(ASI) Roma - "Vorrei rivolgere un pensiero affettuoso e sincero, spero rappresentativo di tutto il Parlamento, agli italiani che stanno in Venezuela, che in questo momento soffrono pesantemente le conseguenze di una situazione che si protrae da diversi anni.

 

Sul Venezuela la politica italiana negli anni passati si è divisa pesantemente: del Venezuela abbiamo dato giudizi diversi; storicamente del chavismo sono stati dati giudizi diversi. Ma oggi non è il momento di riaprire la pagina delle discussioni storico-politiche. Oggi è il momento di guardare in faccia la realtà e di vedere come uno dei Paesi che negli anni Settanta erano tra i più ricchi del mondo, ai vertici di tutte le statistiche mondiali, oggi si è ridotto ad un Paese in cui un decimo della popolazione è scappata; il 90% vive sotto i livelli di dignità; i bambini in gran parte non vanno più a scuola, ma li trovate accanto ai bidoni della spazzatura per cercare per le loro famiglie qualcosa da mangiare; il cibo è razionato; la produzione petrolifera è scesa da 3 milioni di barili a 900.000. Davanti a questa situazione, negli anni scorsi sono intervenute autorità internazionali, dall'ONU all'Organizzazione degli Stati americani, dal Mercosur a quella che è la principale risorsa spirituale del Venezuela, ossia la Chiesa cattolica e la Conferenza episcopale. Papa Francesco, e il Vaticano sono intervenuti più volte per cercare anche di proporsi - poiché avevano il consenso di tutti, del regime e dell'opposizione - come elemento di dialogo politico, ma tutto questo ha prodotto un muro di diniego.
In questi ultimi giorni la situazione è degenerata: è stata costituita un'Assemblea costituente priva di basi giuridiche. Mentre i parlamentari sono stati privati dello stipendio ed è stato addirittura blindato l'accesso al Parlamento, per cui sono state tolte la luce, l'elettricità e tutto quello che consentiva ad esso di funzionare. È stato paralizzato e, nonostante questo, i nostri colleghi hanno continuato, nell'isolamento internazionale, fino ad arrivare a ieri, giornata storica per il Venezuela, nella quale però tutti noi - se crediamo ancora nel valore della parola democrazia e di quello che significa - non possiamo per far finta di non aver visto quanto sta accadendo. Non possiamo nasconderci ancora una volta dietro alle frasi nella diplomazia astrusa: qui dobbiamo prendere posizione, non si può dire né con gli uni né con gli altri; è troppo semplice. 
Lasciando perdere gli Stati Uniti, perché qualcuno potrebbe metterla sull'ideologico, guardiamo all'organizzazione degli Stati americani, al Brasile di Bolsonaro, all'Argentina, alla Colombia, all'Ecuador, storicamente non di certo allineato con il fronte dei conservatori: nella giornata di ieri, tutti questi Paesi, compreso il Canada, hanno riconosciuto la legittimità istituzionale e politica non di chi si è autoproclamato Presidente dello Stato, ma di chi semplicemente ha offerto il proprio mandato come Presidente a tempo, come ha fatto Guaidó, nel tentativo di favorire un processo democratico e uscire da quest'incubo, il cui primo e unico attore è quel Maduro che continua a far finta di rappresentare il Venezuela come fosse un Paese nella piena normalità. Naturalmente è una cosa che contrasta con tutto, il buonsenso per primo.
Credo che l'Italia debba battere un colpo: lo deve fare in nome e per conto dei connazionali che ho visto due anni fa a Caracas, che soffrono pesantemente. Molti di loro naturalmente sono scappati, ma tanti hanno le loro attività e i loro figli lì. Non possiamo non battere un colpo e in queste ore - da membro del Senato, partecipe della vita democratica di quest'Istituzione e da italiano - chiedo al Ministro degli esteri di esprimersi, evitando di prendere tempo, e di collocare l'Italia nella posizione della comunità dei Paesi liberi che in queste ore si stanno esprimendo, a partire da quelli dell'Unione europea. 
So che possono esserci divisioni, ma mi rivolgo ai colleghi che stanno al Governo. Chiedo a voi, interpreti primari della volontà popolare, in quanto maggioranza, di stare al fianco della comunità degli uomini e delle donne liberi di questo mondo, di Guaidó, Presidente del Parlamento del Venezuela nel presente drammatico trapasso per quel Paese. Viva l'Italia, ma viva il Venezuela!".
Lo ha detto Pier Ferdinando Casini nell'Aula del Senato, in apertura di seduta, a proposito della crisi politica in Venezuela.

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