(ASI) A Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, ma soprattutto leader del Movimento 5 Stelle, manca una dote che è richiesta a tutti, ma senza di essa non si può fare bene né il ministro né tantomeno guidare un movimento politico: documentarsi e riflettere prima di parlare.
Ha sbagliato, ed ho già avuto modo di rilevarlo, subito dopo le elezioni in Umbria (vedi: gli errori ripetuti dei 5 Stelle portano all’eutanasia) quando ha detto, dopo la pesantissima sconfitta elettorale: “Mai più alleanze con il Pd nelle Regioni”. Ora persevera in questo atteggiamento suicida con le dichiarazioni fatte ieri quando si è saputo che per le regionali in Calabria, che si terranno, come in Emilia-Romagna, il 26 gennaio prossimo, scende in campo l’imprenditore Pippo Callipo, un candidato “civico” che ha trovato subito, tra i sostenitori, il segretario del Pd Nicola Zingaretti. E il capo politico dei 5 Stelle: “L’alleanza con il Pd in Calabria sarebbe una seconda Umbria. Il Pd esce da un’indagine per corruzione in quella regione. Se proprio dobbiamo presentarci facciamolo evitando di farci del male”. Un concentrato di errori sembrava impossibile poterlo concepire in sole tre frasi. La prima cosa che emerge subito è che Luigi Di Maio ancora non abbia capito quello che è successo in Umbria. Repetita iuvant (speriamo). Il Pd in Umbria era ai minimi storici perché c’erano stati i nove anni disastrosi di Catiuscia Marini, che aveva rischiato già di perdere nelle precedenti consultazioni, al rinnovo del suo mandato, nel 2015. Bastava ascoltare i consiglieri regionali dei 5 Stelle che stavano a Palazzo Cesaroni per farsi spiegare che la Marini ha guidato la peggiore giunta che abbia mai avuto l’Umbria. A questo disastro politico, in primavera, si è aggiunto anche lo scandalo per i concorsi truccati nella sanità, con clamorosi arresti e decine di indagati tra cui la Marini che è stata costretta a dimettersi. Era macroscopicamente evidente che l’alleanza con il Pd non andava fatta, perché era destinata a fallire. Peraltro con Vincenzo Bianconi, un candidato “civico”, pure stimato, ma politicamente debolissimo, che non ha vinto, e convinto, nemmeno nella “sua” Norcia: solo 1.008 voti contro i 1.584 elettori che hanno scelto Donatella Tesei. Una Caporetto ampiamente prevista e prevedibile, dunque, che non ha nulla in comune con la Calabria; se non con il fatto di un’inchiesta su una presunta corruzione che ha coinvolto, tra gli altri, anche il governatore uscente del Pd, Mario Oliverio, che, comunque, si presenterà con una sua lista. Ma la differenza sostanziale sta non solo nel fatto che in Calabria ancora è tutto incerto (e non tutto deciso, come abbiamo visto era, invece, in Umbria) è anche nella candidatura. Pippo Callipo, il “re del tonno”, è un imprenditore molto conosciuto e stimato, anche presidente della Tonno Callipo Calabria Volley, una popolarità in ambito sportivo che, a volte, può fare la differenza. E quando qualcuno, sprovveduto, pensa di screditarlo dicendo che non è di sinistra, ricordando che nel 2014 sostenne la candidata del centrodestra, gli dà, al contrario, un titolo di merito in più, perché sta a dimostrare che è veramente il candidato “civico” che gli elettori vogliono, anche quelli, per non dire soprattutto, dei 5 Stelle, e che ha, quindi, tutti i requisiti per avere successo. Con il possibile contributo dei 5 Stelle, se Luigi Di Maio leggesse e studiasse un po’ di più prima di decidere e parlare. Sempre che intenda veramente dare nuovo vigore al Movimento, piuttosto che trascinarlo, come sembra voglia fare, in Emilia-Romagna come in Calabria, verso un’eutanasia triste, scontata e certa.
Fortunato Vinci – Agenzia Stampa Italia