(ASI) La decisione dell'Italia di azioni aeree mirate in Libia rappresenta "il naturale sviluppo" della linea perseguita già da marzo. Lo ha affermato il Ministro Franco Frattini in audizione presso le commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato.
Il Ministro ha spiegato che, "esclusa l'azione di terra, o colpiamo con singole azioni aeree mirate i carri armati di Gheddafi o lasciamo consapevolmente uccidere civili a centinaia o forse a migliaia. Ecco perché non possiamo tirarci indietro", perché la situazione in Libia è di una "emergenza umanitaria di proporzioni gravi e crescenti". Inoltre, ha ricordato, oltre agli alleati e alla Nato sono stati i rappresentanti del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi ad "invocare con forza e insistenza un sostegno anche militarmente più flessibile da parte dell'Italia".
La "maggiore pressione" nei confronti di Gheddafi, secondo Frattini, avrà anche un altro importante effetto, e cioè che sarà "più difficile per il regime organizzare flussi di profughi verso l'Europa come mezzo di rappresaglia". "Come tutti sapete - ha aggiunto - il Cnt di Bengasi ci ha indicato come e dove il regime tenta di organizzare questo orribile traffico e si è impegnato fermamente a bloccare l'immigrazione proveniente dalle loro coste".
Il Ministro della Difesa Ignazio La Russa ha poi chiarito che "l'impiego delle nostre forze aeree sarà nel pieno rispetto della Risoluzione 1973 dell'Onu e l'ingaggio degli obiettivi avverrà con sistemi d'arma di alta precisione, al fine di evitare ogni danno collaterale" e "quell'impiego non può né deve essere giudicato come ultroneo rispetto al mandato di difesa della popolazione civile, bensì come l'utilizzo di 'ogni misura necessaria per garantire quella sicurezza', nello spirito e nella lettera della Risoluzione delle Nazioni Unite".
Per quanto riguarda le iniziative diplomatiche italiane, il Ministro Frattini ha annunciato che domani incontrerà a Roma l'inviato delle Nazioni Unite in Libia, Abdelilah al Khatib ed ha ribadito che "il coordinamento delle iniziative di mediazione" con il regime libico "deve far capo all'Onu".