Il 10 Febbraio si avvicina e, come ogni anno, reca con sé polemiche e dibattiti su un tema ancora sconosciuto ai più, quelle delle persecuzioni titine in Istria, Dalmazia e Trieste tra il 1943 e il 1945. Violenze che, per dirla come il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, "assunsero i contorni di una sinistra pulizia etnica"
Decenni di silenzio avvolsero i crimini commessi dai comunisti jugoslavi finché, a metà degli anni Duemila, una legge della Repubblica italiana ha riconosciuto il dramma di migliaia di italiani spodestati e uccisi sul confine orientale.
Ma perché è occorso oltre mezzo secolo affinché la verità venisse a galla? Lo abbiamo domandato a Gianni Oliva, storico e saggista piemontese che, a esodo giuliano dalmata, guerra civile e RSI ha dedicato diversi studi, tra gli ultimi Esuli. Dalle foibe ai campi profughi: la tragedia degli italiani di Istria, Fiume, Dalmazia (Mondadori, 2011).
Ecco cosa ci ha risposto.
Foibe ed esodo, temi spinosi e poco noti. Perché ha voluto occuparsene?
"Perché la storia del confine nord orientale è un pezzo della storia italiana, un pezzo rimosso, dunque un pezzo da riscoprire. Le Foibe sono il disegno di eliminazione di coloro che possono difendere l'italianità di Trieste, dell'Istria, della Dalmazia. E' un disegno di pulizia etnico-politica, elaborato e perseguito dall'esercito di liberazione jugoslavo di Tito”.
Nella sua ultima opera L'Italia del silenzio fa cenno alle persecuzioni "dimenticate" dalla memoria nazionale. Perché l'Italia non ha più memoria?
“L'Italia ha dimenticato per fare transitare la classe dirigente da "prima" a "dopo" senza nessuna autocritica su ciò che era stato.
Mussolini, da "massimo" responsabile del Ventennio, è diventato "unico" responsabile, permettendo a tutti gli altri di auto assolversi e di inventarsi una verginità. Il fascismo e' stato totalitarismo, come tale si e' avvalso della complicità di una classe dirigente intellettuale, giudiziaria, militare, economico-finanziaria”.
Achille Occhetto, in seguito ad una rappresentazione di Magazzino 18, ha ammesso di aver "scoperto" le foibe dopo la Bolognina. Davvero nel PCI le persecuzioni titine erano cosa sconosciuta?
“Il Pci aveva interesse a tacere sulle Foibe, sia perché il movimento di liberazione titino era un mito per i militanti di base, sia perché c'erano complicità da tacere, sia perché il tema del nordest metteva in evidenza le contraddizioni di Togliatti, "italiano" in politica interna e "internazionalista" in politica estera. Per la stessa ragione c'é stato silenzio anche dopo la rottura tra Tito e Stalin”.
Il 10 febbraio si ricorderanno persecuzioni ed esodo; il 7 febbraio la strage di Porzus. Esiste un nesso tra l'eliminazione delle Osoppo e la pulizia etnica di Tito?
“Un processo ha stabilito che l'ordine della strage venne dalla federazione comunista di Udine; un altro che partì dal comando del IX Corpus sloveno; un altro ancora che fu iniziativa individuale di Giacca e dei suoi. Difficile stabilire ora la verità: certo è che l'eccidio si inserisce nel clima esasperato del nordest a fine guerra, quando qualcuno volle cacciare i tedeschi e qualcun altro aprire le porte ai comunisti jugoslavi”.
Marco Petrelli - Agenzoa Stampa Italia