(ASI) Fa piacere leggere che quello che dico (e scrivo) da almeno tre anni, sia, finalmente, condiviso da qualificati personaggi come Alberto Alesina e Francesco Giavazzi che sul fondo del Corriere della Sera di domenica indicano come un passaggio obbligato la riduzione delle imposte per allentare una pressione fiscale insopportabile.
Vanno certamente bene le riforme costituzionali, peraltro con le riserve che ho già avuto modo di evidenziare, ma quel che deve arrivare prima possibile è una riforma incisiva sulle imposte. Perché è inutile, ed ingannevole, far credere di poter favorire l’occupazione con il Jobs Act come se fosse una medicina miracolosa. D’altronde a cosa serve la semplificazione e la riduzione dei costi per le aziende che vogliono assumere se non aumenta la domanda? Una qualsiasi impresa, disposta ad assumere, lo può fare non se è agevolata con una semplificazione amministrativa-burocratica, ma solo se la domanda su i suoi prodotti aumenta, altrimenti che senso ha assumere? Per sbloccare il Paese ci vuole “una manovra fiscale choc”, scrive Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del comitato esecutivo della Bce, nel suo ultimo libro “33 false verità sull’Europa”. E’ un ragionamento di una semplicità disarmante, eppure per i politici, (improvvisati o di carriera, poco importa) deve essere cosa molta ostica e complicata, perché sulla questione non ha capito niente Mario Monti (spalleggiato in questo dalla “scintillante” ministro Fornero) e non ha capito niente Enrico Letta. Sembra meglio orientato Matteo Renzi, che almeno si è reso conto che qualcosa, nel ridurre le imposte, deve essere fatto e così ha promesso di dare in busta paga, dal prossimo mese, circa 80 euro in più ai lavoratori con un reddito di 25 mila euro l’anno. E’ un passo, piccolo, ma nella giusta direzione, con un impegno di circa dieci miliardi, ma non basta, non può bastare, non possono bastare 80 euro il mese, peraltro dati solo ad alcuni, perché ci sia un’inversione di tendenza nei consumi. Così non si dà un incentivo all’economia in preoccupante stagnazione. Infatti, i due economisti propongono un investimento non di 7,7 miliardi, ma di almeno 50 miliardi. D’altronde non ci sono alternative. Va in questa direzione anche Mario Draghi, governatore della Bce, che è pronto a mettere mille miliardi di euro per investire, in una politica monetaria incisiva che è poi quello che negli Stati Uniti ha già fatto la Federal Riserve e in Giappone la banca centrale. Insomma, semplificare per agevolare le assunzioni ha un senso e può essere efficace se, contemporaneamente, si riducono le imposte così che s’incoraggiano e si sostengono i consumi: è questo un passaggio decisivo verso un tentativo di far crescere il Pil e aumentare l’occupazione.
Fortunato Vinci – Agenzia Stampa Italia