(ASI) Nei giorni della polemiche sui privilegi, e in particolare, sulle “ferie lunghe dei parlamentari”, i radicali chiedono la convocazione straordinaria e urgente del Parlamento per affrontare quella che per loro è la prima delle emergenze italiane, la giustizia che non c’è, ovvero l’illegalità diffusa nel Paese, di cui la situazione delle carceri è l’aspetto più drammatico e urgente.
La richiesta dei radicali è destinata a turbare gli ovattati ambienti dei palazzi romani del Potere, che già si erano preparati a settimane di chiusura per ferie, crisi economica permettendo. Anche il neoministro della Giustizia, senatore Nitto Francesco Palma, in procinto di partire per una lunga vacanza di un mese in Polinesia, è avvisato: se i radicali raccogliessero le firme necessarie per la convocazione straordinaria, difficilmente potrebbe sottrarsi al dovere morale e politico di interrompere l’ozio.
Un lungo comunicato, promosso dalla deputata della delegazione radicale nel gruppo PD a Montecitorio, Rita Bernardini, spiega che il 14 agosto, per 24 ore, è stato indetto uno “sciopero totale della fame e della sete” per sostenere la richiesta di convocazione urgente delle Camere. “Anche per simboleggiare, recita il documento, la fame e sete di legalità, giustizia e verità del popolo che abita il territorio italiano”; popolo che, in assenza di democrazia e diritto, “rischia di soccombere”.
L’appello è stato sottoscritto, tra gli altri, da: Luigi Manconi, già deputato verde e attualmente Presidente dell’Associazione “A Buon Diritto”; Eugenio Sarno, Segretario della UIL-PA Penitenziari; Ornella Favero, Presidente dell’Associazione “Ristretti Orizzonti”; Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione “Antigone”; Irene Testa, Segretaria dell’Associazione “Il Detenuto Ignoto”; Riccardo Arena, conduttore della trasmissione “Radio Carcere” su Radio radicale, seguitissima nel mondo penitenziario.
La richiesta di convocazione del Parlamento si basa sul presupposto di “dare voce e seguito”alle parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Convegno sulla giustizia promosso dai radicali e svoltosi presso il Senato alla fine di luglio.
Napolitano, in quell’occasione, aveva definito la situazione delle carceri italiane una “realtà che ci umilia in Europa e ci allarma, per la sofferenza quotidiana - fino all'impulso a togliersi la vita - di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollate è quasi un eufemismo”. Una situazione causata, per il Capo dello Stato, anche da scelte politiche e legislative “oscillanti e incerte tra tendenziale, in principio, depenalizzazione e "depenitenziarizzazione", e ciclica ripenalizzazione, con crescente ricorso alla custodia cautelare, abnorme estensione, in concreto, della carcerazione preventiva”.
Napolitano aveva anche lanciato l’allarme sul “punto critico insostenibile” cui è giunta la questione sotto il profilo della giustizia ritardata e negata, o deviata da conflitti fatali tra politica e magistratura, e sotto il profilo dei principi costituzionali e dei diritti umani negati per le persone ristrette in carcere, private della libertà per fini o precetti di sicurezza e di giustizia”. Ciò che ne ha fatto “ una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile” dato anche “l’abisso che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale sulla funzione rieducatrice della pena e sui diritti e la dignità della persona”.
Un’analisi impietosa, quella di Napolitano, che lo aveva indotto a concludere che si tratta di “una realtà non giustificabile in nome della sicurezza, che ne viene più insidiata che garantita, e dalla quale non si può distogliere lo sguardo”. Di fronte a questa realtà, Napolitano aveva sferzato la politica a dare le risposte “coraggiose, coerenti, e condivise” che servono, nel campo della giustizia come in altri, fondamentali, nei quali la gravità del momento richiederebbe un profilo alto e non debole.
Una raccomandazione condivisa anche dal Presidente del Senato Schifani e raccolta, nello stesso convegno, anche il Primo Presidente della Cassazione, Ernesto Lupo, per il quale sono ormai “indispensabili interventi legislativi idonei a non incrementare e, anzi, a ridurre progressivamente la popolazione carceraria”, a depenalizzare reati puramente formali e ad introdurre formule estintive del reato, nell’ambito di condotte non gravi.
Ma la politica, secondo Marco Pannella, sembra non volere, o non sapere, rispondere alle raccomandazioni del Quirinale, visto che “la parola giustizia, nel dibattito alla Camera e al Senato, non è stata detta né dal governo, né dalle opposizioni di regime, non dalla destra, non dalla sinistra, né dal centro. Tra i problemi dell’Italia non è stata mai nominata”.
E dato che anche i media hanno rimosso il problema, Pannella si chiede “in quale Paese viviamo” e invita i parlamentari di ogni parte “stanchi di questo regime” e che sanno di avere un alta probabilità di non essere rieletti con l’attuale legge elettorale o con quelle che si stanno ipotizzando, ad autoconvocarsi ai sensi della costituzione per farsi promotori, a partire dal problema giustizia-carceri, di un’alternativa democratica fuori da schemi, appartenenze e calcoli.
Dopo il lungo sciopero totale di Pannella, interrotto, qualche settimana orsono, per l’interessamento personale e politico del Presidente Napolitano, i radicali non hanno mai abbassato il tiro sul problema dell’illegalità delle carceri italiane e sulla necessità, a loro parere, di un’”amnistia democratica” che ripristini un minimo di legalità da stato di diritto nelle carceri e nella giustizia italiana.
L’iniziativa radicale sembra già aver provocato qualche reazione. I responsabili giustizia e carceri del PD, Andrea Orlando e Sandro Favi, su “L’Unità”, richiamano l’attenzione del Ministro della Giustizia sulla “drammaticita' della situazione negli istituti penitenziari italiani” testimoniata, “prima ancora che dalle fredde cifre del sovraffollamento e delle statistiche” dalle storie di vita quotidiana di sofferenza, di abbandono, di incuria, di indifferenza, di disperazione e spesso di morte che a fatica filtrano dal carcere'' (dal 2000 ad oggi si sono verificati nelle carceri italiane quasi 600 suicidi, alla media di circa uno a settimana! ndr). Il Governo, secondo gli esponenti del PD, ha assunto per due volte precisi impegni in Parlamento, ai quali però non ha mai dato seguito.
Il dado è lanciato, insomma, e come ogni anno in Italia, mentre a ferragosto la politica chiude allegramente per ferie, il problema del sovraffollamento, delle condizioni disumane, dell’igiene e della invivibilità delle carceri, come per contrasto, riesplode. Quest’anno, però, sui politici pende la “minaccia” della convocazione del Parlamento: un grattacapo non da poco per i nostri rappresentanti, visto anche il clima di diffusa ostilità generale verso i vantaggi di cui gode la politica rispetto ai normali cittadini, reclusi e non.