(ASI) Il 10 giugno 2017 sarà ricordato come uno dei giorni più “caldi” vissuti dalla nazione in questo anno. Non è però il termometro ad essere in questione, bensì il destino dell’intero settore trasporti.

Lo sciopero generale del settore trasporti indetto per oggi ha paralizzato infatti la mobilità del paese. Da nord a sud aerei, autobus, tram e treni hanno sospeso l’esercizio con la sola eccezione delle fasce critiche più affollate. Ma quali sono gli schieramenti?

Da una parte i dirigenti, o i commissari (vedi  Alitalia), che da tempo stanno portando avanti lo stralcio di norme a tutela dei lavoratori, per poter rendere appetibili le aziende di trasporto italiane e giungere alla privatizzazione delle stesse.  Dall’altra parte invece i lavoratori che si oppongono alla perdita di ulteriori tutele. Assieme ai lavoratori del settore trasporti, a sorpresa, anche buona parte delle associazioni e dei comitati dei consumatori e degli utenti del settore trasporti. La domanda che questi ultimi pongono è “dalle privatizzazioni quanto verrà dato al trasporto regionale?”

Lo sciopero “irresponsabile”

“Non capisco perché si sciopera. Scioperare di venerdì è da irresponsabili. Così si avvantaggia la concorrenza”. Queste le parole dure, e un po’ “aromatizzate” di vittimismo, con cui Luigi Gubitosi, commissario straordinario dell’Alitalia, ha stroncato  l’agitazione di oggi. “Dovremo cancellare 160 voli su 620; speriamo di farcela”- ha concluso preoccupato Gubitosi ai microfoni di RaiNews 24.

Le motivazioni sono presto dette: i lavoratori del settore trasporti, e non solo di Alitalia, hanno deciso di chiedere una netta inversione di rotta rispetto ai trend attuali. A spiegarlo meglio anche per i non addetti ai lavori del settore trasporti ci ha pensato questa mattina Robinson Massacesi, del sindacato CUB (Confederazione Unitaria di Base), ai microfono di Coffee Break, trasmissione in onda su La7. “Lo sciopero odierno dei trasporti pubblici è principalmente a sostegno della vertenza dei lavoratori Alitalia che coraggiosamente hanno respinto un piano industriale che non rilanciava l’azienda. Al contrario si trattava di un piano che avrebbe solo eliminato le tutele di base ai lavoratori Alitalia lasciandoli di fatto alla mercé di salari ridotti al minimo, straordinari non pagati e licenziamenti improvvisi” – ha spiegato Massacesi. “Un vero piano di rilancio di Alitalia” – ha poi proseguito –“passa necessariamente per la nazionalizzazione della compagnia di bandiera. I passati piani di privatizzazione, con precedente resa più appetibile della compagnia, hanno sempre dimostrato di essere fallimentari fino a giungere all’attuale commissariamento”.

A queste dichiarazioni hanno fatto eco quelle di un illustre ospite in studio quale Alberto Bagnai. Per il noto economista “le partecipazioni statali sono imprescindibili in una nazione della U.E.”. “Per il pensatore, idealista medio che vota e sostiene i provvedimenti dell’attuale esecutivo, mi riferisco quindi in generale al pensatore medio del Pd, ma non solo, l’ideale di perfezione cui ambire è la Germania. Ebbene laggiù sono alle prese con uno scandalo di evasione fiscale per miliardi e miliardi. Si fa riferimento alla Germania come ideale di efficienza ma si omette di dire che hanno l’aeroporto di Berlino che andava chiuso da “x” anni e che invece ancora adesso rimane aperto e costituisce una perdita economica. Allora” – ha concluso Bagnai -“bisogna prendere atto che in Europa le uniche compagnie di bandiera che funzionano non sono quelle privatizzate e rese appetibili ai mercati, bensì quelle che ricevono aiuti e partecipazioni statali. L’ideale di efficienza non sta nella vendibilità di un azienda. La questione dei prezzi e dei costi deve riguardare ed essere responsabilità dei dirigenti e non certo dei lavoratori. Questi ultimi protestano adesso perché la loro volontà, espressa con il referendum interno di Alitalia, sta venendo sistematicamente ignorata e scavalcata”. A questo punto Bagnai non ha risparmiato una stoccata all’esponente di Articolo 1 che in studio stava marcando le differenze tra l’attuale Pd Renziano e le scelte dell’allora segreteria Bersani. “Vorrei tornare a votare sinistra, ma quando la lotta di classe è fatta sui prezzi e non sui salari, la sinistra come quella di Bersani rompe il patto sociale. Ci vorrebbe solidarietà ma i media in genere alimentano la guerra tra poveri”.

Atac e Treni regionali: quando i lavoratori difendono gli utenti

Nella stessa trasmissione sono intervenuti anche Fulvio Spelonca, rappresentante dell’ATAC, l’azienda di mobilità pubblica romana, e  Gianluigi Giusti portavoce del Coordinamento Comitati Pendolari Umbri in rappresentanza dei comitati  Pendolari Terni, Comitato Pendolari Roma - Firenze (Orvieto), Comitato Viaggiatori Bacino Gubbio - Urbino, Comitato Pendolari ex-FCU (Ferrovia Centrale Umbra) Alto Tevere, e il Comitato Pendolari Teverina. Per Giusti la questione della privatizzazione di Trenitalia è da intendersi non necessariamente come un dogma intoccabile. Il portavoce dei comitati dei pendolari umbri ha infatti lanciato la propria proposta tanto a Trenitalia, quanto agli organi politici regionali e nazionali affermando –“Se privatizzate l’alta velocità ferroviaria questo deve avere un ritorno sui treni regionali”. Secondo Giusti infatti la gestione di una ferrovia non può avere “figli e figliastri bistrattati”. Non è cioè possibile, ne accettabile, secondo il portavoce del comitato pendolari umbri, che un azienda come Trenitalia punti tutto sull’alta velocità ignorando sistematicamente il comparto del trasporto regionale. “Rappresento gli oltre 26.000 utenti umbri che ogni giorno utilizzano il treno. Non è pensabile che le loro istanze vengano sempre sacrificate in nome di ciò che è redditizio o appetibile”. Per  far comprendere quanto in effetti attualmente il comparto del trasporto ferroviario regionale dipenda dalle regioni stesse, Giusti ha sinteticamente citato alcune cifre - “11,86, 6,76 e 3,96; sono rispettivamente quanto investito pro capite da Toscana, Emilia Romagna ed Umbria nei rispettivi trasporti regionali in base ai dati del 2015”. Non a caso infatti la situazione della Toscana vede la regione attraversare un periodo di slancio ferroviario ed in l’Emilia un periodo di timido rilancio e potenziamento. L’Umbria invece  rimane in netto svantaggio ed in un periodo di crisi nera del vettore su ferro. “Ciò è evidente paragonando gli investimenti della regione Umbria con quelli di altre regioni d’Italia. Da questo impietoso paragone si può capire che la regione dell’Italia centrale investe meno di certe regioni del meridione” – aveva dichiarato in tempi non sospetti lo stesso Gianluigi Giusti ad Agenzia Stampa Italia.  Tutto ciò rende la regione, cuore verde d’Italia, tra le più isolate e mal servite della nazione.

Il punto di Gianluigi Giusti ha trovato una forte sponda nel rappresentante dell’Orsa Fulvio Spelonca. Per quest’ultimo infatti le privatizzazioni avranno effetti tanto negativi sui lavoratori, quanto sull’utenza. “I lavoratori protestano contro l’abolizione delle clausole che prevedevano la tutela del lavoratore in caso di cessione dell’azienda e l’impossibilità di licenziamenti senza giusta causa. La direzione attuale invece vorrebbe che giunga al punto in cui in caso di vendita di un azienda trasporti a soggetti privati i lavoratori non migrino più automaticamente nella nuova azienda. Di fatto si spiana la strada al Jobs – Act e ai licenziamenti di massa onde poter assumere personale a costo inferiore. Questo” – ha concluso Spelonca “andrà principalmente a danno degli utenti poiché dovranno fare i conti non solo con un servizio verosimilmente meno presente e radicato sul territorio, ma anche di qualità inferiore, poiché personale più economico significa personale con minore esperienza e motivazione”.

 

Cenusa Alexandru Rares – Agenzia Stampa Italia

 

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