garantiscono che a Destra non ci sono piu’ Giuda in circolazione, che purtroppo le vicende di queste ore gli testimoniano di averli coltivati anche in casa sua. Il Governo Monti non ci piace, continueremo la battaglia per creare un centrodestra più sociale in cui La Destra sia davvero protagonista. Ma sbaglia, e profondamente, chi pensa di poter fare il ministro nel governo del bipolarismo con la stessa leggerezza con cui lo farà nel governo che il bipolarismo lo nega.

"Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario".

E’ il nostro omaggio a Steve Jobs. La Destra della rete non puo’ aprire meglio il suo secondo congresso nazionale.

Dobbiamo inoltre e definitivamente decidere il da farsi con la fiamma tricolore, qui al congresso rappresentata da una delegazione guidata da Luca Romagnoli".

 

 

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