(ASI) L’Italia è un Paese - non so se ve ne siete accorti - senza una guida, senza una certezza, senza un orientamento, praticamente allo sbando. Il suicidio di Luigi D’Angelo (già dimenticato, secondo il costume italico) quel signore onesto di
Civitavecchia che ha perso tutti i suoi risparmi affidati alla Banca dell’Etruria, va al di là del gesto disperato dell’ex dirigente dell’Enel. E’ la resa tragica e definitiva della persona onesta, davanti agli intrallazzi, al malcostume dilagante, all’illegalità dominante; appunto, ad un Paese allo sbando. Lo dice egli stesso nel messaggio che lascia ai suoi cari: non è per i soldi che ha perso, lo ha fatto perché gli è crollato il mondo addosso, il tradimento di quella che per lui era sempre stata la Banca di sua fiducia. Immagino che considerazioni dello stesso tenore le stiano facendo gli altri centotrentamila risparmiatori che si sono visti azzerare, con un anomalo, discutibilissimo, e forse anche illegittimo, decreto del governo, tutti i propri sudatissimi risparmi. Hanno perso tutto perché le banche sono fallite? No, al contrario, perché le banche sono state “salvate” da quello straordinario prestigiatore che è Matteo Renzi. Non dico se è giusto, perché sarebbe una domanda retorica, mi chiedo se sia possibile. Sì, in questo Paese dominato dai corrotti e dai mafiosi, certo che sì. Viene voglia - lo dico con infinita amarezza - di abbandonare tutto, non leggere più i giornali e guardare la televisione, e andare in un’isola deserta per vivere almeno tranquilli. Perché non è possibile leggere sui quotidiani e sentire in Tv i compari di merende e gli “esperti” raccontare balle infinite. Dopo averli depredati dei propri soldi ora hanno anche il coraggio di insultarli questi poveri (in tutti i sensi) risparmiatori dicendo che sono stati degli ingenui, che dovevano capire che c’era un rischio sotteso perché rendevano il 4% (il 4 per cento non il 40 per cento!) quelle maledette obbligazioni subordinate. E’ intollerabile sentire queste idiozie. La cosa gravissima, imperdonabile, che non doveva assolutamente succedere, invece, è che le banche non dovevano essere ridotte in quelle condizioni pietose. Il problema principale è questo. Avete mai letto le liquidazioni che spettano (si fa per dire) agli amministratori delle banche e delle società con capitale pubblico quando lasciano l’incarico, a volte anche dopo pochi mesi? Diversi milioni di euro. Un vero e proprio furto, altro che liquidazione. Se non l’hanno depredata prima, la società, lo fanno nel momento di lasciarla. Pazzesco. I tagli, Renzi li riserva, coraggiosamente, ai poveri pensionati. Le colpe di quello che è successo vanno ricercate a monte, sono da addebitare, in primis, agli amministratori delle banche (c’è pure Banca Marche, Cassa di Chieti e Cassa di Ferrara), immediatamente dopo, anzi meglio, insieme, in concorso, con il collegio sindacale, la Banca d’Italia, la Consob, e dulcis in fundo al governo, con quel decreto indecente nel tentativo di coprire tutte le infinite vergogne di cui sono stati capaci gli amministratori in qualche modo riconducibili alle consorterie politiche. I risparmiatori che c’entrano? Sono state vittime di amministratori senza scrupoli e senza capacità, che per anni hanno potuto fare i propri indecenti interessi e dilapidare i risparmi dei cittadini grazie ad un patto scellerato di solidaristiche omertose complicità, senza che mai nessuno sentisse il dovere di denunciare questi fatti alla magistratura ed ora dopo questo continuo squallido e intollerabile palleggiamento sulle responsabilità danno la colpa pure ai risparmiatori che non avrebbero letto con attenzione i prospetti che hanno firmato. Indecente, assurdo, vergognoso. L’Ue accusa: le banche “vendevano alla gente prodotti inadatti”. Aggiungendo poi che quelle obbligazioni dovevano invece essere venduti agli “investitori professionisti”. E qui bisognerebbe ridere, purtroppo non ci sono le condizioni per farlo: ma se erano poco più che carta straccia come potevano essere venduti agli investitori professionisti? Potevano essere venduti solo agli ignari cittadini che avevano la colpa di fidarsi degli impiegati di banca. Adesso che sono state presentate molte denunce, c’è, finalmente, l’intervento della magistratura. Il centro delle indagini è naturalmente Arezzo. Ebbene il Procuratore della Repubblica della cittadina toscana è Roberto Rossi, da qualche anno consulente giuridico di palazzo Chigi, dove, come tutti sanno, c’è, come ministro alle Riforme, Maria Elena Boschi, il cui padre, Pier Luigi è stato vicepresidente della Banca dell’Etruria, e dal 2011 amministratore di questa Banca. Il papà del ministro (ovviamente insieme con gli altri amministratori) ha commesso dei reati? Non si sa, spetta a Rossi accertarlo, ma si trova in macroscopico conflitto d’interessi. Anche perché la storia non è di ieri. Già nel 2013 il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, spedisce al presidente di Banca Etruria, Giuseppe Fornasari una lettera “riservatissima”, rivelata da il Fatto Quotidiano, in cui c’è scritto che l’istituto di credito versa in uno stato di “degrado irreversibile” e lo stesso giorno il capo della vigilanza di Bakitalia, Carmelo Barbagallo, invia proprio al procuratore Rossi, la relazione con i pesanti rilevi, fatti agli amministratori, tra cui c’è appunto, anche il padre della Boschi. E non è successo niente. A questo punto ci sono da fare due riflessioni importanti ed inquietanti nello stesso tempo. Il Procuratore, ovvio, non ci sono dubbi, non ha agito perché non ha ravvisato elementi gravi, penalmente rilevanti nei confronti degli amministratori, ma appare a tutti evidente che ci possa essere stato - certo inconsciamente - un pesante condizionamento. Sdegnato delle tante critiche, il procuratore Rossi si è giustificato dicendo che è tutto regolare perché l’autorizzazione a svolgere la consulenza per il governo, gli è stata data dal Csm. Una giustificazione di questo tenore, ci scuserà il Procuratore, non è da giurista. Certo che la nomina è regolare, ma quando si è costretti a valutare sull’operato del papà del ministro, quando si è consulenti dello stesso Ministro, ne converrà il dottor Rossi, il dubbio che non possa essere del tutto sereno, è più che legittimo. A questo punto le cose solo due: o Rossi lascia l’inchiesta o, cosa più saggia, lascia la Procura di Arezzo. Gigantesco anche il conflitto di interessi per il ministro Boschi ed il governo cui appartiene. Non fosse altro per il fatto che nel decreto governativo è stato inserito una modifica sostanziale alla vecchia legge bancaria e cioè il fatto che d’ora in poi i risparmiatori non potranno chiedere i risarcimenti agli amministratori delle banche portate al fallimento. Sarà certamente un caso, ma un po’ tutti siamo indotti a pensare che la modifica sia stata fatta per salvare gli amministratore della Banca Etruria. E ora, nel tentativo di mettere una pezza al disastro combinato, Renzi ha pensato di stanziare cento milioni di euro (previsto nella legge di stabilità appena approvata) per risarcire parzialmente i risparmiatori danneggiati. Succede così che gli amministratori incapaci, in buona o in male fede, poco importa, non paghino nulla e i risarcimenti vengono pagati da noi cittadini. Ma si può concepire e fare una cosa così illegittima e così aberrante? Sì, si può fare, evidentemente. E’ tutto regolare? Anche per il presidente Sergio Mattarella?
Una considerazione, infine, sul comportamento della Banca d’Italia. Ora il governatore Visco dice che sulla gestione di Banca Etruria ha fatto tutto quello che poteva fare. Anche questa giustificazione è incomprensibile. Come tutto? Per molto meno, anzi come dice una sentenza del Consiglio di Stato senza che ci fossero nemmeno le condizioni per farlo, Visco ha commissariato la Banca Popolare di Spoleto, tanto che ora è iscritto nel registro degli indagati per ipotesi di reato pesantissime, perché non si è comportato nello stesso modo, cosa che si poteva fare già nel 2013, con Banca Etruria? Tanti interrogativi sconcertanti che aspettano, con la dovuta sollecitudine, risposte credibili e concrete, e, possibilmente, con un po’ di rispetto per l’intelligenza dei cittadini.
Fortunato Vinci – Agenzia Stampa Italia
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