(ASI) "La 'normalità' della sanità calabrese sembra non essere scalfita neanche dall’emergenza Coronavirus. Da 10 anni dura l’eterno commissariamento regionale – avviato da Scopelliti e mai più messo in discussione dai governi successivi – che ha determinato la chiusura sistematica di interi ospedali.
Da un anno anche l’Asp 5 reggina, in seguito allo scioglimento per ‘ndrangheta, è retta da tre commissari che hanno pensato bene in piena emergenza di “restare a casa”, ben lontani dai loro innumerevoli incarichi.
Eppure la Calabria ha avuto del tempo prezioso a sua disposizione, nella diffusione del contagio, che avrebbe dovuto essere usato per ribaltare le logiche che hanno portato al collasso la sanità nel territorio.
Prevedibilmente, però, non ci si può attendere da una caffettiera il rombo di una Ducati.
Tuttavia, non vogliamo limitarci alle critiche sterili: abbiamo sette proposte per la fase di emergenza e per quella successiva.
Innanzitutto, serve un piano di assunzioni a tempo indeterminato, perché è a dir poco vergognoso che in una regione in cui mancano – nell’ordinario – 1000 medici e 4000 operatori sanitari, rispetto al fabbisogno, si intenda affrontare la pandemia offrendo a poche centinaia di figure sanitarie contratti precari di 6 mesi! È questo un trattamento da “eroi”, o non piuttosto da carne da macello da rigettare nella pattumiera della disoccupazione (o dell’emigrazione) alla fine dell’emergenza? Servono contratti stabili, attingendo da graduatorie e specialisti ambulatoriali, sia per il presente che per il futuro. Non chiamateli eroi, se poi li abbandonate!
Prevenire con le cure domiciliari è meglio che curare in ospedale: a poco serve allestire milioni di posti letto in terapia intensiva, se non si tutela adeguatamente, con tamponi diffusi e prime cure, la popolazione calabrese e reggina: è un servizio fondamentale attuabile tramite i medici di base e gli specializzandi, sia per monitorare le forme più lievi di Covid e prevenire l’acutizzazione, sia per chi soffre di altre patologie. Nessuno dev’essere lasciato solo!
La governatrice Santelli, in queste settimane, si è più volte contraddetta tra “spoke” e “hub”, nell’indicare quali strutture dovessero ospitare i malati Covid; il GOM e l’Asp reggina agiscono come se non si parlassero e quest’ultima addirittura individua a caso presìdi Covid nella provincia (Gioia Tauro, Melito e Locri), in strutture non adeguatamente attrezzate, mentre stipula convenzioni – di cui non si conosce bene la natura, né le forme di controllo - con le strutture private prima ancora di aver utilizzato tutte quelle pubbliche in suo possesso. Invece di perseverare negli errori del passato, il tavolo decisionale dev’essere unico, perché le varie aziende sanitarie e la Regione agiscano come fossero un’unica cosa, senza perdere altro tempo e risorse in mille rivoli.
Il GOM dovrebbe essere la struttura di riferimento Covid, mentre agli ospedali di Polistena e Locri devono essere restituiti i reparti fondamentali chiusi di recente, potenziati i laboratori di analisi e va mantenuta la destinazione non-Covid. Gioia Tauro e Melito P.S., invece possono diventare strutture per sorveglianza attiva su casi sospetti o non acuti, che hanno difficoltà con la quarantena domiciliare; basta dotarli di radiografi portatili. I soldi ci sono, vanno solo sbloccati: 86 milioni di euro per le attrezzature, 23 milioni per emergenza Covid, 1,5 milioni per nuove TAC, indispensabili oggi e fondamentali domani per abbattere le liste di attesa.
Serve inoltre dotare di ambulanze, automediche ed elicotteri i presidi e il personale per l’assistenza domiciliare: ad oggi la quasi totalità dei mezzi di soccorso è esternalizzata.
Vogliamo infine ricordare che vanno spesi i 9 milioni e 8 milioni di euro, già deliberati, per attivare al più presto le Case della Salute di Scilla e Siderno: il rischio è di perderli e rendersi responsabili di un torno irreparabile!
“Andrà tutto bene” se si cambieranno le condizioni materiali che hanno determinato la situazione attuale: basta commissariamenti e piani di rientro; trasparenza, pianificazione, prevenzione, investimenti devono essere le parole chiave del presente e del futuro della sanità calabrese.
I responsabili del disastro devono rendere alla collettività le risorse che hanno depredato, mentre la sanità deve tornare ad essere completamente pubblica, “nazionale” e non più aziendalizzata, per riprendere a “servire” la collettività.
Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema!"