(ASI) La grave crisi libica sta infiammando sempre più la politica italiana: dopo le tante polemiche rivolte alle file della maggioranza circa la mancata condanna alla repressione del Colonnello Gheddafi verso la popolazione, il Pdl torna a parlare.
Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, afferma in una nota: "Vediamo che anche nell’occasione di una vicenda cosi’ drammatica quale quella che vede entrare in crisi alcuni dei regimi politici del Medio Oriente ed esplodere con particolare violenza la situazione della Libia - da nessuno (forza politica, governi, servizi segreti, gruppi economici) prevista con qualche anticipo - e’ accompagnata da polemiche caratterizzate da un elevato livello di ipocrisia e di faziosita. Infatti i rapporti dell’Italia con Gheddafi risalgono molto indietro nel tempo, e sono avvenuti certamente ad opera non di un solo schieramento politico: basti pensare al ruolo svolto nel passato da Andreotti, e da Prodi. Allora, mettere in conto solo a Berlusconi come fa adesso Bersani il peso dei rapporti dell’Italia con Gheddafi e’ una esercitazione faziosa e falsa. Piuttosto - ferma la richiesta di bloccare ogni repressione e la condanna di cio’ che e’ avvenuto in questi giorni - adesso il problema di tutti, in primo luogo del Governo, ma anche della maggioranza e dell’opposizione, e’ quello di misurarsi in termini positivi con una situazione che puo’ presentare aspetti esplosivi e che quindi richiede un impegno costruttivo di tutto il nostro Paese".
Anna Maria Bernini, portavoce nazionale vicario del Pdl, considera le polemiche mosse dall'opposizione in questi giorni una grave strumentalizzazione di vicende che hanno causato la morte di tantissime vittime. "Liberta’ e democrazia non sono solo parole, ma processi e percorsi di evoluzione e di crescita. Dannoso e francamente meschino tentare in questa fase di strumentalizzazione le piazze in fiamme ed i sacrifici di vite umane - ha dichiarato la Bernini - Innestare il germe della democrazia in Paesi che non ne conoscono gli assetti istituzionali di base, e’ un progetto di medio-lungo termine da rimappare continuamente. Per evitare involuzioni ed estremismi, violenze e migrazioni, che impediscono la vera autodeterminazione e lo sviluppo di nuovi sistemi-paese. Particolarmente arduo sara’ il ruolo dell’Italia, della Ue e della comunita’ internazionale, che dovranno fare fronte comune per contenere l’emergenza e vigilare sul processo per evitare derive, senza prevaricare il principio di autodeterminazione dei popoli".
Delle stesse opinioni anche Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del PdL al Senato, che in comunicato ha dichiarato: "La cosiddetta ’rivoluzione dei gelsomini’ che dalla Tunisia sta attraversando l’intero nord-Africa e il medio oriente, assume caratteristiche molto diverse di paese in paese. In Tunisia si e’ trattato di un cambio al vertice del regime, in Egitto di un colpo di stato militare sostenuto dalla piazza in rivolta, in Libia la protesta sta prendendo le forme di una guerra civile dagli esiti imprevedibili e sanguinosi. Il presidente Berlusconi ha fatto bene a chiedere che si fermi la violenza sui civili proprio per evitare uno scontro che spacchi il paese in due, in un conflitto interno senza quartiere dove ne’ il regime ne’ il fronte della protesta sembrano intenzionati a retrocedere. Nello scenario libico serve responsabilita’ e non la demagogia della nostra opposizione. Non solo per i giganteschi interessi economici che legano l’Italia e l’Europa alla Libia e che sarebbero messi in crisi da una lunga situazione di caos e di violenza. E neppure soltanto per prevenire un’ondata migratoria senza precedenti di cui l’Italia sarebbe il primo bersaglio. Tutto questo riguarda l’interesse nazionale dell’Italia. Ma c’e’ qualcosa di persino piu’ importante che concerne l’equilibrio internazionale e la salvaguardia di quante piu’ possibili vite umane innocenti. Che il nostro Paese debba essere naturalmente per l’evoluzione in senso democratico e liberale di regimi oppressivi e’ scontato: poco piu’ di un luogo comune. Questo, pero’, non puo’ voler dire tenere un atteggiamento di aperto incoraggiamento verso le proteste se non si vuole correre il rischio di esporre il popolo libico, in caso di tenuta del regime, alla vendetta e a una peggiore repressione. Quello che l’Italia puo’ e deve fare e’ cercare di creare sintonia in Europa nella forte e sonora richiesta al regime libico di sospendere le violenze contro le proteste pacifiche e di dare ascolto alle aspettative di un popolo lungamente oppresso. Allo stesso tempo il governo deve poter compiere ogni iniziativa per tutelare i legittimi interessi italiani in quel paese e in coordinamento con l’Europa predisporre piani di emergenza per gestire i fenomeni migratori che gia’ si annunciano. Infine non deve perdere di vista gli equilibri complessivi dell’area, con il rischio di sacrificare la sicurezza dell’unica democrazia esistente in medio oriente, Israele, in nome di una evoluzione democratica ancora incerta e ambigua nel resto della regione".