(ASI) Lo hanno riempito di insulti, il povero Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti che qualche giorno fa, con una audace esternazione, ha detto ai giovani di una scuola di Bologna che per trovare il lavoro piuttosto che spedire in giro curricula si possono creare più opportunità giocando a calcetto.
Intendeva dire che per l’occupazione contano più le amicizie, magari maturate sui campi di calcetto, che i titoli di studio e di merito che si possono elencare nel curriculum. La frase di Poletti non era né una gaffe né tantomeno una metafora, era molto più semplicemente la rappresentazione di quello che avviene nel nostro Paese. Dove gli studi, il merito e le capacità sono soltanto dettagli. E la prova che quello che dice Poletti è, purtroppo, la sacrosanta verità lo dimostrano giorno dopo giorno le mezzecalzette che ci governano. Cominciando da Poletti, naturalmente; dal perito agrario Poletti, che senza le amicizie acquisite come presidente della Lega Coop nazionale non avrebbe potuto, con il suo semplice titolo di studio, ricoprire addirittura un incarico ministeriale.

Clamorosa è la vicenda di Valeria Fedeli, ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, che aveva detto di avere un “diploma di laurea in scienze sociali”, ma si era sbagliata, il titolo di studio che ha non è una laurea. Una confusione non di poco conto per il ministro dell’Istruzione. Un titolo peraltro che sarebbe servito a poco o, forse, a niente in un eventuale curriculum, men che meno, naturalmente, per fare il ministro dell’Università e della Ricerca, ma siccome ha fatto la sindacalista ha trovato le conoscenze e le amicizie giuste per fare carriera. Naturalmente la nomina ha suscitato molte perplessità e polemiche. Sui muri di Roma sono stati affissi manifesti con su scritto “per fare il professore ci vogliono: laurea, abilitazione e concorso. Per fare il ministro dell’Istruzione la terza media, amicizie e bugie...”. Così, in un eventuale curriculum, il ministro delle Riforme, Marianna Madia dovrebbe scrivere che aveva fatto un’eccezionale riforma della pubblica amministrazione e che la Corte Costituzionale l’ha considerata illegittima.     Un fatto gravissimo, con costi notevoli oltre che di immagine per il governo ed il Paese, almeno di quella parte che ancora riesce a scandalizzarsi. Ma la cosa in sé non conta, conta l’amicizia, in questo caso quella di Matteo Renzi, che allora era anche presidente del consiglio, il quale, infatti, non si è sorpreso e indignato, anzi ha detto che “è la dimostrazione che il Paese è bloccato”. Una frase banale che non significa niente, ma basta e avanza per tenere a bada il popolo bue.

In qualsiasi altro paese al mondo, un ministro come Maria Elena Boschi, dopo aver fatto quella poderosa riforma della Costituzione bocciata in maniera clamorosa e plebiscitaria da un popolo indignato, richiamando nel curriculum quello che aveva fatto, difficilmente avrebbe potuto trovato un posticino per fare le fotocopie in uno studio legale. Invece, come giustamente dice Poletti, i meriti, e soprattutto i demeriti aggiungo io, non contano niente, contano le amicizie e quella con Matteo Renzi è servita a farla diventare prima ministro ed ora, dopo il capolavoro costituzionale, addirittura “sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con funzioni di segretario del Consiglio e delega in materia di attuazione del programma di Governo e pari opportunità”. Non si è capito niente? Pazienza, significa che è stata pure promossa. Serve altro per dare ragione a

Poletti? Fortunato Vinci - Agenzia Stampa Italia

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