(ASI) Prima di parlare della crisi che sta colpendo l'Italia, degli scenari politici che si prospettano e delle soluzioni necessarie per uscirne, occorre un sincero esame di coscienza universale. Il quesito che ci dobbiamo porre è: come coerentemente mettere in pratica gli ideali in cui crediamo?

A parole, quasi tutti gli italiani dicono di essere democratici. Ma lo sono e lo siamo veramente? Per comprendere la sostanza di cosa intendo porterò un esempio positivo di attuazione di democrazia diretta. Nel Regno Unito c'è stato un referendum sulla Brexit, il popolo sovrano si è espresso, il governo, sebbene fra tantissime difficoltà e forti pressioni internazionali, sta dando seguito a quanto espresso dalla volontà della gente. Si tratta di un principio fondamentale ed inderogabile della democrazia.

In Italia, invece, le volontà popolari - come ad esempio i referendum - vengono ormai troppo spesso disattese. Quindi, chi è chiamato a ricoprire ruoli di alta responsabilità istituzionale non può non attenersi a criteri di saggezza. Deve essere un buon padre di famiglia, insomma, e prendere le decisioni sempre nell'interesse comune. E l'Italia è la nostra famiglia.

Per questo Lei, caro Presidente della Repubblica, oggi è chiamato ad una decisone importantissima: fare gli interessi dell'Italia e degli italiani. Le strade percorribili sono due: verificare se è possibile formare un'altra maggioranza parlamentare in grado di sostenere un nuovo governo oppure andare al voto.

è vero che siamo in una democrazia parlamentare e che la prima opzione da Lei scelta, cioè di verificare se esiste una nuova maggioranza in Parlamento, è istituzionalmente corretta. Ma è altrettanto vero che questo esecutivo dovrà nascere fornendo grandi garanzie di unità d'intenti, di affidabilità e di alto profilo. Allora, caro Presidente Mattarella, Movimento Cinque Stelle (M5S) e Partito Democratico (PD) hanno ampiamente dimostrato nei fatti e nei contenuti politici di cui sono portatori che ad unirli è... la grande divisione su tutti i temi principali dell'agenda politica italiana.

È umanamente impossibile che due antichi ed acerrimi "nemici", che negli ultimi sei anni si sono sempre avversati, offesi, accusati e contrastati, oggi trovino magicamente un'intesa politica. Li divide una visione del Paese e del mondo totalmente diversa l'una dall'altra. Se poi andiamo a vedere cosa anima il dibattito interno e le profonde divisioni interne ai due partiti. Anzitutto, il PD, dove Matteo Renzi "controlla" la maggioranza dei parlamentari ed insegue l'accordo ad ogni costo con il M5S, ha intenzione di rilanciarsi come partito dopo le ultime sconfitte elettorali. Dall'altra parte, il neoeletto segretario nazionale Nicola Zingaretti vuole invece limitare lo strapotere di Renzi sui gruppi parlamentari e non è così convinto dall'ipotesi di formare un governo giallorosso.

Da parte sua, la colonna portante del M5S, composta da Di Maio, Casaleggio e Di Battista, non vorrebbe l'accordo con gli storici avversari del PD e si rifugia nell'estrema ipotesi di richiedere il consenso della base attraverso una consultazione tra gli inscritti alla Piattaforma Rousseau. Ci sono, tuttavia, anche quelli grillini - rappresentati dal Presidente della Camera Fico - che puntano invece ad un accordo rapido con il PD nonostante le distanze ideologiche e le antiche ruggini che li hanno sempre separati. L'intento, chiaro e lineare, è spostare il partito da una posizione populista/sovranista ad una "liberal-progressista".

I fatti hanno ampiamente dimostrato che le trattative in atto fra M5S e PD, più che affermare e trovare tesi convergenti e soluzioni condivise, si sono arenate a causa dei veti incrociati. Inutile girarci intorno, caro Presidente, le profonde differenze e le contraddizioni, prima o poi, emergeranno, peggiorando lo stato delle cose e portando maggiore confusione al governo del Paese.

Non può inoltre passare inosservato che le ultime elezioni politiche dell'anno scorso hanno visto la maggioranza relativa degli italiani premiare, con il 37% dei consensi, un programma di centrodestra secondo un'indicazione di coalizione, fondamentale all'interno di un sistema misto che, al di là dei meccanismi tecnici di assegnazione dei seggi, resta essenzialmente maggioritario e percepito come tale dall'elettorato.

È senz'altro vero che Matteo Salvini ha innescato la crisi sfiduciando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ma è altrettanto oggettivo che lo sfilamento dalla coalizione di centrodestra della Lega, ferma al 17% dei consensi, rappresentava una dinamica obbligata nel tentativo di formare un governo. Una scelta temporanea, concordata con gli alleati di Forza Italia e Fratelli d'Italia, esclusi dalla trattativa del maggio 2018 in virtù delle condizioni poste dal M5S. Gli schieramenti proposti alle tornate regionali e amministrative occorse negli ultimi quattordici mesi in varie aree geografiche del Paese (Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Molise, Piemonte ecc. ...) dimostrano che la coalizione di centrodestra - così come quella di centrosinistra - ha continuato a proporsi unitariamente agli elettori, in alternativa al M5S e allo stesso Partito Democratico. Il dato di quelle tornate locali, inoltre, sommato a quello delle elezioni europee, mette in evidenza la crescita generalizzata del consenso proprio per quella forza politica - il centrodestra e la Lega in particolare - che da oggi potrebbe essere paradossalmente esclusa dal governo del Paese. 

Alla luce di questi rilievi oggettivi, non Le sembra giusto ed opportuno prendere atto della dura realtà? Il momento è solenne e serve una decisione radicale, l'unica che non sia divisiva e lacerante per gli italiani. Decisione che è in linea con l'Articolo 1 della Costituzione: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Nei momenti storici più importanti è fondamentale rimettere al centro dell'agone  politico la volontà del popolo per affermare di fatto e nel reale il principio unificante della Democrazia, quella con la D, maiuscola che vede nel popolo sovrano la via maestra da seguire.

Come la storia ci insegna, le divisioni possono avere esiti imprevedibili. Quindi chi ha più giudizio, ne faccia uso. Altrimenti, i tanti dubbi di questa confusa situazione continueranno ad alimentare le fantasie degli italiani, che potrebbero ritenere certe decisioni fra partiti influenzate dalle elezioni per il Quirinale nel 2022, dalle nomine nelle partecipate (Eni, Enel, Leonardo, SACE, Ansaldo Energia ecc. ...) o addirittura da pressioni esterne al nostro Paese, indirettamente condizionate da più vasti scontri in atto a livello internazionale, nonché da giochi di palazzo mirati solo a mantenere ruoli e potere.

 

Ettore Bertolini - Agenzia Stampa Italia

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