(ASI) - Si è riaperta la questione porti chiusi o aperti dopo i casi Diciotti e Sea Watch, a causa della situazione libica, che rischia di provocare un esodo di massa.
E, insieme a loro, si teme, anche di persone poco raccomandabili e perfino di affiliati all’Isis.
Ieri il ministro Salvini, mentre la nave Mare Jonio salpava da Lampedusa, emanava una direttiva con indicazioni alle forze di polizia e ai capi di Marina e Guardia di Finanza di vigilare affinché "non reiterino condotte in contrasto con la vigente normativa in materia di soccorso in mare". Secondo Salvini l’attività di salvataggio delle Ong incentiva solo gli attraversamenti; il suo obbiettivo è quello di chiudere i porti e impedire l’arrivo dalla Libia di chiunque, negando lo status di 'rifugiato'.
Secondo il Ministero della Difesa invece, Salvini avrebbe 'sconfinato': "È stata superata una linea rossa". Perché la direttiva è stata inviata a polizia, carabinieri, guardia di finanza e costiera, ma anche al capo di stato maggiore della Difesa. Di qui le accuse di sconfinamento, che Salvini nega: "Siamo tranquillissimi perché il Viminale è la massima autorità per la sicurezza interna. Quindi la direttiva è doverosa, oltre che legittima. La legge dispone dell’uso di navi della Marina. Ingerenze? Io ho il diritto-dovere di decidere in quale porto sbarca tizio o caio".
Ecco invece le parole di Luigi Di Maio: "Se abbiamo il problema di 800 mila migranti in Italia, di certo non li fermi con una direttiva. Se vogliamo aiutare l’Italia, molliamo i Paesi che non accolgono i migranti, invece di allearci con loro, da Orbán in giù". Il premier Giuseppe Conte prova invece a mediare: "Porti aperti sì o no, è una semplificazione bellissima per il pubblico, ma chi la segue può scoprire che la politica italiana sull’immigrazione è molto più complessa".
Claudia Piagnani - Agenzia Stampa Italia