(ASI) Roma – “Continuano scadenze e decadenze nella presentazione delle domande di CIG con la causale Covid-19. Se per l’INPS non sono previsti termini per l’emissione dell’autorizzazione alla Cassa Integrazione, come dimostrano i dati dei lavoratori che stanno ancora attendendo da mesi le somme, le imprese hanno scadenze più rigide. Nel Cura Italia è stato inserito il temine di 4 mesi per le domande e relativi adempimenti.
Nei successivi decreti si è passati a 30 giorni come termine perentorio e non ordinatorio. I termini dell’INPS sono pertanto inesistenti mentre l’azienda viene penalizzata. Per l’imprenditore infatti, al 31esimo giorno, scatta l’obbligo di pagare l’indennità e contributi del lavoratore su una retribuzione che non ha pagato e per non aver ottemperato ad un disposto dell’INPS! Ma per l’INPS invece è tutto normale, con ritardi ormai assolutamente non più giustificabili! Continua pertanto il metodo dei due pesi e due misure, con tempi lunghi e ritardi atavici da parte di chi deve autorizzare le domande, e con obblighi invece perentori per le imprese ed i professionisti che, oltre a essere gravati dalla pesante crisi in atto, sono costretti a subire le ormai imperdonabili carenze dell’INPS che è diventato l'ente della pretesa, e spesso dell'offesa, ma giammai della tutela.
L'ultima querelle sul cambio di rotta è riferito alla decontribuzione Sud, con un messaggio quasi allo spirare della data di assolvimento degli obblighi contributivi, rimettendo in discussione ciò che già aveva definito con precedente circolare dell’ottobre scorso, con evidenti ricadute economiche sulle imprese che saranno tenute a restituire somme che invece pensavano il Governo avesse destinato alle stesse per effetto della decontribuzione del decreto Agosto! A questo punto è d'uopo chiederci se davvero si possa pensare di proseguire in questo modo, con la costante e quotidiana incertezza dell'operato delle imprese, o si può davvero immaginare che la stessa immediatezza che viene richiesta alle imprese possa essere nello spirito e nelle corde di un Ente che oggi ha assunto un ruolo tanto determinante, ma anche tanto problematico per le imprese.
Sarebbe davvero sconcertante dover prendere atto che dalle imprese si chieda collaborazione e spirito di corpo vista la fase emergenziale, ed alle stesse imprese non venga riconosciuta nemmeno la certezza del proprio impegno al rispetto delle regole, visti i continui e peraltro davvero ingiustificabili cambi di rotta improvvisi. Non possiamo che chiedere, e chiederci, se sia davvero ancora giusto che il Parlamento faccia le norme e l'INPS ne sovverta il senso e la disciplina, e soprattutto se può essere ancora attuale pensare di ottemperare ad obblighi di norma con mesi di ritardo e con le lungaggini burocratiche dell'INPS a dispetto di una immediatezza ed operatività che oggi ancor di più è diventata essenziale, e non più differibile!
E’ davvero possibile che si possa iniziare a ragionare in ottiche di impegni economici ai quali, a lungo andare, potrebbe non essere più possibile ottemperare. Con l’immobilismo ed anche con un certo autoritarismo per nulla sostanziale e concreto, si rischia che, l’effetto combinato del Covid-19 e del calo dei consumi, provochi la chiusura definitiva di un numero troppo grande di imprese. E una falla non più colmabile nel tessuto economico del nostro Paese, e tutti coloro che hanno a cuore la nostra Italia non possono non preoccuparsi e spendersi per una stagione e per un rinnovamento sia di principi che di modalità operative e normative, a dispetto di un così sensibile ed evidente senso di abbandono che il Governo, a più riprese, ha provato a non rendere palpabile ai più, ma che poi, nel concreto, riemerge in maniera palese nelle evidenti quanto imperdonabili gestioni previdenziali!” .
Così Nino Carmine Cafasso, Presidente AIS (Associazione Imprese di Servizi), Giuslavorista e Consulente del Lavoro.