(ASI) Con il rilascio dei primi dati relativi alle edizioni del 2018 e del 2019 prende avvio la diffusione progressiva e continua dei risultati del censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, prevista con cadenza annuale; inoltre sarà ampliato – anche in corso d’anno – il set di informazioni disponibili.
Il censimento permanente della popolazione si basa sulla combinazione di rilevazioni campionarie e dati di fonte amministrativa trattati statisticamente, viene realizzato ogni anno ed è inserito all’interno del Sistema Integrato dei Registri statistici gestito dall’Istituto nazionale di statistica. Tutto ciò ha implicato un cambio di strategia rispetto alle modalità con cui veniva svolto il censimento tradizionale, ossia mediante rilevazione diretta esaustiva a cadenza decennale su tutti gli individui e tutte le famiglie.
Il primo ciclo del nuovo censimento permanente riguarda gli anni 2018-2021 e prevede due indagini annuali sul territorio (una basata sulle liste anagrafiche e l’altra su un campione areale di indirizzi), condotte su un campione di circa 2.800 comuni (di cui circa 1.100 coinvolti sistematicamente ogni anno e circa 1.700 che effettuano le rilevazioni con rotazione annuale). A queste indagini si affianca l’utilizzo di numerose fonti amministrative integrate, finalizzato al consolidamento dei risultati annuali riferiti alla totalità dei comuni italiani. Al termine di questo primo ciclo quadriennale il disegno complessivo del censimento permanente della popolazione verrà modificato, attraverso un ulteriore potenziamento dell’utilizzo degli archivi amministrativi.
“Quest’anno supereremo il tetto dei 700mila decessi complessivi, che è un valore preoccupante perché l’ultima volta che siamo andati oltre questo numero è stato nel 1944, durante la guerra”. Lo ha detto il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, intervenuto ad ‘Agorà’ su Rai3. “Si tratta di una stima, perché l’anno” della pandemia di Covid-19 “non è ancora finito”, ha precisato. “Nel 2019 il dato era di 647.000 morti”.
L’età media degli italiani si è innalzata nel 2019 di due anni rispetto al 2011 (da 43 a 45 anni) ed è cresciuto l’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto tra gli over 65 anni e gli under 15 fino al 180%. Lo si legge nel Censimento Istat sul 2019 secondo il quale “il numero di anziani per bambino passa da meno di uno nel 1951 a cinque nel 2019 (era 3,8 nel 2011) e l’indice di vecchiaia (dato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) è notevolmente aumentato, dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% del 2019 (148,7% nel 2001)”.
Il comune più giovane è Orta di Atella, in provincia di Caserta, con una età media di 35,3 anni; quello più vecchio è Fascia, in provincia di Genova, dove l’età media supera i 66 anni. La Campania, con 42 anni, è la regione con la popolazione più giovane, seguita da Trentino Alto Adige (43 anni), Sicilia e Calabria (entrambe con 44 anni). La Liguria si conferma la regione con l’età media più elevata (49 anni). Anche nel 1951 la Campania e la Liguria erano la regione più giovane e quella più vecchia ma, per entrambe, l’età media risultava più bassa di 13-14 anni rispetto a quella registrata nel 2019.
Massimiliano Pezzella – Agenzia Stampa Italia